di Luciana Squadrilli
Foto di Andrea Moretti
Ci riferiamo al delicato tema della cottura della pasta: al dente o meno? La questione è ancora tutta da risolvere: adeguarsi a gusti e abitudini o imporre il nostro know-how frutto di generazioni e generazioni di mangiamaccheroni? In sala durante il pomeriggio all’Hotel Baglioni è nato un bello scambio di opinioni, con posizioni non sempre scontate.
Nessuno tra gli chef protagonisti della giornata londinese ha scelto di proporre un piatto a base di pasta secca, ad eccezione di Roberto Petza che l’ha però manipolata e trasformata in un impasto, parlando di cucina italiana all’estero l’argomento è stato tirato in ballo ugualmente.
Ci riferiamo al delicato tema della cottura della pasta: al dente o meno? Se in Italia ormai si è raggiunto un accordo largamente condiviso da Nord a Sud sull’opportunità di non cuocere troppo la pasta, per lo meno nella ristorazione, fuori dal nostro Paese, o per una clientela internazionale come può essere ad esempio quella di un ristorante cosmopolita come Mammà a Capri , la questione è ancora tutta da risolvere: adeguarsi a gusti e abitudini o imporre il nostro know-how frutto di generazioni e generazioni dimangiamaccheroni? Tra chef, produttori e appassionati, italiani e stranieri, presenti in sala durante il pomeriggio all’Hotel Baglioni è nato un bello scambio di opinioni, con posizioni non sempre scontate.
Danilo Cortellini, ad esempio, da cuoco italiano a Londra – cucina per gli ospiti dell’Ambasciata italiana ma anche per catering, eventi e supper club aperti al pubblico – si dichiara possibilista: “Nemmeno in Italia tutti mangiano la pasta al dente, mia madre per esempio la cuoce un po’ più del necessario! Io non mi sento in diritto di insegnare agli altri come mangiare per cui cerco di andare incontro alle esigenze dei miei ospiti, senza naturalmente cadere nell’eccesso della pasta scotta. In generale, per questo e per altri aspetti della cucina italiana, secondo me il trucco è quello di non imporre nulla ma di proporre: un po’ alla volta le persone imparano”.
Simile ma non uguale la posizione di Salvatore La Ragione che nel suo ristorante caprese ha a che fare con una clientela in gran parte estera (anche se non per forza gli Italiani mangiano “meglio”, ci racconterà in un secondo momento): “In generale gli stranieri sono ancora abituati a mangiare la pasta non al dente; noi, di solito, se sappiamo che la comanda arriva da un tavolo di clienti stranieri diamo due minuti di cottura in più. Però mi arrabbio con me stesso per questa cosa, dovremmo imparare a comunicare ed “esportare” meglio la nostra italianità non solo con i prodotti ma anche con le tecniche”.
Per Giuseppe Di Martino, pastaio gragnanese e gourmet: “Cuocere per due minuti in più la pasta vuol dire aumentare la cottura di circa il 20% – puntualizza, colto sul vivo – Pensate a cosa vuol dire cuocere la carne il 20% più del dovuto!”. Da rimandare indietro, come andrebbe fatto per la pasta; anche se per fortuna tra le virtù di una buona pasta artigianale di qualità – come quella del Pastificio dei Campi da lui prodotta – c’è anche quella di “riprendere” la cottura, riacquisendo parzialmente tenacità una volta scolata: un prezioso aiuto per gli chef che hanno a che fare con comande numerose o magari con ospiti poco accorti che si alzano da tavola al momento sbagliato.
Anche un’ospite americana – la giornalista Jamie Klinger – esorta gli chef italiani a servire la pasta come la mangerebbero loro, senza cedere alle pressioni e richieste del pubblico straniero.
Ma la parola finale spetta ad un mugnaio, o meglio al decano dei mugnai campani, Carmine Caputo: “C’è un grande equivoco sulla cottura della pasta – specifica – Perché un conto è quella al dente, uno quella cotta e un altro ancora quella scotta. In realtà non va bene né scotta né troppo cruda! Come accade spesso in medio stat virtus, ma in Italia ancora non abbiamo trovato un accordo su quale sia il “medio”. Bisognerebbe fare come per la cottura degli hamburger, per cui c’è un preciso codice e il cliente può specificare come lo preferisce”.
Insomma, se per la pasta in generale siamo maestri forse per la cottura – o meglio, per come gestirla – potremmo avere qualcosa da imparare dagli altri.