La città che coniuga note e arte
La divori con gli occhi e la gusti con la bocca, Perugia. La bella città universitaria del cuore verde d’Italia, d’estate è un pullulare di sedie e tavolini all’aperto, gazebo e ombrelloni. Il centro storico, con il monumentale Corso Vannucci sul quale si aprono boutique, librerie, pasticcerie e gelaterie, è una fenditura aperta tra edifici del XIV e XV secolo.
Dalla piazza della Cattedrale con la sua facciata incompleta in marmo bianco e rosa che si affaccia sulla duecentesca Fontana Maggiore, simbolo della città, fino a Piazza Italia con i Giardini Carducci che offrono una vista spettacolare sulla Valle del Tevere e sulla fertile Valle Umbra, è un succedersi di bei palazzi: lo spettacolare Palazzo dei Priori, oggi sede del Comune, che ospitava al piano terra le sedi delle corporazioni della Mercanzia e dei Cambiatori; il Palazzo del Collegio dei Notari e il Palazzo Donini.
La routine della città, che vive da animato e sereno centro universitario, è rotta un paio di volte l’anno da due grandi manifestazioni: Eurochocolate e Umbria Jazz, entrambe per versi diversi espressione di una colossale invenzione di marketing territoriale. Ma se lo scettro di capitale del cioccolato sembra per Perugia tutto sommato immeritato visto che al di fuori della Perugina, oggi gruppo Nestlè, e Vannucci a Piantalla, i laboratori artigianali in città sono praticamente insistenti, Perugia è a buon titolo tra le leader nella musica jazz, realizzando oggi anno un festival che ha la capacità di cambiare il volto della città di trascinarla in un vortice di concerti dal vivo e performance, grazie alla presenza degli insegnanti e dei musicisti della Berklee School, un’autorità mondiale nel campo della formazione musicale con sede a Boston. La crisi economica mostra anche qui i suoi riflessi bizzarri. Mancano 6000 studenti all’appello quest’anno, mi raccontano alcuni perugini, alcuni negozi hanno chiuso e la percezione della situazione è pesante.
Ma quando i palchi della Fontana Maggiore, dei Giardini Carducci e quelli a pagamento dell’Arena Santa Giuliana aprono i battenti, non c’è crisi che tenga: è festa fino a notte inoltrata. La rassegna che andrà avanti fino a domenica prossima ha inaugurato con il baccano festante dei Funk Off : 20 ragazzoni che danzano e suonano fiati e percussioni trascinandosi dietro una calca composta da centinaia di ragazzi e famiglie. Note, bello e buono a Perugia vanno a braccetto qui. Un bel portale, un cortile con i gerani in fiore, lo scorcio di un vicolo e di una delle “scalinatelle” che portano un piano piu’ in giu’ in questa città verticale in cui scale mobili e salite ripide sono la norma, stimolano la salivazione quanto le vetrine dei bar, delle enoteche, delle gastronomie e delle cioccolaterie. Una grande zona a traffico limitato al quale l’accesso è severamente vietato ai non autorizzati, preserva il centro storico dal caos. Tanti i turisti, ancor di piu’ gli studenti, soprattutto stranieri in giro a piedi. Ma sulla folla è calato un silenzio che al Sud chiamiamo “di stampo nordico”, che altro non è che la capacità assolutamente assente da noi di parlare a bassa voce. Di divertirsi senza arrecare fastidio a chi si diverte anche lui. Passeggiando per il centro, ci si aspetta di ritrovasi soli ad ogni angolo e ad ogni angolo invece, si scopre che c’è un negozietto aperto, qualcuno che passeggia, che fa spesa o che scatta fotografie. Lo stress non sembra esser di casa e il silenzio potenzia la voce dei sensi.
Pancia mia fatti capanna. Il mistero del cioccolato
Parte dalla pancia che si fa gran capanna vuota da ricolmare di prelibatezze, l’eco delle suggestioni enogastronomiche della terra di Perugia, dall’olio fruttato e mediamente piccante dop Umbria, ai vini delle Doc Colli Altotiberini, Colli Perugini e Colli del Trasimeno, Assisi che largo ricorso fanno a Trebbiano, Malvasia, Grechetto, Sangiovese e Merlot; i formaggi (pecorino umbro, caciotta vaccina, caciottone, ricotta); i salumi (corallina, mazzafegati, salsicce e capocollo), le carni di qualità (agnello, maiale, Vitellone Bianco dell’Appennino Igp). Senza dimenticare lenticchie, ceci, cicerchie, fagioli, grano del faraone, orzo, farro e cosi’ via.
La presenza del cioccolato coincide con quella dell’antica fabbrica Perugina, nata nel 1907 con il nome di “Perugina cioccolata 8 confetture” per mano di un gruppo di imprenditori, tra i quali Francesco Buitoni, erede di una famiglia di artigiani pastai di Sansepolcro. Nel centro storico, in passato a Via Alessi, Perugina ha oggi un negozio moderno e scintillante al Corso Vannucci. Il cuore dell’azienda batte però a pochi chilometri dal centro, in località San Sisto. Qui sono ubicati lo stabilimento produttivo e il Museo storico del cioccolato creato nel 1997, che fa circa 65000 visite l’anno. In questa struttura, Perugina propone visite guidate allo stabilimento produttivo e numerosi master e corsi per apprendere tutto sul cioccolato dalla materia prima al prodotto finito. Il cioccolato di Perugia è, dunque, Perugina, né la sua presenza sembra aver favorito, come ci si aspetterebbe, la nascita per gemmazione di altre piccole imprese e laboratori. Questo spiega perché Eurochocolate quest’anno mi era sembrata decisamente troppo dominata dai marchi piu’ commerciali, dalle grandi industrie anche internazionali. Con un vago senso di rassegnazione, me ne ero andata in giro con un paio di corna di cartone prestate dalla mucca viola di Milka, come la maggior parte della folla affluita per la kermesse.
Talmone al centro storico (Via Maestà alle Volte, 10) a un passo da Piazza Danti, da 46 anni offre una selezione di leccornie e dolcezze, cioccolatini, tozzetti e frutta secca rivestita sono proposti a peso o confezioni regalo. E’ un negozio storico, ma non dispone di laboratorio.
Chi cerca una dolce produzione originale ha due indirizzi in città: Sandri (Corso Vannucci, 32) e Augusta Perusia. Il primo è un’antica pasticceria depositaria di ricette tramandate da generazioni, con gli interni affrescati e arredati in stile ottocentesco, che fa parte del circuito dei “caffè storici italiani”. Antica Perugia, Chicco, Gianduia, Farfalla sono solo alcuni dei pezzi di pasticceria più amati in questo locale la cui vetrina si riempie di strumenti musicali di cioccolato e zucchero, di sax decorati con crema e lamponi e di chitarre di pasta frolla e dove non mancano mai i “Torciglioni” (un gran serpente di pasta di mandorla con occhi di ciliegia candita), i tozzetti alle mandorle e gli anicini. Questo è uno dei pochi posti dove si può sempre trovare la Torta di Pasqua, una sorta di panettone salato con uova e formaggio che è tradizione consumare con capocollo, salame e prosciutto durante la Pasqua, o all’Epifania, la Pasqua rosa.
Il secondo (in via Pinturicchio), ad un passo dall’Università per Stranieri, in un angolo suggestivo della città che da Porta Pesa porta all’Arco Etrusco, varco del III secolo a.C. eretto nella cinta muraria che dava accesso alle vie extra urbane dirette a Nord, è l’unico laboratorio artigianale specializzato in cioccolato della città. Tavolette, creme e 50 tipi diversi di praline sono realizzati con varie percentuali di cacao, e arricchite con nocciole, mandorle, essenze e liquori. Un banco è dedicato al gelato artigianale.
Mangiare e bere
Risalendo Via Ulisse Rocchi, si scopre un incredibile numero di ristorantini molto frequentati, tra i quali: La Bocca Mia (al civico 36), con una buona scelta di vini umbri e italiani, che fa una cucina che varia con le stagioni nella quale ampio spazio hanno le zuppe di legumi e cereali e i bolliti d’inverno, e lo “scorzone” d’estate e che riserva sempre ampio spazio alla pasta fatta in casa (tagliatelle, strangozzi e gnocchetti); Vecchia Perusia (al civico 9), tra i ristoranti storici della città, propone da trenta anni i piatti della tradizione a prezzi ragionevoli presentati dal titolare, un simpatico ex pugile dal nome Franky Banana, al secolo Edgardo Bucherini; La Tana dell’Orso (al civico 32), un wine bar restaurant trendy, che, cosi’ come volevano fosse l’inglese Lucy e l’argentino Esteban che lo conducono, è tra i locali piu’ amati dagli studenti stranieri e che propone una bella scelta dei vini abbinandoli a piatti veloci e alla tradizionale Torta al testo (un sorta di piadina-focaccia fatta di sola farina, acqua, sale e lievito, cotta su una piastra di ghisa spessa che si suole riempire di norcinerie). Al numero 18, c’era qui, fino a quasi quattro anni fa, anche l’Enoteca Provinciale di Perugia. I locali sono ancora dismessi a ricordare il fallimento di un’iniziativa utile alla promozione dei vini del territorio sui quali i perugini non sanno darsi spiegazioni. Poco più giu’ in direzione dell’Arco Etrusco, da un paio d’anni è nata l’enoteca di una coppia di simpatici romani che è generosa nel far assaggiare i vini e guidare nell’acquisto delle numerose referenze, per lo più incentrate sui vini regionali, con un ampio spazio riservato al Sagrantino, re dei vini della regione. Scopro qui il Trebbiano Spoletino, un vitigno autoctono del quale si era persa la memoria, prossimo ad incassare il successo dell’istituzione della Doc Spoleto (nelle tipologie Trebbiano Spoletino, Trebbiano Spoletino Passito, Trebbiano Spoletino Superiore, Trebbiano Spoletino Spumante), al cui recupero hanno dato un grande contributo la Cantina Novelli di Montefalco, con uno studio condotto con il professor Attilio Scienza, docente della facoltà di Agraria dell’Università di Milano, e l’Associazione (oggi Consorzio) dei Produttori Trebbiano Spoletino.
Ancora un paio di indirizzi per gli amanti del vino sono la Bottega del vino (Via del Sole, 1) di Filippo Peducci (figlio di uno dei padri dell’Umbria Jazz), un piccolo locale con vista su Piazza IV Novembre che rappresenta da circa 20 anni un must durante il Festival, in quanto propone performance live di grandi artisti internazionali, una cucina tradizionale e saporita, e una delle piu’ ricche selezioni di vini umbri e italiani della città; l’accogliente Wine Bartolo Hosteria (Via Bartolo, 30) che alla ricca cantina accosta una cucina tradizionale e semplice fatta di paste fatte in casa e i brasati al vino; La Lumera (C.so Bersaglieri, 22) bella e accogliente osteria che da un annetto circa ha dedicato una sala con una dozzina di tavoli a wine bar con cucina per la mescita al bicchiere delle maggiori etichette italiane con una attenzione ai vini e ai prodotti della norcineria e industria casearia del territorio; l’Enoteca con cucina Civico 25 (Via dalla Viola, 25), frequentatissima dai più giovani, dall’ambiente colorato e assai bohemienne. Ad un passo da quest’ultima, c’è l’Osteria del Gufo. Nato dall’incontro, nel 1990, tra gli chef Luca Pisauri e Michael Paslawski, questo locale con la cucina a vista sulla terrazza-giardino sulla quale si può cenare all’aperto, propone un menù che varia di giorno in giorno e che indugia sul territorio, con una buona scelta di piatti di carne, paste fresche e dolci. Da provare il cinghiale al finocchio selvatico e il budino patate e mandorle. Buona la scelta dei vini, alcuni proposti al bicchiere, e ottimo il vino della casa, un Montefalco Rosso, imbottigliato per il ristorante dalla cantina Adanti di Bevagna.
Per chi preferisce bere e stuzzicare qualcosa perdendosi con lo sguardo nel blu, da visitare sono “Punto di vista” (Via Indipendenza, 2) che propone un’ampia scelta di cocktail e long drinks da gustare in una delle terrazze panoramiche piu’ belle delle città con vista a 180 gradi sul Monte Subasio e sulla Basilica di San Domenico il cui Chiostro è sede del Museo Archelogico nazionale umbro; il Bar Ristorante del Sole (Via Oberdan, 28), a ridosso di quell’opera di ingegneria che è il minimetro Pincetto; e infine la “Terrazza del mercato coperto” (Via ) gestita dall’Arci che con i suoi tavolini e ombrelloni bianchi, anima un po’ quello che è forse il luogo più triste della città: il mercato coperto il cui destino è diventare un moderno centro commerciale con 21 negozi dato che, con l’eccezione di qualche stand di abbigliamento e pelletteria è per lo più abbandonato dagli espositori che sono stati sconfitti dalla concorrenza dei piccoli supermercati vicini.
Fuori città per vini
Perugia è un punto ideale di partenza per una serie di escursioni. Senza allontanarsi troppo si può visitare Torgiano, centro inserito tra i Borghi più belli d’Italia, reso famoso dalla omonima Doc istituita nel 1968 e oggi legato alla Docg del 1991 Torgiano Rosso Riserva; oppure attraversare un pezzo della fertile Valle Umbra, tra moderni centri commerciali, campi di cereali e di girasoli, per raggiungere il Monte Subasio, sede dell’omonimo Parco regionale che con la sua siluette dolce e ampia è l’elemento unificante tra i centri storici di Assisi, Spello, Valtopina e Nocera Umbra.
Muovendosi lungo la statale che corre parallela alle sue pendici occidentali, tra Assisi – patria del Santo Francesco che dalla natura del Subasio ha tratto ispirazione per la composizione del Cantico delle Creature- e Spello, gli amanti del vino possono far visita alle Cantine Sportoletti. L’azienda nata nel 1976 per iniziativa dei fratelli Ernesto e Remo, oggi aiutati dai figli Marco e Fabio, è erede di una tradizione familiare di produzione di vino per il consumo familiare. Tutto inizia con l’idea di produrre la Doc Assisi nelle versioni rosso e Grechetto, da un canto per cogliere l’opportunità della notorietà di Assisi nel mondo, dall’altro per valorizzare la vigna del nonno a Grechetto, reimpiantata poi integralmente agli inizi del 2000.
Oggi l’azienda possiede circa trenta ettari tra Assisi e Spello e produce circa 200.000 bottiglie, delle quali la metà è Assisi Rosso Doc. Questo vino (50% Sangiovese, 30% Merlot e 20% Cabernet Sauvignon), profumato di more e fiori rossi, caldo e avvolgente in bocca, mi era stato proposto al bicchiere in una delle serate dell’Umbria Jazz e lo avevo davvero apprezzato per la sua franca e decisa personalità, per il suo buon corpo; cosi’ come l’altro base dell’azienda, il Grechetto, che mi aveva colpito per il suo colore paglierino carico, cristallino e luminoso e che avevo trovato profumato, fresco e appagante in bocca, grazie ad una buona struttura e alcolicità.
A questi due, che ho ritrovato durante la visita all’azienda nella quale sono stata accolta con grande attenzione e disponibilità fuori orario, in omaggio a Spello, gli Sportoletti con l’aiuto di Riccardo Cotarella che li segue in cantina, hanno creato il Villa Fidelia Rosso Igt, un taglio bordolese e il Villa Fidelia Bianco Igt, che al Grechetto aggiunge una parte di Chardonnay. Si tratta per entrambi di vini pensati per resistere al tempo frutto della vinificazione separata, e del successivo assemblaggio, delle uve provenienti dai migliori appezzamenti e, per il Merlot e il Cabernet Franc, in particolare, da quello di 10 ettari posto a 400 metri sul livello del mare in località Santa Tecla.
Un vino elegante e piuttosto importante nel grado alcolico è il Villa Fidelia 2005 prodotto con Merlot (70%), Cabernet Sauvignon (20%) e Cabernet Franc (10%), un vino che si lascia appena carezzare dalla luce e che evidenzia qualche nota di cacao, liquirizia, oltre a quelle della frutta decisamente matura. La versione bianco(Grechetto al 60% e Chardonnay al 40%), millesimo 2006, è paglierino carico e intenso al naso. Mostra, con le note di frutta tropicale sciroppata e vaniglia che sovrastano un po’ quelle fiorite del biancospino e della mela golden tipiche del vitigno, la traccia del passaggio in barrique dove svolge la fermentazione alcolica e la malolattica.
L’azienda, che dispone di una bella sala degustazione da 60 posti e punto vendita, produce anche un ottimo olio extravergine biologico, monocultivar Moraiolo, ricavato dalla lavorazione dei frutti di 2500 olivi posti su un crinale del Monte Subasio, a 500 metri sul livello del mare.
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