di Carlo Scatozza
Una delle perle della Sicilia occidentale è sicuramente San Vito Lo Capo, località di mare dell’agroericino dagli aspetti glamour e nota al grande pubblico come capitale del cous cous “italiano” che viene generosamente sempre proposto tra i graziosi bistrot dei vicoli.
In pochi però, fuori dalla Sicilia, hanno contezza delle opportunità da cogliere nelle località meno conosciute del vasto comune trapanese che si configura, anche nei caratteri degli abitanti, come una vera “penisola dell’isola”. In zona Macari, con la sua baia e l’ abitato noto per la recente fiction Rai, ma soprattutto in località Castelluzzo, si possono godere di ambienti che, seppur contaddistinti dallo stesso mare mozzafiato, connotano un vero “ wild site di San Vito”, dove è esaltata la vocazione legata al turismo escursionistico da vivere lungo tutto l’anno.
A rendere possibile la percorrenza di itinerari all’ombra degli ulivi, tra torri saracene, bagli, muretti a secco e calette incantevoli, è l’attività di associazioni come I Sentieri di Gu’, appassionati professionisti della guida escursionistica. Vasta anche l’offerta per la mountain bike, muscolare od elettrica, con buoni noleggi e service di guida. Spettacolare l’uso della orografia e del cielo per il parapendio e il parawinch, punti fecondi pure per il boulder e l’arrampicata.
A Castelluzzo l’offerta turistica viene declinata anche attraverso eventi come Bagli, Olio e Mare, grazie all’Associazione Castelluzzo, impegnata a presentare le innovazioni della fruizione turistica attraverso, e non poteva essere diversamente, il binario del gusto, con la popolare festa che vede al centro il pescato del luogo e la capacità degli chef dell’area trapanese.
A “Bagli, Olio e Mare”, ad inizio agosto, sono offerti in maniera popolare ma non banale gli “ingredienti” della forza del territorio. Molto più di una sagra in riva al mare nella vasta baia, dove viene rivelata, forse inconsapevolmente, anche una cultura balneare alternativa alla stessa San Vito: pochissimi lidi ( a prezzi onesti), servizi al minimo ma certi, come il trenino per gli spostamenti tra le spiagge ed il funzionale parcheggio, tanta spiaggia libera e mai affollamenti da “pollaio”; una cultura lenta e silenziosa per un bagno marino con caratteristiche caraibiche rallegrato dalla poseidonia. I Bagli sono suadenti masserie agricole che governavano, nei secoli passati, tempi e frutti dell’agricoltura del territorio ad ovest di Palermo verso Trapani, scendendo fino a Mazara, terra ricca ma difficile, con la polvere amaranto che non dà tregua al primo scirocco, dove caldo e siccità hanno costruito non da ora il paesaggio e consegnato al futuro, insieme alla tradizione colturale arabo normanna, sfide agronomiche complicate.
Mentre molti di questi bagli sono ormai resort anche di lusso, dove si segue l’esempio pugliese, in varie strutture di Castelluzzo è possibile vivere appieno l’atmosfera reale del Baglio ancora intesa, pienamente, come azienda agricola familiare, ne è esempio, fuori da grandi giri incoming, il Bio Agriturismo Castelluzzo di Maurizio Mantia, appassionato agricoltore che con la consorte accoglie a casa, in poche stanze autonome senza tv, e proprio con la sua famiglia, fino a 10 ospiti come da normativa, si può mangiare e fare l’esperienza di cucina insieme a loro e con i loro prodotti.
Possiamo essere introdotti, per esempio, alla Pasta con l’Agghia alla trapanese, che qui abbiamo davvero l’occasione di mangiare con ingredienti a km 0, con al centro l’aglio rosso di Nubia, presidio Slow Food, tra i prodotti oggi più usati nelle pizzerie gourmet capace di esaltare ad esempio anche una marinara della tradizione.
L’aglio da pasto, che prende il nome dalla frazioncina trapanese vicinissima alle saline, è il protagonista assoluto del piatto con 3 spicchi grossi almeno da tritare, poi almeno una dozzina di foglie di basilico, quello di qui ha foglie grandi e di carnosa presenza, poi sminuzzare 4-5 mandorle, un pomodoro maturo grosso, meglio il pizzutello locale, la pasta può essere la busiata trapanese ma anche casarecce del pastificio Poiatti di Mazara vanno benissimo. L’ olio evo da mettere è del tutto locale, infatti nei campi di fronte vi sono oltre 1000 piante di ulivo con cultivar locali come la Nocellara del Belice, cerasuola, biancolilla, non dimentichiamo una spolverata di pecorino, prima di passare, con Maurizio, assaggiatore di olio con trascorsi anche nella giuria di Sirena d’Oro a Sorrento, a discutere di Olio e Olivo. “ Siamo in un’annata in cui per la poca pioggia ed il caldo non si è fatta vedere tanto manco la mosca dell’olivo…e ciò la dice lunga, ci sarà un raccolto di gran qualità ma i timori per una continua siccità non depongono bene per il futuro”.
L’agricoltore da generazioni ci racconta della recente meccanizzazione della raccolta che ha cambiato in meglio il lavoro nei campi e una svolta nella commercializzazione attuata con il conferimento del prodotto al Progetto Oro di Sicilia guidato dal Frantoio Barbera, leader del mercato di gran parte degli oli di Sicilia a denominazione. L’azienda è linfa vitale del territorio trapanese e partner dell’evento Bagli, Olio e Mare con le sue confezioni colorate e bottiglie per la ristorazione di alto livello in tutta Europa.
Qui l’olivo ci parla di storia, non secolare ma addirittura millenaria; in un baglio vicino e sotto la Rocca di Erice è possibile pure sedersi all’ombra di un Ulivo di 1000 anni circa, enorme, intrecciatissimo, tanto capiente e largo che alcuni azzardano pure ingressi dentro la parte cava per fare una cena a lume di candela…
Dopo il racconto dell’Olio con Maurizio Mantia, mentre sorseggiamo un bicchiere di vino dal felice blend Catarratto e Inzolia, imbottigliato con l’etichetta “Gocce”, dall’azienda Terredi Giafar di Paceco, cui conferisce il suo frutto della vigna ( ne campeggia una in giardino, di uva da tavola, di 200 anni) approcciamo al Capone, ovvero la lampuga, pesce azzurro da traina che caratterizza l’estate del sud tirreno. Capace di connotare parecchie ricette, la sua destinazione più comune è alla sagra, fritto a tocchetti insieme alle alici nel padellone gigante dai volontari dell’Associazione Castelluzzo o alla piastra nella cucina del baglio.
A coordinare non solo i servizi gastronomici di “Bagli, Olio e Mare”, ma punto di riferimento per la gastronomia professionale del territorio è lo chef cinquattottenne Peppe Buffa, anima del ristorante Al Ritrovo, top site per i piatti contadino-marinareschi, con il quale abbiamo scambiato qualche battuta sulle tendenze locali sull’utilizzo della Pasta: “ in questa parte della Sicilia la pasta non manca mai a tavola, si può saltare un giorno ma non di più; c’è una importante riscoperta su grani locali e grani antichi, i pastifici locali ci puntano molto anche per l’uso quotidiano da parte delle persone. Trapani è legata alla Busiata e vi è da dire che è si pasta con le uova ma è sbagliato identificarla solo così, di solito in casa le massaie mettono solo un uovo nell’acqua e farina, per donare morbidezza. Ma come… finiamo senza dolce? E I cannoli? Chef Buffa ci illustra che siamo in tema di grandi contrapposizioni con il capoluogo regionale: “nel trapanese la ricotta è abbastanza grezza e poco dolce, non ci sono I canditi ma gocce di cioccolato, le dimensioni sono esagerate e si presenta più schiacciato, il cannolicchio è un disonore”.
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