FEUDI DI SAN GREGORIO
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: fuori commercio
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
Allora, una verifica della capacità di invecchiare dell’Aglianico concepito in barrique secondo lo stile bordolese mi viene proprio da uno dei top della feudi di San Gregorio, inspiegabilmente abbandonato per qualche tempo e adesso per fortuna ripreso. in un varticale eravamo scesi sino al 1997, adesso scaliamo un altro anno, il vino viene presentato come riserva e non come cru, certo l’annata non è di quelle che passano alla storia, però alla fine è riuscita a regalare anche emozioni soddisfacenti. Diciamo subito che la bottiglia si è presentata pimpante all’appuntamento, parlo di un vino conservato in una cantina privata e non aziendale, per quasi dieci anni: il colore è un rosso granato molto vivo, cupo secondo la moda degli anni, per nulla incline ad unghiate scolorite, il naso ha una voracità insospettabile, dopo alcuni minuti in cui il vino è costretto a riprendersi stordito da una fine forse inaspettata, riprende l’effluvio di note balsamiche, liquirizia, cacao, ancora frutta rossa però in conserva e non viva, al palato la beva procede sincera, direi che mantiene la caratteristica tipica dell’Aglianico in base alla quale in bocca è sempre un po’ sopra le righe rispetto alle promesse del naso. Oggi ci siamo sostanzialmente abituati a questi vini ma all’epoca fec ero davvero rumore perché mai l’Aglianico era stato passato in barrique, la mano dell’enologo, in questo caso, è la stessa di Caggiano perché la vendemmia 2006 dei Feudi è stata ancora curata da Luigi Moio e da Mario Ercolino, tornato proprio quest’anno in azienda. C’è dunque un progetto di vino, per usare un termine caro a Luigi, e si vede: sicuramente il Piano di Montevergine è uno di quei vini meglio riusciti della Feudi, poi inopinatamente trascurato per le distrazioni di nome Serpico, opinabile, e soprattutto Patrimo la cui funzione è stata devastante in quel periodo perché dimostrava che l’azienda impegnata nell’autoctono si impegnava in un banale merlot come sua rappresentanza massima. Un errore, questo, di cui non sono mai risciuto a comprendere il motivo, probabilmente da addebitare alla mia ignoranza sulle dinamiche dei mercati internazionali. Un errore purtroppo replicato da altri. Con il senno di poi, però, non è difficile capire che è stato uno sbaglio: si fosse puntato esclusivamente sul Taurasi come top nei rossi, sicuramente oggi la Feudi avrebbe un vantaggio di immagine in più. Ad ogni buon conto, quel che importa è la volontà di Marco Gallone di tornare su questa linea e in questi casi la volontà è un elemento assolutamente importante, direi decisivo, per il successo. Il Piano 1996 conferma quello che sappiamo già e di cui abbiamo molto scritto in questi giorni, tradizionale in legno grande o in barrique, le possibilità dell’Aglianico di sfidare il tempo sono praticamente infinite. Questo 1996 era in grande spolvero, difficilmente si sarebbe pensato ad un vino con undici anni di vita alle spalle. Quando parlo di archivio da costruire, anche sul piano commerciale, è evidente che proprio ai Feudi è rivolto il mio appello perché qui ci sono le disponibilità tecniche e di management, oltre che le necessarie spalle larghe, per sostenere questi ed altri progetti, come quello di vini bianchi di lunga durata. Speriamo.
Sede a Sorbo Serpico, località Cerza Grossa. Tel. 0825.986266. www.feudi.it Enologo: Riccardo Cotarella. Ettari: 250 di proprietà. Bottiglie prodotte: 2.500.000. Vitigni: aglianico, piedirosso, merlot, fiano, greco, falanghina, coda di volpe.
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