Piedirosso 2013 Campi Flegrei doc Contrada Salandra, come rappresentare la Campania da bere al più famoso produttore di vino italiano nel mondo

Piedirosso 2013 Contrada Salandra

Che si regala a un miliardario? Che si fa bere ad Angelo Gaja se ti porge la carta dei vini dicendo fai tu, voglio bere campano? Ecco in questo, come in tanti altri casi della vita, bisogna smarcarsi evitando di stupire ma proponendo qualcosa di vero certi che non l’abbia mai provato. Cosa allora? Ma un Piedirosso! Precisamente il Piedirosso 2013 di Contrada Salandra che spulcio nella bellissima carta di Palazzo Petrucci, ormai una realtà monumentale nel panorama non solo napoletano ma campano e centro meridionale. Si arriva bene accolti, si fa aperitivo in una lounge, si ordina e si aspetta di essere chiamati in riva al mare. L’effetto è assicurato. Il personale di sala motivato, Napoli giace sdraiata davanti a voi e, per una volta almeno, ti sembra tua sin dentro l’anima.

Scegliendo quel Piedirosso, che come potete vedere nella scheda precedente era già nelle mie corde, sapevo di fare un piacere ad una persona del livello di Angelo Gaja. Ossia non un vino che potesse competere con i suoi piemontesi, ma qualcosa che lo potesse interessare perché diverso, appunto. E soprattutto più fresco, più easy. Piediorsso che lui, sentiti i tannini, ha voluto bere alla temperatura di un bianco godendone sulla cucina di Lino Scarallo, in grandissimo spolvero tra dentice e insalata di limone al mondiale linguine con essenza di lenticchie e triglie. Ecco si, se devo scegliere un bianco  per rappresentare la Campania le opzioni sono tante, ma se devo rappresentarla con un rosso non ho alcun dubbio ormai se devo andare oltre i soliti noti: Piedirosso!
Il vino del passato che ci proietta al futuro: poco alcolico, adatto alle alte temperature, fresco, sapido, gastronomico. Siatene orgogliosi, perché nessun’altra regione ha il Piedirosso: sparagnate e cumparite.

Scheda del 18 luglio 2017. Piedirosso Contrada Salandra Si dice che per piacere i vini devono piacere le persone che li fanno. Certo, ma anche per apprezzare le persone è necessario prima provare i loro vini. In questo caso, benché uomo mite e tranquillo, schivo da ogni recita e protagonismo, assorbito dalla famiglia e dal lavoro in campagna, ossia un prototipo opposto a quello che il mio lavoro mi fa continuamente incontrare alcune decine di volte al giorno, in questo caso devo dire che è proprio il vino a piacermi tanto.
Mi sono chiesto il motivo di questa sensazione, perché in fondo il Piedirosso di Giuseppe Fortunato non è un vino complesso e poliedrico come tanti rossi che beviamo in giro. Ha però una eleganza, una finezza che da sole bastano a farlo apprezzare, come un ballerino di danza classica.
Dei vecchi Piedirosso ha l’essere beverino, ossia quella motivazione che ti spinge a prendere una bottiglia che sia condivisa da tutti, anche da chi non è appassionato. Ha poi il pregio di essere abbinabile al cibo perché sempre fresco e amaro, in effetti mai ne ho bevuto uno dolce in vita mia. Magri e polverosi, verdi e acidi oltremisura tanti, però dolci mai.
Superato questo primo impulso viene il secondo, ossia il rapporto che ciascuno di noi ha con il bicchiere a prescindere dagli altri. Ed è allora che è bello berlo perché ha pulizia olfattiva, scivola bene al palato e si mantiene su quei toni amari e salati a me davvero molto cari fin da adolescente. In effetti il Piedirosso di Giuseppe può essere sia bevuto dopo qualche bianco, ma anche dopo un rossostrutturato come defaticamento del palato.
La 2013 è sicuramente molto riuscita. Lo abbiamo pizzicato qua e là ma adesso lo fotografiamo dopo averlo provato sulle pizze di Antonio Troncone da Fresco Caracciolo perchè a ben pensarci sono due modernità che non si staccano dalla tradizione passato ma la migliorano. La pizza di Antonio è classica, cioè quella che ha rotto con il passato, la notte in cui tutte le vacche erano nere, senza l’erezione giovanile dei cornicioni a canotto, ben lievitata e ben cotta con buoni ingredienti sopra. Il suo pregio è non strillare, la cultura dell’equilibro che sempre ci deve stare nelle cose e nelle persone. Proprio come il Piedirosso di Giuseppe: è vino antico di Napoli, ma moderno per la sua pulizia olfattiva e il suo essere sottile, non fragile. Anzi, il sorso resta a lungo nel palato, la mente immagina il sole che picchia sulla sabbia vulcanica, sul tufo frullato dei Campi Flegrei battuti dal maestrale.
Davvero non riesco a capire come mi possano piacere al tempo stesso l’Es di Gianfranco Fino, il Taurasi di Perillo, il Nanni Copé o questo Piedirosso perchè non hanno nulla in comune. Poi ci penso e vedo che in fondo sono i punti di un quadrilatero entro il quale ci sono tutti i vini, chi di qua, chi di là. Arrivare a cercare questi estremi significa aver percorso un sentiero sempre più complicato al termine del quale scegli solo ciò che davvero ti piace. Proprio come le persone: se prima abbozzavo, adesso semplicemente evito di sedermi con persone brutte che mi annoiano, cerco la verità, o quella che io credo sia tale, nel bicchiere e nella compagnia.
E’ bello poter tirare le somme di qualcosa, significa che il fisico è stato capace di accompagnarti nella tua evoluzione mentale. E’ questione di fortuna, non di capacità.
Ma dopo uno Champagne, tra un selfie e una scazzottata su Facebook mentre fuori sfilano quelli che vogliono mitragliare gli immigranti e quelli che stanno per bruciare la biblioteca di Alessandria io dico: fermi tutti, devo bere ancora un sorso di Piedirosso.
Poi vengo a farvi un mazzo tanto.

Sede a Pozzuoli. Via Tre Piccioni, 40 – Tel. 081.8541651 e 081.5265259 (anche fax) www.dolciqualita.com, Enologo: Antonio Pesce. Bottiglie prodotte: 15.000 Ettari: 2,5 di proprietà e 2 in conduzione. Vitigni: falanghina e piedirosso.

Piedirosso Contrada Salandra


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