Piazzetta Milù a Castellammare di Stabia e la cucina di Maicol Izzo
Corso Alcide De Gasperi 23
Tel. 081/8715779
www.piazzettamilu.it
Aperto la sera, domenica a pranzo
Chiuso martedi e mercoledì
Il salto di qualità, sancito dalla seconda stella della Michelin, è compiuto ormai. Piazzetta Milu è diventato un laboratorio gastronomico contemporaneo unico in Campania con un asso nella manica (ancora) tipicamente italiano: la famiglia. L’unica risposta possibile alle difficoltà del moloch burocratico esattoriale cresciuto grazie all’arretramento della Politica con la P maiuscola, alla mediocrità dell’interdire e del non fare, ai problemi di personale, ai millemila dibattiti sui menu degustazione e sugli orari da chiusura. Già, perchè tre fratelli uniti e compatti come gli Orazi e due genitori di esperienza non fanno cinque, ma la somma è dieci, quindici, venti. Fate voi. Ai problemi strutturali del nostro Paese, purtroppo o per fortuna, non c’è altra risposta possibile che la famiglia per fare ristorazione.
Sembrerà poco gastronomica e poco figa come osservazione, ma è la prima cosa che si percepisce in questa esperienza (finalmente posso usare questo termine in modo convinto e appropriato), da mamma Lucia che ti offre la kombucha calda (la scelta della temperatura è voluta) appena entri nel locale a Maicol che ti insegue per strada dopo che hai pagato con il boccone di brioche fritta di stile spagnolo nel coppetiello napoletano.
Una famiglia, si, ma una famiglia contemporanea.
Contemporaneo. Preferiamo di gran lunga questo termine a quello, molto inflazionato e usato a sproposito in Italia, di avanguardia. Avanguardia è ciò che vedi per la prima volta al mondo, qualcosa di pensato e realizzato che ha radici comuni e che poi è destinato a diventare a sua volta un classico. Contemporaneo è quello che, pur avendo radici territoriali locali, riesce ad essere leggibile anche da chi non conosce queste radici o ci si approccia per la prima volta, magari da paesi lontani.
Ma prima di entrare nel dettaglio, vogliamo un attimo tornare sul concetto di famiglia: abbiamo sempre seguito con simpatia e amore incondizionato questo locale che nasce come braceria creata dai genitori di Emanuele, Valerio e Maicol. La grande intelligenza di Michele e Lucia (a proposito, Piazzetta Milù è l’acronimo dei loro nomi) è stata quella di credere nei figli, rischiare del proprio rischiando in proprio e senza lesinare. Investire soldi e tranquillità facendo fronte agli imprevisti, dal cuochetto che fugge ammaliato da Sirene che si sono rivelate Stregoni, al Covid, o anche alla guerra che l’Europa ha dichiarato a Mosca per conto terzi che ha spazzato via il turismo russo dall’Italia.
Investire senza adagiarsi, questo il secondo punto, ma alzando di continuo l’asticella accendendo i fari sulla realtà stabiese, l’epicentro geografico della Campania, la porta della Costiera, che gli appassionati volentieri saltavano per correre a Vico Equense e a Massa Lubrense appena dieci anni fa. Oggi i risultati vengono da un progetto, da una visione coerente, portato avanti con determinazione giorno dopo giorno, a cominciare dalla formazione di Maicol maturato soprattutto a Barcellona da Tickets dove lo beccammo la prima volta nel febbraio 2018 nella fantasmagorica stanza dei dolci pensata da Albert Adrià.
Sotto troverete tutte le recensioni che questo disgraziato sito ha pubblicato a partire dall’ingresso di Maicol in cucina nel 2020 in cui potrete leggere le nostre previsioni che si sono avverate regolarmente. Non perché siamo bravi o espertoni, ma semplicemente perchè abbiamo l’esperienza necessaria per capire quando un palazzo si regge su fondamenta solide. Maicol, rientrato da Barcellona, iniziò nel locale di famiglia introducendo una cucina di forte ispirazione spagnola partendo da quello che aveva imparato e assorbito nei suoi anni all’estero, ma l’esperienza che abbiamo fatto l’altra sera con Roberto Di Meo è stato un netto salto in avanti. Per entrare nella contemporaneità è necessario tagliare i cordoni ombelicali con il passato, non si può infatti piacere a tutti, ma a quelli giusti. Come ha dimostrato il mondo del vino, il mercato si deve creare e lo si può fare se sia ha un progetto chiaro.
Il progetto chiaro dei tre fratelli è arrivare alla terza stella, non si sono accontentati della prima per fare un po’ di cassa come tanti imprenditori, non si acconteranno della seconda: la sala ha subito un forte dimagrimento, siamo a sedici-dociotto posti e la cena ha ben sei tappe di spostamento in altrettanti momenti: il benvenuto all’ingresso, lo snack iniziale in cucina, l’aperitivo in cantina che vanta 5mila bottiglie, di nuovo in cucina per intingere il pane nel ragù che pippea (senza avere tua madre che ti strilla in testa), in sala per le portate principali, infine all’uscita dopo il conto, per strada. Sono tre ore circa in cui non ti scende la uallera ma ti diverti tantissimo grazie al ritmo, all’accompagnamento di Emanuele e Valerio con vini, cocktail, vermuth e altre diavolerie ravanate in giro per il mondo e comunque di un personale formato e motivato.
Ma sapete la cosa veramente bella che fa la differenza?
SEI SEGUITO NEI DETTAGLI, MA NON OPPRESSO DA ASETTICHE ILLUSTRAZIONI SOMIGLIANTI A PERIODI CROCIANI CHE INTERROMPONO LA CONVERSAZIONE PERCHE’ AL CENTRO DELLA SERATA NON C’E’ L’EGO DELLO CHEF MA IL TUO BENESSERE, IL TUO DIVERTIMENTO.
A tavola come a Teatro, per citare l’ultimo libro dell’ex direttore della Michelin Fausto Arrighi.
Il salto di qualità è proprio questo, la declinazione all’italiana dello stare in un ristorante atipico nel piatto per gli italiani che però si ritrovano nella cornice: non c’è orario di inizio e neanche di chiusura proprio come piace a questo sciagurato popolo di anarcoidi individualisti. Il centro è il cliente. Punto. Non c’è nulla di punitivo, non dovete fare esercizi spirituali per entrare, non siete intimiditi da nulla, non ci sono sommelier con il manico di scopa dietro la schiena sotto la giacca, e in cucina non sono volti anonimi perchè i ragazzi vengono presentati uno ad uno. Sei a carico della famiglia e della squadra dal momento in cui entri fino a quando esci, e vale per tutti i clienti, nessuno escluso.
Un progetto contemporaneo, appunto, che non dimentica il fatto che al ristorante si va per stare bene e soprattutto a proprio agio, anche quando sei di fronte ad una cucina che impone le scelte, cambiandole però almeno quattro volte l’anno.
Allo modica cifra di 180 euro, niente per un bistellato se vi fate un giro da Roma a Milano, da Parigi a Barcellona.
Per raggiungere la ducassiana perfezione bisogna ancora lavorare, creare piatti icona che al momento mancano nel passaparola, aggiornare la sala che chiaramente non è più all’altezza della cucina perchè la riduzione dei tavoli l’ha resa un po’ spoglia: Emanuele ci ha confermato questa sensazione, hanno in progetto di creare uno spazio ad hoc per il dolce e rivedere un po’ il tutto.
Ma adesso entriamo nel piatto di questo ambiente di energia pura che ha bruciato le navi per non tornare in Grecia e conquistare Troia.
Qui troverete tutte le tecniche moderne di gestione della materia, ciascuna ben dosata sull’oggetto del piatto, ossia sul prodotto e il progetto di ricetta. A volte il cibo sembra qualcosa di diverso, altre volte è quello che si vede ma destrutturato e ricostruito. Si incrociano cineserie e nulla viene lasciato al caso, tutto curato nei dettagli, dalla polvere di aceto che simula la neve, allo spicchio d’arancio ricostruito. Non siamo in presenza di virtuosismi fine a se stessi ma a tecniche di estrazione del sapore che migliorano la tradizione che fa continuamente capolino nei piatti in modo contemporaneo: la papaccella ad esempio è un concentrato pazzesco di sapore che in genere nelle ricette tradizionali è risolto con il bruciacchiato, oppure con l’eccesso di olio e di grassi. Ne danno una ma ne avrei mangiate dieci. Ho avuto la fortuna di mangiarne due perchè a Roberto Di Meo, avviso ai naviganti, non piacciono i peperoni.
Il colpo di genio c’è e lo ritroviamo nella brioche perchè nello stesso piatto, servito e ultimato in sala con una citazione della cucina flambé tanto in voga negli anni ’70, si mangiano tre piatti! Si tratta del babà, in una diversa visione: di forma, di lievitazione e di cottura. Viene servito rovente, dal forno. E servito con un gelato alla vaniglia bourbon per creare sempre l’effetto caldo/freddo. A metà dell’assaggio viene aggiunta una sorta di zuppa inglese affumicata alla brace e poi, per l’ultimo morso, un piccolo taglio di un’aringa affumicata. È una scelta, ognuno ha la possibilità di decidere se terminare l’assaggio nel mondo dolce o nel mondo salato. Trasformando quel dessert da dolce/goloso a goloso/affumicato a affumicato/salato. Insomma, un po’ come si fa con il panettone grigliato a cui vengono aggiunti burro e alici.
Standing ovation per l’uso della pasta secca, pensato alla napoletana, due piatti della tradizione casalinga completamente rivisti in cui ciascuno si riconosce: la pasta e fagioli e la pasta e cavolfiori.
La prima è realizzata nell’emulsione dei tubetti con pasta fermentata di fagioli, fondo di fagioli, ancora i legumi interi marinati, cous cous di pomodoro, coriandolo, olio di foglie di alloro e rosmarino. L’intensità del sapore, che nella ricetta tradizionale è affidata all’elemento animale (pancetta o cotica) oltre che al sale, è incredibile. L’uso del tubetti una citazione della tradizione assoluta.
Diverso discorso per la pasta e cavolfiori che ha suggestioni francesi nel risultato finale con tecniche moderne e il tocco napoletano con l’uso del mischiato potente del Pastificio dei Campi, cotto in una soluzione liquida di lievito madre, latticello e cavolfiore fermentato, servita con una foglia di cavolfiore alla brace e una foglia marinata. Infine cavolfiore fermentato grattugiato come un formaggio. In questo caso più che realizzare l’atmosfera del piatto come nel primo caso, si punta alla estrazione della materia prima vegetale e la pasta ha soprattutto la funzione di dare consistenza al tutto. Un goccetto di aceto evita l’eccesso di papposità.
Non ci soffermiamo oltre perchè parliamo di proposte che difficilmente ritroverete, a meno che in un futuro prossimo Maicol non crei una degustazione di classici che fa sempre bene. Notiamo solo ancora con piacere la gerarchia rovesciata fra vegetale e carne nello spiedino alla brace, altro elemento di contemporaneità e di ascolto alle tendenze in atto.
CONCLUSIONE
Non si può prescindere in Italia dal visitare questo locale per entrare della gerarchia valoriale della nuova generazione di cuochi italiani. Ma anche se non siete appassionati, l’esperienza va vissuta perchè nessuno resterà deluso, la ecumenicità di questa impostazione è che non è pensata per gastrofighetti, ma per realizzare una proposta pop, accessibile a tutti sia economicamente che culturalmente.
L’insegnamento che se ne può trarre è il perfetto equilibrio fra tecniche e nuovi modi di vivere il ristorante, incrociato con una tradizione che non è solo citata, ma utilizzata come una miniera di idee, sapori e profumi. Contemporanei.
Scheda del 27 dicembre 2023
di Adele Elisabetta Granieri
Si respira un’energia incredibile nell’aria di Piazzetta Milù. Il novello bistellato di Castellammare di Stabia, la cui storia inizia da una braceria che, con un percorso lento ma costante nel tempo, portato avanti con determinazione, si è trasformata in ristorante d’avanguardia. Varcando la soglia del portoncino di Corso Alcide De Gasperi 23, si inizia un viaggio volto all’appagamento dei sensi, in un locale felice, incredibilmente pop, dove sentirsi a proprio agio anche se si indossano jeans e sneakers.
Si è accolti dalla bella cucina a vista dove è all’opera Maicol Izzo, affiancato da una giovanissima brigata. In sala il servizio è dinamico, coinvolgente, preciso ma informale, capitanato da Emanuele Izzo, affiancato da mamma Lucia.
L’idea di cucina punta all’intrattenimento del cliente, strizzando l’occhio alla Spagna nella tecnica e nelle presentazioni, bagaglio dei quattro anni trascorsi da Maicol da Tickets a Barcellona. Il ristorante diventa uno spazio in continuo movimento, un luogo divertente e animato: tutto è un gioco, per una cucina che deve essere prima di tutto esperienza. Non c’è menu, ma solo un percorso di degustazione alla cieca (si segnalano al momento della prenotazione intolleranze o allergie alimentari e alimenti non graditi), continuamente rinnovato. La carta vini stupisce per ricerca e profondità, anche se affidarsi alla competenza di Emanuele per valorizzare al meglio i piatti è la scelta migliore.
In questi giorni è di scena il menu “Special Edition Natale 2023”, completamente inedito, un percorso di degustazione, che omaggia le festività elaborando i profumi e i sapori della tradizione natalizia campana secondo lo stile di Piazzetta Milú.
L’effetto sorpresa fa parte del gioco, quindi darò solo qualche input, senza spoilerare tutti i piatti.
Si è accolti all’ingresso co un Dry Mandarini, profumatissimo cocktail realizzato con l’agrume simbolo del Natale napoletano, per poi invadere la cucina per gustare il golosissimo “Panettoast”, farcito con un burro aromatizzato che è un concentrato incredibile di sapori, un contrasto tra dolce, salato, amaro e piccante.
Ci si sposta in cantina, dove viene servita una sequenza di tapas divertenti, creative e di grande tecnica, dove non tutto è ciò che sembra, tra cui: Ventresca, grasso di Patanegra e peperone, in cui la ventresca di tonno si confonde con il prosciutto iberico; la Papacella, che omaggia nella presentazione l’oliva sferica di Adrià; il Rinforzo Croccante, che stravolge le consistenze dell’insalata di rinforzo; il Dashi di vongole, in cui il brodo giapponese è realizzato con i frutti di mare del natale.
La seconda incursione in cucina è per il ragù napoletano, da gustare con un approccio decisamente familiare, con il pane, direttamente dal pentolone.
Ci si sposta in sala, dove, immancabile c’è la pasta: Spaghetti aglio olio, completati da una nduja di gamberi, da stemperare nel piatto. Decisamente ironica l’insalata russa con i ricci di mare, che nella presentazione ricorda un crème caramel. Omaggia il tradizionale capitone della vigilia, l’Anguilla con Wagyu e salsa Saké.
Tra i dolci, il “Panettone con-gelato” celebra il lievitato natalizio rivisitandolo in una consistenza libidinosa.
Tanti altri divertissements coinvolgono e deliziano i commensali, con contrasti inaspettati di sapori, temperature e consistenze frutto di tecnica, ricerca e grande ironia.
Corso Alcide De Gasperi 23,
Tel. 081/8715779
www.piazzettamilu.it
Scheda del 31 agosto 2021
Piazzetta Milù con Maicol Izzo a Castellammare di Stabia
Corso Alcide De Gasperi 23,
Tel. 081/8715779
www.piazzettamilu.it
Sempre aperto, domenica solo a pranzo
Chiuso mercoledì
Piazzetta Milù non è certo stata favorita dalla contingenza: spazio solo all’interno con tavoli ben distanziati. Alla fine non più di trenta coperti a sera. Eppure i fratelli Izzo non hanno accettato mezze misure, non hanno fatto asporto e hanno deciso di aprire con calma solo quando la situazione si è un po’ chiarita.
Seguiamo da sempre l’investimento che questa famiglia ha fatto nel corso degli anni e la tenacia con cui ha perseguito l’obiettivo di dare a Castellammare un grande ristorante fine dining, obiettivo andato avanti quando il primo chef li ha abbandonati ma alla fine, come si dice a Napoli, entra storta ed esce dritta. Un asso come Luigi Salomone ha conquistato la stella, Maicol Izzo, il più giovane dei tre, è tornato dopo quattro anni trascorsi in Spagna (tra cui Ticket di Adrià) e l’ha confermata in surplasse.
Le nostre prime due visite ci sono piaciute, ma ci avevano lasciato anche un po’ di perplessità, relative ad una riproposizione tal quale della esperienza spagnola.
Già nella seconda questo trend, assolutamente normale, si era aggiustato visibilmente ma dopo l’esperienza di ieri siamo usciti pienamente convinti di trovarci di fronte ad un top player del Centro Sud a cui a prima stella va sicuramente stretta, non fosse altro per la magnifica cantina su cui, caso raro, si è investito tantissimo in questi due anni e che vede il fratello Emanuele totalmente travolto dalla passione del vino, materia che ormai padroneggia con assoluta competenza, addirittura più in Francia della stessa Campania:-)
Il servizio in sala è gestito dal terzo fratello, Valerio, uno che mantiene un profilo basso, quasi appartato, ma assolutamente padrone della sala in ogni dettaglio.
Ci si muove, un po’ come da Tickets, parola d’ordine non finire il cliente con una lunga sequenza di piatti. Ecco allora il benvenuto in cucina, e gli aperitivi in cantina per poi accomodarsi quando si parte.
Gli aperitivi di Piazzetta Milù
Una batteria di giochi collaudati e di grande tecnica , come la papaccella ricostruita che esplode in bocca il suo tonno, certamente migliorativo di ogni tradizionale conserva dove la buccia è sempre un po’ invasiva. Spettacolare la tisana di acqua di pomodoro servita fresca, quasi fredda, con una galletta di Castellammare che riporta alle usanze dei marinai di un tempo.
Il tema del pomodoro lo ritroviamo ben esplicitato a cominciare dalla insalata classica, una caprese in cui il sapore dell’ortaggio è amplificato dalla gelatina e dalla salsa ottenuta dalla buccia.
Immancabile poi la scarpetta con il ragù tradizionale napoletano che consente di rimanere sul tema.
Cosa si mangia a Piazzetta Milu
Inizia poi una batteria di assaggi davvero pazzeschi in cui dobbiamo estrapolare quattro elementi che secondo noi costituiscono un passo in avanti fatto da questo ragazzo.
Primo: il totale alleggerimento di salse e grassi. Il risotto con le zucchine, per esempio, è mantecato colo con l’amido e il gusto vegetale ne esce esaltato.
Secondo: resta la successione di bocconi, ma viene reintrodotta la gerarchia italiana dello zenith del primo piatto, cosa che distingue la nostra cucina da tutte le altre del mondo.
Terzo: a questo proposito la pasta è tornata ad essere quel che deve essere: il calcio di rigore a porta vuota di ogni ristorante italiano, un momento di gioia, di sorriso, di compiacimento, propedeutica all’appagamento. Lo spaghetto Di Martino alla ‘nduja di gambero è una delle paste più buone che abbiamo mangiato nell’ultimomese insieme allo spaghetto di cozze marinate de La Torre e allo spaghetto alla Nerano con le cozze di Luigi Iapigio di Pescheria.
Quarto: salta la gerarchia francese classica delle materie prime, l’elemento vegetae, a tratti vegano, ha pari dignità dei prodotti di mare e della carne. Alla fine si ha la sensazione di aver mangiato la piramide classica della Dieta Mediterranea.
Uno spaghetto pazzesco!
CONCLUSIONI
L’esperienza a Piazzetta Milù è appagante e completa. Un vero fine dining dove la differenza viene fatta dalla competenza dei tre fratelli che hanno raggiunto un equilibrio perfetto e che li rende imbattibili e dalla cucina dotata di tecnica aggioranta e assoluta ben mediata con le materie prime del territorio ricercate con una pignoleria pazzesca. Ad esempio la foglia di insalata del tacos deve essere raccolta in giornata, non prima.
Il menu degustazione che abbiamo fatto di 22 portate ci è costato 130 euro, na è un percorso indicativo che ciascuno si può disegnare come vuole seguendo i consigli in sala di Valerio ed Emanuele.
Una vlta tanto mi affiderei ad Emanuele anche per il vino, qui trovate chicche frutto di viaggi e conoscenza profonda. L’abbinamento è perfetto.
Oggi Maicol Izzo è uno di quei cuochi di nuova generazione che stanno delineando una nuova cucina mediterranea. Imperdibile|
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Report del 20 giugno 2020
E’ ormai passato un anno da quando Maicol Izzo ha preso le redini in mano del ristorante di famiglia dopo lunghe esperienze nelle cucine di Gennaro Esposito da dove è partito per approdare a Ducasse, Mirazur e per lungo tempo a Tickets di Adrià. Esperienze precedute dal diploma all’Istituto Alberghiero.
Ed è proprio l’impronta spagnola quella che ha rivoluzionato il bellissimo ristorante stellato di Castellammare fino in fondo con scelte radicali e coraggiose che segnano anche il cambio generazionale: abolizione del menu alla carta, due proposte di percorso, Milu (110 euro) ed Evoluzione (130). Anche la carne alla brace che era stata mantenuta nel 2019, dopo la riapertura è stata tolta. La brigata di sei persone, uno per ogni partita, lavora sul bancone comune alla preparazione del menu del giorno.
Dunque diventa una vera e propria esperienza gastronomica dopo il ritmo è cadenzato da continue portate che rimandano in parte allo stile tipico spagnolo (il tonno nel grasso di prosciutto, la citazione di Adrià del 2010 di fragole e Campari per citare quelle dichiaratmente evidenti), in parte allo stile di servizio giapponese che la cucina nordica ha fatto proprio con piatti che si succedono dividendosi fra terra, mare, dolce e salato. Anche la pasta, presente, è una delle portate ma non il momento clou del pasto. L’unica e ultima traccia del passato di Piazzetta Milù il fantastico pane intinto nel ragù napoletano fatto a mestiere.
Il risultato è una esperienza abbastanza rara nel Centro Sud, Maicol è assolutamente padrone della tecnica che ha maturato e che ha metabolizzato alla perfezione.
Il valore aggiunto è dato dall’elemento vegetale che viene coltivato in proprio e che da queste parti concimate dal Vesuvio per millenni ha uno scatto netto e preciso. Via Schito 42, il piatto che più lo rappresenta, è davvero notevole per i giochi di consistenze, sapore deciso e variegato.
Altro elemento distintivo, sempre per quanto riguarda i prodotti, è il pesce. Insomma la spesa c’è e fa la differenza nella proposta complessiva.
Rispetto allo scorso anno abbiamo notato un maggiore coinvolgimento con la tradizione gastronomica partenopea. Il mezzo pacchero alla marinara ha una sapore intenso e straordinario ed è immediatamente riconoscibile. Anche il gioco di zucchine, una cineseria vera e propria rimanda alle zucchine di Adrià. Ma sotto il tappeto dell’ortaggio tagliato in modo sottile e crudo c’è un perfetto risotto con zucchine alla scapece che prende un sapore diverso a seconda della direzione che con il cucchiaio al centro del piatto decidete di prendere verso l’esterno.
Decisa e pura la interpretazione del mare, a parte la ventresca nel grasso di prosciutto, la spigola al limone è da manuale.
Siamo convinti che questa esperienza, ricca di citazioni colpe alle esperienze fatte sul campo, è solo all’inizio e tanto più diventerà simbolica quanto più nel corso del tempo emergerà il carattere e l’idea di Maicol, ancora giovanissimo (26 anni!). Chiaro che all’inizio si propone sempre ciò che si è imparato, è sempre stato così. Poi però è necessario lo scatto, la visione e il progetto di una interpretazione originale del territorio. E i segnali in questa direzione ci sono e, a nostro giudizio, sono più che convincenti.
Quando al resto, la sala con Emanuele ai vini (carta monumentale, tra le migliori del Centro Sud)) e Valerio alla gestione è semplicemente perfetta come sempre. Lo sforzo di creare qualcosa di assolutamente di livello è visibile proprio nella ricerca di una strada originale nel panorama campano e, più in generale, centro-meridionale.
La qualità eccelsa della materia prima, la passione e l’energia giovanile dei tre fratelli che non se la tirano, ti fanno subito sentire a casa.
Un progetto coraggioso e determinato, che fa di questo locale uno dei punti di riferimento dai quali ormai non si può più prescindere da Roma in giù.
Piazzetta Milù a Castellammare
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