La pizza napoletana patrimonio immateriale dell’umanità dell’Unesco. L’arte dei pizzaioli napoletani è l’unica candidata italiana in corsa e la petizione per la sua incoronazione, lanciata dall’ex ministro Alfonso Pecoraro con la fondazione Univerde e dall’Apn-Associazione piazziuoli napoletani, sfiora i 700 mila sottoscrittori. L’obiettivo è raggiungere entro marzo un milione di firme così, a dare manforte al più amato dei piatti italiani, arriva la carica degli artigiani. Lunedì 22 pomeriggio la Cna-Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa presenterà a Napoli la sua adesione alla campagna, che già vede l’appoggio di associazioni come la Coldiretti e la Confesercenti, di celebrità, politici, chef e vanta persino la benedizione papale.
I maestri pizzaioli sfornano ogni giorno 8 milioni di pezzi, vale a dire quasi 192 milioni di pizze al mese e 2,3 miliardi di pizze l’anno per un giro d’affari di 12 miliardi di euro (dati Cna). Per quattro consumatori su dieci è l’abilità delle loro mani a fare la differenza, a partire da ingredienti poveri come l’acqua e la farina. Il segreto sta nella cura con cui viene lavorato l’impasto, un’arte tramandata di generazione in generazione nei forni (dove bastano un paio di euro per assaporare una fetta doc) così come nelle pizzerie al taglio (qui il prezzo sale a cinque euro) e nei ristoranti (dove si possono superare anche 10-12 euro per una margherita).
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