di Santa Di Salvo
Con la panna o senza? E’ uno dei tormentoni dell’estate, dopo la polemica social che da Roma in giù vota per la panna gratis sul gelato perché “non stamo a Milano”. In realtà, non tutti al Sud sono d’accordo. Neanche Pina Molitierno, gelataia di eccellenza a Caserta, dove da pochissimo ha riaperto il suo punto vendita “La Fenice” nel centralissimo corso Trieste. “Uno sbuffetto di panna sì, ma se più consistente io la faccio pagare perché è di prima qualità e i costi non perdonano”.
Tra Cerbero, Caronte e Nerone il caldo africano si combatte con il gelato, alimento estivo che piace a tutti. Ma davvero le gelaterie “artigianali” sono solo quelle che lavorano in proprio le materie prime e non una rivendita di semilavorati prodotti altrove?
Purtroppo le maglie larghe della legge regalano a troppi una definizione inesatta e fuorviante per il consumatore.
“Inutile demonizzare in assoluto i semilavorati – dice Molitierno – Neanche io ho un’attività agricola dove produco latte, e compro anch’io la pasta di pistacchi di Bronte. Se però faccio il gelato al cioccolato con le buste liofilizzate fornite dalle grandi aziende, se mi limito a versare nella macchina un mix di preparati già calibrati all’origine, che artigianato è? Fanno male alla salute? No. La legge lo consente? Sì. Purtroppo il comparto è tutelato molto male”. Materie prime selezionate maniacalmente, produzione a basso impatto ambientale grazie alla scelta di macchinari di ultima generazione che consentono un risparmio idrico ed energetico del 40%, zucchero ridotto tenendo meno bassa la temperatura della vetrina, Molitierno è un esempio virtuoso, premiato dalle classifiche nazionali ma non seguito da tutti.
Se dunque dobbiamo fidarci ma non troppo, cerchiamo di controllare gli ingredienti che ci sono nel cono. Non è un caso che le gelaterie al top delle classifiche nazionali siano quasi tutte in piccoli comuni, quasi nessuna nelle metropoli. In Campania le “stelle” del gelato, oltre che a Caserta, si annidano a Vico Equense, nella storica Cremeria Gabriele, oggi gestita dai figli del fondatore Raffaele e Liberato Cuomo, dal lontano ’68 faro dell’arte gelatiera. E nel paesino cilentano di Torchiara, da “Di Matteo”, dove Raffaele Del Verme gestisce l’attività avviata dal nonno Raffaele negli anni Trenta. I puristi del gelato possono attraversare l’intera regione per gustare un cono d’autore, da Amalfi (Pansa) a Baronissi (Angelo Napoli), da Avellino (GeloSia) a Benevento (C’era una volta), da Sapri (Crivella) a Pagani (Don Prisco), da Grumo Nevano (Landolfo) a Sarno (Gelizioso). Napoli si segnala solo per Gay Odin, Mennella e Scimmia Factory.
Fuori da ogni polemica, visto che le classifiche sono sempre discutibili, certo la provincia ha mano più libera nella ricercaartigianale, mentre la grande città serve grandi numeri e quindi spinge sulla produzione. Conviene dunque limitarsi a qualche consiglio utile che Pina Molitierno, tra una granita di mandorle e un gelato “gastronomico” alla mozzarella, ci fornisce per riconoscere il vero e il falso del gelato cosiddetto artigianale.
Prima regola il colore, che non può essere dissimile dal gusto dichiarato. Vedi il verde improbabile di certo pistacchio o le sfumature psichedeliche del tutto inventate.
Due, evitate i banconi a cento gusti diversi. Neanche esistono in natura.
Tre, diffidate delle vaschette di gelati a montagna.
La linea del freddo non ha conservanti, se il gelato cresce tanto ha un eccesso di stabilizzanti, quindi si gonfia per effetto della chimica,
non del freddo.
Quattro, la frutta deve essere di stagione. E deve avere il colore naturale. Attenti alle nocciole troppo marroni, hanno subito varie tostature e diventano aspre come chicchi di caffè.
Cinque, lo zucchero non deve essere eccessivo, la consistenza del gelato deve essere cremosa e rilasciare freschezza al palato.
Sei, il gelato artigianale vero non ha lunga persistenza al palato. Diversamente, sono stati utilizzati ingredienti chimici.
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