La Guida Pizza scritta da Daniel Young non si presenterà in Campania.
Lo annuncia lo stesso giornalista inglese nella chat di gruppo dei collaboratori
Lapidario il commento dell’ex direttore del Consorzio della Mozzarella Antonio Lucisano che acchiappa oltre cento like.
Fare sistema: uno slogan che da noi serve solo a sciacquarsi la bocca. Consorzi, associazioni, reti d’impresa e condomini qui non servono a dare valore alle attività dei soci, ma a mantenere lo status quo ed a vigilare perché nessuno possa avvantaggiarsi. Qui per esempio può succedere che, attratto da uno dei tanti straordinari patrimoni di questi luoghi, a un certo punto arrivi da molto lontano qualcuno molto autorevole che, in perfetta buona fede, decida di mettere insieme un elenco di grandi artigiani del settore e di organizzare un evento pubblico capace di dare lustro internazionale all’intera categoria dei produttori. Facile? No, talmente complicato che, in prossimità dell’evento, questo viene annullato, per effetto dei veti incrociati, delle gelosie e delle invidie che nel frattempo l’iniziativa aveva creato, sia all’interno della categoria che fra i cosiddetti “opinion leader”. Desolante.
Ma cosa è successo?
Daniel aveva pensato di presentare la guida dal pizzaiolo che ha avuto più segnalazioni, ma questa cosa subito non è piaciuta al referente regionale della guida Maurizio Cortese perché l’idea è che non ci fossero punteggi e dunque gerarchie.
A seguito di queste osservazioni Daniel ha provato allora a farla alla Reggia di Caserta, ma anche qui non si è riusciti a concretizzare nulla perché i grandi pizzaioli napoletani non hanno accettato di presentare la prima guida internazionale sulla pizza fuori Napoli.
Risultato finale, non se ne è fatto nulla.
Devo dire che sono solo parzialmente d’accordo con Lucisano perché è vero che i grandi, medi e piccoli pizzaioli campani vivono di forti gelosie e rivalità in quanto non hanno metabolizzato il successo ma il motivo del fallimento non è tutto nei loro veti incrociati.
Dobbiamo anche smetterla di pensare che chi viene da fuori è “unto dal signore” perché la prima regola quando si va in un territorio, soprattutto così ricco di storia e di tradizione come Napoli, è cercare di capire i meccanismi se si vogliono raggiungere i risultati. Anche perché una guida internazionale, con tutto il rispetto per l’egregio lavoro di Daniel Young, sul pubblico da pizzeria, che è di prossimità, ha una influenza decisamente inferiore a quella della Michelin o della 50best restaurant a livello di clientela mondiale.
Perché in questa storia c’è un vizio di forma e di sostanza, fermo restano la buona fede e la competenza di tutte le persone tirate in ballo: non è possibile inserire in una giuria di valutatori chi ha svolto e svolge consulenze nelle pizzerie.
Feci proprio questa obiezione a Daniel quando me lo propose, ma lui pragmaticamente, alla maniera anglosassone, mi rispose che alla fine si annullavano a vicenda.
Vero, allora perché inserirli?
Questa presenza, ripeto, al di là della buona fede e della competenza di tutti che diamo per scontata, ha delegittimato in qualche modo la guida agli occhi dei pizzaioli.
In questo clima si è così inserito l’incidente sul luogo.
Conclusione: il lavoro di Daniel è encomiabile e bisogna ringraziarlo per l’attenzione e la passione con cui l’ha svolto, ma avrebbe potuto essere ancora più importante se avesse avuto un approccio meno sbrigativo con una realtà che ha 300 anni di storia.
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