di Giustino Catalano
Ritorna la mitica pizza otto gusti all’Antica Pizzeria Ciro dal 1923 di Gaeta e Formia. Il simbolo degli anni Ottanta.
Che il Trianon a Napoli sia un’istituzione è certezza assoluta.
Quando ancora oggi nomini la pizza a Napoli con persone che vivono fuori dell’ambito cittadino è automatico che accanto a Michele compaia in posizione paritaria il Trianon. E non è un automatismo dettato dalla grande vicinanza delle due pizzerie ma dalla storia quasi centenaria che le accompagna.
Michele è di poco antecedente al Trianon che nacque nel 1923 ad opera di Ciro Leone, fornaio e pasticciere di una piccola bottega che corrisponde all’odierno spazio dove è ubicato il forno.
Personalmente non ho memoria storica di quegli anni relativi alla nascita della pizzeria ma attraverso i racconti di Giorgio Moffa, nipote di Ciro Leone e Giorgina della quale porta il nome declinato al maschile, che sto raccogliendo arricchendomi non poco, sto percorrendo la storia della pizza dell’ultimo secolo a Napoli.
Una parte di quella storia mi è nota per averla vissuta consapevolmente da ragazzo, quando il mito di Michele non era così lucente come quello del Trianon che rappresentava il luogo dove si andava per la varietà dell’offerta.
Loro dagli inizi degli anni 30 la pizza “a rota e’ carretta”, loro il cornicione più pronunciato (ma non esasperato come oggi), loro la mozzatura dell’impasto in luogo della sua “stracciatura” e tanto altro.
Quando ho iniziato a frequentare il Trianon avevo poco più di 17 anni e Giorgio Moffa era un ragazzino bruno dagli occhi azzurri, giovane promessa del calcio partenopeo, che aiutava in pizzeria la famiglia.
Era il principio degli anni ottanta e la pizza napoletana era tutt’altro che famosa e di moda come oggi.
Il pizzaiolo non aveva la giacca da chef ma una bella camicia bianca con un cappellino a bustina da fornaio e un fazzoletto annodato al collo, la pizza non finiva in scatole di cartone ma piegata in due e sovrapposta con le altre per poi essere chiusa in un cartoccio che essendo fortemente cocente era difficile da portare a casa, non erano ancora arrivati quegli osceni contenitori di plastica rigida rotondi sovrapponibili che sarebbero comparsi un decennio più tardi, la pizza nei quartieri popolari si vendeva ancora a quarti o a metà ed era da poco comparsa nel panorama napoletano la pizza alla pescatora con i frutti di mare sopra, simbolo di chi poteva permettersi di spendere qualcosa in più, le comande al pizzaiolo erano date a voce rapidamente e con tanto di modifiche alle pizze. Nessuno annotava nulla e nessuna pizza veniva sbagliata. Ad ammaccare le pizze del Trianon c’era il papà di Vincenzo Esposito (oggi Pizzeria Carmnella).
La Napoli degli anni ottanta, per chi se l’ha persa era una città con grandi problematiche. Imperversava la guerra dei clan e i quartieri popolari erano poco frequentati nelle ore serali tanto che spesso alcune pizzerie durante la settimana chiudevano anche alle 22.00.
La pizza aveva poco valore e costava tra le 1.800 e le 2.000 lire mentre quella per far colazione piegata a portafoglio, più piccola e in stile marinara non superava le 500 lire. I Ristoranti pizzeria ricavando ben poco dalla vendita delle pizze spesso nel tentativo di vendere la cucina e le sue proposte trovavano scuse che andavano dal semplice “l’impasto è finito” sino all’inverosimile “il pizzaiolo è già andato via!”.
A quell’epoca il Trianon oltre ad offrire la mitica “Rota e’ carretta” (alla lettera Ruota di carretto) aveva nel suo ampio menu una sintesi geniale delle pizze più gettonate dai clienti. La mitica otto gusti!
Una pizza di dimensioni ordinarie, o su richiesta proponibile anche a “rota e’ carretta”, sulla quale con grande pazienza il pizzaiolo componeva, separando in maniera ordinatissima ogni spazio con un filo di impasto, una pizza che era composta da 8 diversi spicchi aventi ciascuno i seguenti gusti: margherita, con funghi, con peperoni, con melanzane a funghetto, con salame napoletano, con prosciutto, con olive e acciughe e, a seconda della stagionalità, con carciofini o zucchine.
Un viaggio nel Trianon, un percorso degustativo delle varie pizze intelligente e fatto ad arte.
Poi la storia ha fatto si che questo lampo di genio tutto partenopeo scomparisse e cadesse nel dimenticatoio fino a che poco più di un mese fa ho rincontrato Giorgio Moffa.
Giorgio Moffa dopo aver creato negli anni 90 il primo servizio di consegna a domicilio delle pizze su motorino (Pizzazza – oggi della sorella) ed aver aperto il primo locale che fosse antesignano dei Rosso Pomodoro o F.lli La Bufala che recava il nome di Antica Pizzeria Ciro dal 1923, 10 anni orsono si trasferì a Formia dove ben presto aprì molte altre pizzerie (Gaeta, Terracina, Aversa, ecc) tutte con lo stesso nome.
Oggi gestisce direttamente quelle di Formia e Gaeta, entrambe ubicate in due posti spettacolari antistanti il mare del bellissimo Golfo di Gaeta sulla meravigliosa “Riviera di Ulisse”. Un po’ ovunque nel locale le vestigia e le immagini del Trianon negli anni che furono e dei nonni Ciro e Giorgina.
Qui accanto ad una cucina tutta partenopea basata sul fresco portato dai pescatori del Golfo che si spingono sino a Ponza e Ventotene, in locali con capienza fino a trecento posti che spesso nei fine settimana richiedono anche 20-25 minuti di attesa, propone tutta la tradizione di famiglia.
Così, un giorno a pranzo, dopo aver rivisto passare dinanzi a me dopo 30 lunghissimi anni la mitica “rota e’ carretta” in tanto di piatto di ferro (della quale racconterò un’altra volta), il buon Giorgio mi ha servito la 8 gusti.
Una grande emozione che mi ha stupito anche per l’impasto che oggi giudico con la maturità e la sapienza di chi ha mangiato Tir di pizze.
Soffice e con alta idratazione (60%), fatto con “o’ sciore e farina” (una farina 00 – Rossa del Molino Caputo) e lievitata oltre 15 ore e non per vezzo o ricerca ma per tradizione familiare.
Come da mia abitudine ho viaggiato negli anni ottanta della pizza partendo dalla margherita per finire alle zucchine (in periodo di carciofini sarebbe stato l’ultimo gusto essendo un po’ acetoso) passando attraverso le olive e acciughe, le melanzane a funghetto, i peperoni, i funghi, il prosciutto cotto, il salame. Un viaggio secondo un mio ordine che pensavo di aver smarrito ma in automatico ho ritrovato.
E scoperta delle scoperte ho appreso che qui queste pizze, assieme alla pescatora e molte altre nate nell’ultimo decennio, è ancora regolarmente in carta e viene servita nonostante la grande mole di lavoro e la pazienza che richiede nel suo assemblaggio.
Ci ritornerò a digiuno di una giornata perché devo riaffrontare la pizza “a rota e’ carretta” e ormai sono fuori allenamento.
Antica Pizzeria Ciro dal 1923
Ristorante e Pizzeria
Lungomare Caboto – Molo S. Antonio
Gaeta (LT)
Tel. 0771 465058
o
Via Unità d’Italia n.9
Formia (LT)
Tel. 0771 770915
Aperto a pranzo e cena. Nessun giorno di chiusura
Foto di Luciano Furia
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