Ecco quello che ho scritto per presentare l’inserto speciale sulla pizza napoletana pubblicato oggi sul Mattino. L’occasione per fare il punto della situazione.
Pizza superstar su Facebook: fotografata, analizzata, regina dei «mi piace» come poche altre cose. Davvero curioso come il cibo più antico e tradizionale sia stato rilanciato grazie ai social network e ai blog specializzati.
Già, perché quando la gastronomia, anzi, la gastromania, aveva solo il cartaceo come strumento, la pizza era un argomento che faceva capolino di tanto in tanto. Una curiosità o poco più.
Adesso, complice la crisi economica e il ritorno ai gusti condivisi da tutti, il cibo più amato dai napoletani domina incontrastato, e i giovani pizzaioli hanno colto al volo l’opportunità trasformandosi in personaggi pubblici.
È l’ennesimo cambio di passo della storia plurisecolare della pizza, non solo mediatico. Già, perché questa nuova generazione di pizzaioli è orgogliosa del proprio lavoro, gira l’Italia proprio come fanno gli chef più rinomati, partecipa a congressi gastronomici e trasmissioni, riuscendo ad aggiornarsi e a dare voce alla pizza che in questi due secoli ha parlato attraverso poeti, viaggiatori, musicisti, scrittori, critici, mai però con la bocca di chi usa le mani per farla.
Questa è la piccola rivoluzione silenziosa, meglio, strillata, in corso: c’è una gara a capire e a studiare cosa si deve mettere sopra l’impasto, dall’olio d’oliva al pomodoro di qualità, dal conciato romano alla mozzarella dop.
Un corsa affascinante che crea nuove combinazioni e sposa gusti moderni.
L’augurio è che, oltre al lievito e agli ingredienti, si approfondisca anche il discorso della farina, proprio come si fa per la pasta: tracciabilità e salubrità, oltre al gusto, sono infatti le vere carte da giocare per difendere il carattere di un prodotto nato a Napoli e che si pronuncia allo stesso modo in tutto il resto del mondo.
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