di Marco Galetti
Nonostante il subliminale celato nel riconoscimento dei Tre Bicchieri Gambero Rosso, ho preferito abbinarlo ad un risotto con una seppia in bianco nero.
L’aglio in fase d’avvio è mitigato dai piselli appena colti e piacevolmente, si fa per dire, sgranati che aggiungono al piatto accenni di erbacea freschezza, la stessa che, ton sur ton, arriva al naso dal calice di Fiano che, per gradi, dichiarati tredici, offre note fumé dal cristallo adeguato che si tinge di giallo leggermente scarico.
Dopo un’adeguata ricarica dei calici, il riso, si sa, vuole liquidi in abbondanza sia in cottura che in degustazione, arriva da questo grande Fiano una piacevole sapidità che bilancia il mio riso a basso contenuto di sodio ma non di iodio, la seppia, devo convenire, si è ben comportata.
Un abbinamento quasi perfetto che non mi ha stupito ma, sicuramente, è andato ben oltre le aspettative, affidare ad un cilentano mezzo romano la scelta del risotto da accoppiare al Fiano avrebbe potuto essere un rischio, ma l’uomo di Stella Cilento, che ama le rime baciate, è stato baciato da una stella quando mi ha indicato il percorso del “Sor”riso.
Il riso, un ottimo Carnaroli, coltivato da un’azienda agricola di Gaggiano nel Parco agricolo Sud Milano, è stato cucinato con amore dal sottoscritto, con l’intenzione che non sfigurasse al cospetto del Fiano in purezza prodotto con caparbietà e dedizione (l’uva viene raccolta a mano)nel Parco Nazionale del Cilento, cinquecentocinquanta metri di altitudine, in una zona impervia.
Rinunciare, almeno parzialmente, all’influenza benefica del respiro del mare e scegliere di coltivare a Stio credo sia stata una scelta difficile&inevitabile, coraggiosa, di cuore cilentano, ancestrale, leggasi discendenza inspiegabile.
Scelta vincente dell’uomo che sussurra alle bufale che non ama vincere facile.
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