Era il 2010 quando Antonio Petrone aprì a Baronissi questo locale a cinque minuti dall’uscita autostradale e a 11 chilometri da Salerno.
Da allora questo giovane chef, che gestisce l’attività insieme alla moglie Imma Ferrara e alla cognata Lucia, non si è mai fermato e lo ha fatto con la determinazione e l’umiltà necessarie per raggiungere l’obiettivo di una crescita costante senza lasciarsi distrarre da nulla lungo il proprio cammino.
“Se un giovane sa adoperare la tradizione nel modo giusto, può dargli le ali. […] Se ci serviamo della tradizione come d’un trampolino, arriveremo più in alto che se partissimo da terra”: è con queste parole di Eduardo De Filippo, con cui si apre il menu, che i clienti vengono accolti e quasi indirizzati, portati con mano verso ciò che andranno a degustare, ovvero una cucina di territorio alleggerita e modernizzata nelle presentazioni ma sempre ancorata in modo molto saldo alle proprie radici.
I piatti, che riflettono una consapevolezza e una sicurezza frutto della conoscenza del territorio e delle sue ricchezze agroalimentari, riportano la memoria e le papille gustative a sapori quasi ancestrali, espressioni autentiche di un patrimonio culinario prezioso ma allo stesso tempo attualizzati perché ben integrati con le esigenze, anche estetiche, che caratterizzano la nostra contemporaneità.
La tecnica che emerge è solida, non a caso l’asso nella manica di Antonio è rappresentato dalle cotture che esegue in modo magistrale come ben si evince, ad esempio, nel piatto che vede protagonista la seppia ripiena di scarola e provola, una materia prima che riesce a valorizzare in tutta la sua potenzialità.
Tra i primi in carta non manca mai la Genovese che lo chef prepara con la cipolla ramata di Montoro.
Antonio, ovviamente nel rispetto della stagionalità, attinge a piene mani dal bottino di straordinaria biodiversità di terra, mare e orto che la zona in cui vive e la Campania tutta gli mettono a disposizione: il guanciale di suino nero di razza casertana, la cacioricotta di capra del Cilento, la mozzarella di bufala, le alici di Cetara e la loro colatura, il carciofo bianco di Pertosa, la cipolla ramata di Montoro per la quale nutre una sorta di venerazione, il tartufo nero irpino, il pomodoro San Marzano, il limone sfusato amalfitano, la nocciola tonda di Giffoni, la mela annurca.
Il locale fa parte dell’Alleanza Slow Food dei Cuochi, una rete internazionale che riunisce gli chef che quotidianamente si impegnano a valorizzare le piccole produzioni locali di qualità.
All’ingresso della sala, che comprende 36 posti e una cucina a vista con parete a vetro che consente di vedere il lavoro mentre si è seduti al tavolo, vi è il nuovo spazio degustazione che Antonio mostra con orgoglio mentre i suoi occhi si illuminano di un sorriso. Bottiglie a vista su scaffali in legno e armadi frigo si collocano in un angolo dedicato all’assaggio, un segno evidente del recente consistente ampliamento della carta dei vini che oggi conta 254 etichette, sia italiane che straniere, proposte con ricarichi onesti. Da qualche mese l’attenzione è cresciuta in modo particolare anche nei confronti dei vitigni e vini internazionali.
Antonio, riservato e riflessivo, ha mosso i primi passi in Irpinia dove Mario Bello, Presidente Onorario dell’Associazione Cuochi Avellinesi, è stato il primo a infondergli il rispetto per il territorio e la materia prima. Tante le significative esperienze che hanno punteggiato il suo percorso di formazione, tra queste quelle dagli stellati Il Faro di Capo d’Orso a Maiori e Casa del Nonno 13 a Mercato San Severino.
Durante i 4 anni trascorsi alla Terrazza dell’Hotel Eden a Roma ha conosciuto e lavorato con chef come Nino Di Costanzo del Danì Maison di Ischia, Antonio Guida del ristorante Seta del Mandarin Oriental Hotel a Milano, Andrea Migliaccio dell’Olivo del Capri Palace, Roberto Allocca del Relais Blu di Massa Lubrense e il neostellato Rocco De Santis del Vistamare del Fogliano Hotel al Lido di Latina.
Da non dimenticare che Antonio è stato allievo di Enrico Derflingher e del sous chef del tempo, Luca Mazzola, una miniera preziosa di tecnica e capacità.
In cucina è affiancato da Emanuele Anastasio e, per la parte relativa al pane e ai dolci, da Carmine Vitale.
Come benvenuto zeppoline calde con tanti bei sentori aromatici dati da maggiorana, timo e finocchietto e una piacevole nota speziata delicata di pepe bianco.
A seguire un panino integrale con melanzane sott’olio che ci riporta con la mente alle merende di un tempo, ai sapori buoni e rassicuranti in cui ci si rifugiava a casa dei nonni.
Il primo antipasto servito è la mazzancolla di Castellabate con nocciola tonda di Giffoni ed emulsione alla vaniglia.
Seguono la seppia ripiena di scarola e provola con aria di limone e spuma di patate e una bella interpretazione del polpo alla Luciana, in questo caso arrostito e accompagnato da un’emulsione di pomodoro San Marzano, brodo di polpo, crumble di pane alle olive nere e polvere di capperi.
Per primo abbiamo assaggiato lo spaghetto integrale Gentile con lupini di mare, acqua di broccoli friarielli e crumble di pane all’aglio bruciato, un piatto in cui la piccantezza del peperoncino conferisce un brio che si mescola in modo equilibrato alla tendenza amarognola dei broccoli, alla salinità del lupino e alla croccantezza del pane.
Per quanto riguarda i ravioli di pasta all’uovo fatti a mano “Terra&Mare a Modo Mio”, farciti di anatra confit e il suo ragù con astice blu, avremmo preferito un abbinamento un po’ più delicato per valorizzare meglio la delicatezza del pregiato crostaceo.
Abbiamo bevuto un Riesling Schulz 2015 della cantina friulana Ronco del Gelso che non raggiunge la complessità e la potenza minerale di un Riesling alsaziano ma si caratterizza per una bella personalità e persistenza nonché per un livello di acidità e freschezza in grado di ripulire la bocca dal senso di grassezza lasciato dal ripieno del raviolo.
Il primo dei due secondi, entrambi di mare, ha visto protagonista una spigola pescata all’amo cotta poché a 72°C in olio extravergine di oliva di Nicolangelo Marsicani, ripassata in forno con sale di Trapani e accompagnata con broccoli friarielli e purè di patate. Questi due metodi di cottura combinati permettono di mantenere il suo interno morbido e umido garantendo invece alla pelle un buon livello di croccantezza.
L’altro secondo è consistito in un trancio di baccalà islandese in tempura con scarolina di campo ripassata con capperi e olive e la sua maionese dove abbiamo apprezzato una frittura asciutta e dorata.
I pani fatti in casa sono serviti sempre caldi in cinque varianti, con la cipolla ramata, con broccoli, con pomodori secchi, con farina integrale e nella veste di piccoli babà rustici.
Prima del dessert sorbetto di melograno con sale e crumble di mandorle servito con olio extravergine di oliva di varietà Pisciottana prodotto da Nicolangelo Marsicani, un modo indovinato per rinfrescare il palato e prepararlo alla parte finale della cena.
Chiusura con una rivisitazione in chiave territoriale di un dolce tipico della cucina francese, la tarte tatin che in questo caso viene preparata con la mela annurca e guarnita con una riduzione di nocillo fatto in casa. Altro dessert un semifreddo al profumo di alloro con croccante di nocciola tonda di Giffoni, cioccolato bianco e riduzione di Aglianico alla cannella.
Nel piattino della piccola pasticceria cannoncino croccante farcito di ricotta e yogurt di bufala campana dop con salsa mou e zeppolina ripiena di crema chantilly.
Servizio premuroso e atmosfera rilassante che crea il contesto giusto anche per la conversazione tra i commensali.
Due i menu degustazione, uno di 40 euro che comprende stuzzichino, 5 portate e piccola pasticceria, e quello “Totò fai tu”, ovvero un menu a mano libera dello chef che include stuzzichino, 7 portate e piccola pasticceria al prezzo di 55 euro.
Antonio Petrone è lo chef della concretezza, senza virtuosismi fini a se stessi offre la consapevolezza di aver trovato un posto dove si riesce a stare sempre bene. In fondo un ristorante deve essere anche e soprattutto questo, un luogo dove la cura di tutti gli aspetti concorre nel lasciare all’ospite il ricordo di momenti piacevoli e il desiderio di riviverli.
Pensando a Te
Via dei Due Principati, 40 H
Frazione Acquamela – Baronissi (Sa)
Tel. 089.954740
www.pensandoate.it
Chiuso domenica sera e lunedì
Ferie: 10 giorni ad Agosto e a Gennaio
Foto di Novella Talamo
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