Per gentile concessione dell’autore, rilanciamo la nuova tappa gastronomico del viaggio di Camillo Langone sul Giornale
di Camillo Langone
Chi si fa duecento chilometri al solo scopo di assaggiare un solo piatto non dev’essere del tutto normale, pensa l’Incontentabile riflettendo su sé stesso: è proprio lui che, nonostante la pigrizia, si è fatto un bel tratto di autostrada del Sole fino a Milano, poi la tangenziale ovest, poi l’autostrada dei Laghi dov’è riuscito a sbagliare strada andando dritto verso Varese invece di piegare verso il Verbano, poi, dopo aver ritrovato la rotta, la diramazione Gallarate-Gattico che scavalca il Ticino e porta in Piemonte, infine un pezzetto di A26 ovvero autostrada dei Trafori, tutto ciò al solo scopo di assaggiare uno stufato d’asino.
Nessuno faccia dell’ironia giocando col nome dell’animale: non è un somaro chi si ciba di asino specie se lo fa a Borgomanero, probabilmente l’unica località italiana fondata su una ricetta. Napoli è famosa per la pizza ma esisteva molti secoli prima che la pizza venisse inventata, così come Milano, Cremona, Verona sono legate al panettone, al torrone, al pandoro, ma non fondate sul panettone, sul torrone, sul pandoro. Invece Borgomanero senza tapulone, che è il nome del suo particolare stracotto, non sarebbe nemmeno nata.
C’erano una volta, nel Medio Evo, tredici pellegrini che tornando da un santuario furono colti dai morsi della fame e non avendo nulla da mangiare si mangiarono l’asina che fungeva da portabagagli, sminuzzandola bene (“tapulare” in dialetto significa all’incirca tagliuzzare) e cuocendola a lungo vista la durezza delle carni. Dopo il lauto pasto si ritrovarono senza mezzi di trasporto e decisero di fermarsi sul posto, fondando il primo nucleo della futura cittadina. E’ una leggenda, d’accordo, ma le leggende hanno sempre un principio di verità e un esito poetico. Quindi non si discutono: si ammirano, si rispettano, e magari, come in questo caso, si mangiano. Tempio del tapulone e quindi scrigno della borgomaneresità è il ristorante della famiglia Bertinotti (nessuna parentela con l’antico comunista chic, che pure ha origini novaresi).
L’indirizzo del Pinocchio è il primo e più grave difetto rilevato dall’Incontentabile: Borgomanero non è certo patrimonio dell’Unesco ma il centro storico ha una sua gradevolezza, parola che proprio non si può spendere per via Matteotti, stradone anonimo di estrema periferia, più adatto a piazzarci una concessionaria o un autovelox che un ristorante raffinato. E’ probabile che nel 1962, anno d’inaugurazione, qui fosse, se non tutta campagna, qualcosa che ci andava vicino, oggi invece meglio entrare in fretta e rifugiarsi nella sala dal lusso fine Novecento e perciò rassicurante, il fascino discreto dei ristoranti della borghesia di una volta. Dai tavoli ben distanziati si gode anche la vista sul giardino, col gazebo dove si mangia d’estate. Bertinotti padre, il cuoco, dev’essere uomo schivo: non si vede in televisione, non se ne ricordano interviste, e non appare in sala nemmeno a fine servizio. Chi vuol fargli i complimenti deve passare attraverso la figlia, che alla sala sovrintende, oppure scrivere un articolo.
Ovviamente non si comincia col tapulone, tutto meno che un antipasto, ma con crema di lattuga, strani e squisiti grissini cavi, salmone affumicato in casa, gnocco fritto abbinato a un prosciutto vigezzino favoloso e sconosciuto, almeno all’Incontentabile che con rimpianto decide di rinunciare alla bagna caoda, al luccioperca, all’oca. Ma non agli agnolotti ai tre arrosti né alla panissa alla novarese. I primi hanno una sfoglia che più sottile non si è mai vista, quasi trasparente: qualcuno potrebbe criticarne la mancanza di equilibrio (più ripieno che pasta), bisogna invece ammirare il virtuosismo del confezionamento, e poi con gli amidi meglio deficere che abbondare.
La paniscia è un riso con fagioli e salsiccia (o salamino), qui vestito in rosso ossia con pomodoro, piatto rustico di grande soddisfazione. A questo punto le donne possono dedicarsi all’uovo in piedi, prodezza antigravitazionale da alta cucina, mentre gli uomini hanno agio di dimostrare la loro virilità affrontando il tapulone famoso, qui presentato in due forme, nudo (sulla destra del piatto) e vestito di patate schiacciate (sulla sinistra).
E’ abbastanza chiaro quale sia la versione preferita dall’Incontentabile, amante dei sapori originari e dell’autore biblico noto come Ecclesiaste: “La mente del sapiente si dirige a destra e quella dello stolto a sinistra”. Non è piatto per astemi: si assaggiano in sequenza tre Vespoline, le due preferite sono quelle di Barbaglia (Cavallirio) e di Boniperti (Barengo, proprio il paese del Giampiero caro ai vecchi juventini). Per finire va onorato il notevolissimo carrello dei formaggi dove spiccano il gorgonzola piccante di Paltrinieri e un blu del Moncenisio estremo per altitudine e bizzarria, il cui interno sembra formato da palline di caviale blu. Peccato che il coltello, senza filo e senza seghetto, vada bene per gli erborinati ma costringa a sforzi fantozziani quando si è alle prese coi formaggi più stagionati. Solo un dettaglio per un ristorante che pur chiamandosi Pinocchio fa cucina vera.
Pinocchio
www.ristorantepinocchio.it
Via Matteotti 147, Borgomanero (Novara)
Orari e contatti
Chiuso mercoledì
Telefono 0322.82273
Piatti perfetti
– Agnolotti ai tre arrosti
– Paniscia alla novarese
– Tapulone
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