di Ugo Marchionne
Premessa
Quali sono i punti di forza della cucina tradizionale campana che conquista il mondo con piglio spedito? La degustazione fatta al Pinturicchio 40 a Roma me lo ha fatto finalmente comprendere. La cucina di Eduardo Estatico così ben interpretata dal giovane Salvatore Izzo pone luce su un interessante fenomeno di riscoperta non nostalgica di una cucina mai datata.
Una linea progettuale coraggiosa. Una proprietà campana che ha deciso di investire nella tradizione. Una carta pensata, coordinata e supervisionata dal bravissimo Eduardo Estatico, Executive Chef dell’Hotel J.K. Palace a Capri. Una squadra di ragazzi con tanta voglia di stupire. Queste poche battute dovrebbero rendere la summa di ciò che il Pinturicchio 40 rappresenta. Un ristorante unico nel suo genere, in cui la cucina tradizionale Napoletana si fonde alle influenze gourmet e all’immediatezza della cucina di Eduardo Estatico. Un progetto che ha visto convergere tante eccellenze campane di sala, cucina e prodotti. A due passi da Ponte Milvio questo ristorante è il nuovo che avanza. Sala curatissima in ogni minimo dettaglio. Decoro di pregio e finiture che colpiscono. La Cucina è guidata da Salvatore Izzo, giovanissimo ragazzo napoletano da anni nelle gerarchie di Eduardo Estatico. La carta dei vini è impressionante per completezza e varietà. In pectore davvero poco da migliorare, molto invece va consolidato in quanto a crescita e fiducia, ma queste non sono manchevolezze, bensì tasselli che solo col tempo vanno a loro posto.
Si parte. Eclair Di Gamberi Rossi, Pasta Choux cotta a bassa temperatura, Guacamole & Zabaione Affumicato. Un dolce che diventa salato. Pasta cotta ottimamente. Croccante e scioglievole al contempo. Bello il saliscendi di sapidità tra zabaione & guacamole. Piatto dalle ottime spaziature di sapore.
Il Saltimbocca Alla Romana pensato da Eduardo Estatico ricorda una Rossini. Tournedot di Vitello cotto al burro, schiacciata di patata al Tartufo Nero & Disco di Gambuccio Croccante. Godibile e D’Antan. Un Piatto immediato che però cela uno sforzo culturale ed evocativo non da poco.
Meno piacioni i Ravioli di Pesce Spada. Due dischi di Mare raccolgono una panure aromatica. Piatto estetico e centrato con la salsa di fave a farla da padrone. Meno piacevole la Chips al nero di seppia. Troppo sapida. Nota laterale non necessaria in un piatto di cui si apprezza sopratutto la mano del bravo Salvatore Izzo a gestirne le cotture e dosarne le componenti. Un Raviolo di Pesce così sottile è difficilissimo da cuocere così bene scottandolo.
Evocativo il Crocché di Genovese. Non servono spiegazioni. Basta chiudere gli occhi.
Imperdibili i primi. Dallo Scammaro alla Devozione. Passando per una ben più complessa e consistente Fettuccia acqua e farina allo Zafferano, Frutti Di Mare e Fiori di Zucca. Notevole il Mischiato. Pensato da Salvatore in tutto e per tutto. Corpo centrale di Pastificio dei Campi e Fusillo di Pasta Gentile. Penso sia la prima volta che assaggio una pasta mista teorizzata nelle cotture e nelle componenti da uno chef. La quintessenza dell’artigianalità. Piatto notevolissimo nella cremosità e nell’avvolgenza pronunciata. Il quarto di secolo non è un limite d’età per Salvatore è uno sprone a crescere e maturarsi, ma la mano è già di stile. Il recupero dello Scammaro poi, in un ristorante orgogliosamente raffinato, tale da conquistare un conclamato gastrofighetto, non ha prezzo.
Complemento della cena un notevolissimo e sempre più evoluto Dom Perignon Vintage 2009. Aspettando il 2008, questo Champagne conferma come Richard Geoffroy abbia trovato un equilibrio notevole fra fresheur e maturità. Per me non è un “mostro” sarò sincero, ma complementare, mineralità, tostature e freschezza di frutta matura non è cosa da poco. Fresco come il 2004? Forse no. Solare come il 2006? Lontanamente. Questo Champagne è sintetico…sintetico dei due predecessori che al contrario del 2005, il figlio difficile di Richard, hanno visto una carriera longeva e ricca di successi.
Tanta ironia sul dolce. Il Cucciolone di Pastiera. Indovinatissimo.
In chiusura il Pinturicchio 40 mi ha stupito per leggerezza della cifra gastronomica e bontà dei piatti. Riscoprire il patrimonio culinario campano rivisitato con dovizia di dettagli in chiave gourmet è rassicurante sul futuro della cucina. Il locale è davvero molto bello e merita la popolarità del momento. Il servizio guidato da Emanuele D’Urso è professionale, cortese e solare. Il Pinturicchio 40 è un ristorante transgenerazionale e non per forza legato alla middle-high class di Roma. La degustazione a prezzo P.O.P. offre le giuste attrattive per affrontare una sequela di piatti, tutti convincenti. I margini di crescita sono evidentemente volti a rafforzare la posizione del locale nelle classifiche e nella popolarità cittadina. La linea di Eduardo Estatico offre ad ogni modo spunti confortanti. Una cucina tradizionale che sia contemporanea e replicabile è un orizzonte possibile. Che può e deve essere perseguito.
Consigliatissimo.
Pinturicchio 40
Viale Pinturicchio 40
00196 Roma
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