Mi piace tanto andare da Teresa Iorio dietro piazza Bovio. Un riferimento assoluto del quartiere, Le Figlie di Iorio. Teresa è la numero 19 del re della pusteggia.
In questo locale di due stanzette si respira l’aria migliore di Napoli, quella popolare sempre e allegra nella sua inconsapevolezza, abituata al sorriso e alla battuta, quella che distingue al primo sguardo il bene dal male senza giudicarlo, quella che ti sembra di conoscere da sempre anche se ci parli da cinque minuti: è il teatro della vita, cinico come quello parigino di Balzac ma anche tanto allegro, sarà la luminosità del cielo azzurro del Sud o il mare, o la magnificenza dei palazzi, chissà.
Per conoscere l’anima della pizza bisogna partire da questi locali, non da quelli più rinomati: trattorie in cui convivono cucinato e pizza, come Al 22 di Giovanni Improta, o da Carmnella di Vincenzo Esposito e come in tanti altri posti.
Un giorno la pizza, un altro un primo: pasta e fagioli, con le lenticchie, le patate, i pennoni al pomodoro, pasta mischiata con ceci, friarielli, polpette, ragù. Un Pantheon goloso meraviglioso, una antologia da cui è impossibile staccarsi. Piatti familiari ben eseguiti.
Alla fine lei conosce tutto dei suoi clienti, i difetti a tavola, si crea un rapporto unico.
Fuori la vetrinetta per l’asporto: palle di riso, frittatine, parigine e crocchè. E poi le monumentali frittate che sono la mia grande passione: con la pasta grossa o con i bucatini. Strepitose, ripassate al forno a legna sempre acceso.
Da questo benessere psicologico nasce quella che Goethe definisce l’ossessione napoletana per il cibo, una ossessione quasi di tipo sessuale.
E poi il nostro siparietto: Teresa dammi la frittata!
“Guarda Lucià che accà se fanno pure ‘e pizze”
“‘A pizza nun è cosa toja, vogli’a frittata”
“Me fai mori pa ‘a raggia, te acciro”.
E niente, quasi uno stile formulare di tipo Omerico che ci ripetiamo in continuazione da anni. Napoli è un grande teatro e ognuno conosce il tempo del suo spartito. Le sue pizze sono buonissime ma io non glielo dirò mai :-)
E così oggi: ‘a vuò pruvà ‘a cosacca? E’ a preferita e Franco Manna”.
Arriva così la migliore cosacca della storia. Dovete sapere che si parla di una pizza con pomodoro, cacio (in genere pecorino), e olio. Una pizza semplice, che sicuramente ha preceduto la margherita perchè a Napoli non si producevano i latticini. Pare si chiami così perchè fatta in onore dello zar in visita a Napoli, come tutto, è solo una leggenda senza riscontri. Come quella della margherita.
La cosacca. Devo dire che l’ho provata in tante versioni, tutte edulcorate, ma la capacità di riprodurre un gusto semplice, immediato, efficace, buono, l’ho trovato solo qui, in una pizza fatta all’antica con impasto diretto e scioglievole,una grattata di pecorino romano e di parmigiano reggiano (a Napoli presente da almeno due secoli in cucina) e pomodoro San Marzano. Una fusione perfetta, straordinaria. La migliore di tutte
“T’è piaciuta?”
“Bah, Tere’ porta ‘a frittata che è meglio”
“Mo o vero t’acciro!”
Dalle Figlie di Iorio Trattoria Pizzeria
Via Conte Olivares 73
Tel. 081.5520490
Aperto sempre
Pizze da 5 a 10 euro
Dai un'occhiata anche a:
- Vincenzo Abbate Pizzeria Contemporanea: un nuovo indirizzo per la pizza ad Aversa
- Napoli. Castellano le Pizze di Luca: dalla ruota di carro al padellino
- Pizzeria Guakamaya nel centro storico di Isernia, da un’idea di Carlo Tamburro
- Pizzeria “I Sapori di Rachelina” a Benevento
- Da Zerottantuno Bella Napoli a Caserta, si insegna l’arte di fare la pizza ai turisti
- MO De Movimiento a Madrid, ristorante e pizzeria all’italiana ma ecologica
- La Pizza di Bas & Co a Pesche, Molise
- Palapizza a Frattamaggiore, la forza della tradizione di Enrico Di Pietro