di Luciano Pignataro
Bere acqua in eccesso fa molto male e può avere conseguenze negative. Il meno che possa capitare è una sudorazione eccessiva che comporta in casi estremi, alla rimozione delle ghiandole sudoripare. Contraccolpi seri possono riguardare anche il cervello e il cuore, lo sapevate? Il cervello potrebbe non riuscire a controllare la gestione dei liquidi all’interno del nostro organismo, mentre il cuore potrebbe dover pompare sangue troppo diluito, con conseguenti problemi cardiologici. E bere troppo provoca anche problemi di insonnia perché agisce in maniera negativa sull’ormone che regola l’attività dei nostri reni mentre dormiamo.
Ecco dunque di cosa si può occupare adesso l’Unione Europea: mettere sulle bottiglie di acqua minerale la dicitura, con tanto di teschio e ossa incrociate: “bere acqua può portare ad avere seri problemi cardiovascolari e di sanità mentale”.
Come dite? Ah si, per essere precisi bisognerebbe scrivere bere troppa acqua può provocare etc etc. Vale per l’acqua come per qualsiasi sostanza che ingeriamo a cominciare dal basilico, erba che fa subito Mediterraneo, il profumo di quasi tutti i piatti che mangiamo che è in realtà velenosa perché contiene
metileugenolo, una sostanza classificata come cancerogena dal National Program of Toxicology già nel 2000. Se ingerita in grandi quantità, ovvio.
Ecco allora che la prima cosa da fare è distinguere tra uso e abuso di qualsiasi sostanza, non solo del vino, assurdamente assimilato ai superalcolici dal governo irlandese che vuole adottare sulle bottiglie di vino le stesse cose che leggiamo sui pacchetti di sigarette. La mentalità dell’euroburokrazia non opera distinguo, nessun burocrate serio lo fa perché chi è immerso a codificare senza linee guida perde la visione umanistica della vita. L’Irlanda è andata avanti nel silenzio di Bruxelles, silenzio colpevole.
In realtà questo provvedimento, insieme alla volontà di inserire il semaforo rosso nel nutriscore nell’olio d’oliva, è solo un episodio dell’eterna lotta delle multinazionali del cibo che fanno lobby a Bruxelles contro la Dieta Mediterranea, l’unica che non proibisce alcuna sostanza nutritiva perché ne regola l’uso con la misura, secondo appunto il vero significato della parola dieta, che non è affatto dimagrimento come si intende nel linguaggio comune: un parola che nel greco antico, diatia, significa modo di vivere e che dal latino dies vuol dire giorno. Le stesse lobby che ottennero la copertina del Times “Butter is better” (il burro è meglio) contro l’olio e la pasta mediterranee colpevoli, a loro dire, di far ingrassare.
Nell’antichità della medicina greca la dieta, nel senso di modo di vivere volto alla salute, prevedeva regole che disciplinavano ogni aspetto della vita quotidiana: dall’alimentazione, all’esercizio fisico, al riposo. Non una terapia dimagrante straordinaria, ma un ordine da osservare con diligenza per avere cura costante e quotidiana della propria vita.
Prescrivere cosa mangiare e bere non ha alcun senso, tutto fa bene e tutto fa male, dipende dalla misura in cui consumiamo o abusiamo di qualcosa. Uno Stato proibizionista entra nelle libertà dell’individuo di poter scegliere cosa e come bere e mangiare, è lo Stato Pedagogo orwelliano che però lascia libero sugli scaffali della Gdo il cibo con conservanti e coloranti nelle bustine di plastica sputato dalle macchinette nelle stazioni e negli edifici pubblici.
Per questo motivo criminalizzare il vino è una semplice operazione commerciale, bisogna avere la forza e il coraggio di dirlo a chiare lettere, la salute non c’entra nulla, un po’ come gli autovelox messi dai comuni che servono a fare cassa più che a tutelare la sicurezza stradale. Il fine dichiarato è nobile, lo scopo vero è ignobile: tutelare gli interessi di chi produce bevande gassose di cui non sappiamo nulla in realtà tranne il fatto che fanno malissimo.
Il vino, cantato sin dai tempi di Ipponatte, il poeta greco del VI secolo da sempre super star di noi ginnasiali, ha accompagnato la storia dell’uomo Mediterraneo giunto dal Caucaso e poi, millennio dopo millennio, è andato in America al seguito dei coloni, completando il giro del mondo in Australia, Nuova Zelanda e adesso anche in Cina e Giappone. Tanti studi, considerati fake news dai neo proibizionisti 2.0, valutano l’apporto positivo che regala un bicchiere di vino al giorno, al corpo e alla mente.
Per l’Italia si tratta di un comparto economico di primo piano: nel 2021 i produttori di vino tricolore (comprese le vendite online) hanno guadagnato circa 14,2 miliardi di euro. Anche se Francia (con 20,7 miliardi) e Regno Unito (con 15,8 miliardi) ci hanno superato, secondo il Wine Report realizzato da Cross Border Growth Capital (advisor in Italia per operazioni di finanza straordinaria per startup e pmi) e dall’enoteca online Vino.com, sarà il primo a recuperare i valori pre-Covid quest’anno, raggiungendo poi un valore di 19 miliardi nel 2025, anche grazie all’online. Pandemia e crisi in Ucraina, quindi, non fermeranno il trend positivo del settore italiano, in linea con la ripresa mondiale. A livello globale, infatti, il mercato ha raggiunto i 245,6 miliardi di euro al 2021, che diventeranno 305,2 miliardi nel 2025, con un tasso di crescita annuo del 6%.
Ma non sono le ragioni economiche e neanche quelle salutiste a dover fermare questa follia burocratica di inizio millennio. La vera ragione è culturale: perché solo chi conosce il vino sa bere moderato quanto basta, mentre per la gente semplice è un momento di gioia, come gioia, è l’atto del mangiare conviviale della Dieta Mediterranea, non a caso Patrimonio Unesco dell’Umanità in cui rientra appunto anche la produzione e il consumo di vino. Produzione che ha modellato il paesaggio italiano con territorio come le Langhe, Valdobbiadene, Pantelleria anch’essi dichiarati patrimonio dell’Umanità. Milioni di appassionati sanno come regolarsi e il loro comportamento è ben distante dalle sbronze superalcoliche della Movida che ogni settimana conta i propri caduti sulle strade come ha ricordato il presidente Mattarella nel suo discorso.
Ecco perché considerare il vino un nemico dell’uomo è un atto di disumanità tipico di una burocrazia impazzita al soldo di interessi delle lobby del cibo spazzatura.
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