MAFFINI
Uva: fiano
Fascia di prezzo: da 10 a 15 euro
Fermentazione e maturazione: legno
Grande e interessante verticale, la prima nella storia per un vino bianco cilentano che notoriamente finiscono da un anno all’altro in un mercato vorace e cannibale come gran parte di quelli campani, della selezione di Fiano di Gigi Maffini, condotta da Ernesto Gentili e Manuela Piancastelli nell’ambito del Salotto del Vino organizzato a Terravecchia. Il Pietraincatenata si è confermato grande, capace di conquistare gli appassionati, con degli spunti assolutamente interessanti, soprattutto perchè parliamo di tre annate molto difficili e complesse, la cui interpretazione in cantina ha richiesto continue attenzioni e decisioni rapide per far fronte a continue emergenze. Maffini si è confermato un viticoltore di carattere, molto determinato nelle scelte, impegnato in un un lavoro di lunga portata soprattutto in vista della completa riorganizzazione aziendale che lo porterà a trasferirsi da Castellabate a Giungano, un comune vicino Paestum dove ha comprato nuovi terreni e da dove proviene la principale partita del Pietraincatenata a cui regala il nome.
2004
Un’annata ancora in evoluzione, la più interessante al naso. Sentori di frutta bianca matura, leggere note speziate, ma soprattutto interessanti richiami alla macchia mediterranea tra cui si riconosce nettamente il finocchietto selvatico. In bocca l’ingresso è abbastanza morbido, la freschezza sostiene la beva ma la struttura non è imponente come lascerebbe supporre l’olfatto. Il vino segue comunque un percorso compiuto, conferma una forte personalità, vanta una grande pulizia e nettezza in ogni passaggio, dall’ingresso alle sensazioni retronasali con una chiusura molto pulita, profonda, di assoluto valore. L’annata abbastanza piovosa si riconosce soprattutto nella struttura non eccessiva mentre l’uso del legno appare abbastanza ben dosato: ritengo che con l’evolversi del tempo il 2004 migliorerà ulteriormente marcando maggiormente la mineralità e la sapidità affermando un frutto più asciutto. Buona eleganza complessiva, adatto davvero a tutti gli abbinamenti possibili e immaginabili senza il pomodoro.
2003
Ha notato Ernesto Gentili che spesso il vino che piace al produttore non è quello che raccoglie maggiori consensi di critica. E’ stato il caso del 2003 che Luigi ha spinto molto nella degustazione ma che invece è quello dei tre che ha convinto di meno: il motivo è da ricercare assolutamente nelle caratteristiche di una annata tropicale nella quale l’ultima pioggia cilentana è stata a gennaio. Difficile dunque conservare freschezza, soprattutto nella lavorazione in legno. In tal modo, rispetto alla precedente, i termini sono opposti fra loro, conm una struttura e una frutta addirittura esuberanti al naso e in bocca, ma con una freschezza dopo dopo un primo impatto convinto e deciso perde improvvisamente la spinta con un pallone che non rimbalza sulla sabbia. Sul piano tecnico diremmo che è un vino più morbido e pronto, sappiamo invece che questa condizione non gli consentirà di vivere molto a lungo e soprattutto di evolvere in maniera più interessante di quanto sia in questo momento. In ogni caso, rapportato alle centinaia di bianchi campani del 2003, sicuramente è in pole position con pochi altri.
2002
Quello che è piaciuto di più alla sala. Anche in questo caso la difficoltà dell’annata è evidente a causa di piogge continue che hanno impedito all’uva di fare il proprio corso tranquillamente, ma il tempo passato in bottiglia ha equilibrato il vino in maniera perfetta, il rapporto tra legno e frutta è assolutamente perfetto. Non ha una struttura eccessiva, ma mineralità e freschezza da vendere, in questo caso, per usare la metafora precedente, il pallone rimbalza fino alla fine, dall’ingresso che fa salivare ai lati della lingua sino in gola terminando in maniera netta e molto precisa.
Concludendo: davvero il Pietraincatenta è un grande vino italiano. Bisognerà ancora fare i conti con la 2005 molto difficile, ma questa vendemmia 2006 promette scintille e la cominceremo a godere di questi tempi perché questo Fiano entra in commercio più o meno dopo un anno dalla raccolta delle uve. Le prime tre annate sono, ciascuna per un motivo diverso dall’altra, dei piccoli gioielli nel corso delle quali l’esperienza consente di lavorare sempre meglio le diverse partite. Una conferma delle grandi potenzialità di questa uva a bacca bianca in un territorio diverso dala culla irpina ma non per questo meno interessante e ricco di spunti. Per questo lo consiglio a tutti i miei amici del Vulture dove ha già dato magnifica prova.
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