Patù, Lecce Salento. La rua de li travaj ovvero della cucina povera e trionfante

Via Cavallotti 44 in Piazza Indipendenza
Tel. 349. 0584531
Aperto sempre
d’inverno chiuso il mercoledì
entro i 25 euro anche con il vino

di Tommaso Esposito

Ritorno volentieri a Patù dove impera il gelato di Picci.
E’ sera.
Giungiamo con gli amici e sappiamo che ci aspetta una cena tutta salentina.
D’estate la Rua occupa lo spazio della piazza.

Sta a ridosso del campanile della Matrice sul cui altare troneggia l’Arcangelo Michele.
Bene così. La serata fresca e ventilata non ci farà temere il pasto che si preannuncia copioso.
Cautela, ci è stato detto, se non si è abbuffoni e non si ha lo sfunnolo ‘ncuorpo, come direbbe il mio amico Pulcinella..
Una porzione basterà per due.
Se no: pancia mia fatti capanna!
Uno sguardo all’interno. Rustico e nell’anno sarà accogliente.
Ma il fascino della piazza bianca è un’altra cosa.
Cominciamo?

Ok, vai mò!
Giunge un buon Negramaro in purezza, appena abboccato e di buon corpo, vinificato per la casa.

Aprirà la strada al benvenuto di pittule e piparussi verdi piccanti in pastella. Le papille si agitano.

Ci pensa un po’ di pane di grano duro. Ben cotto e saporito.

Avanti con gli antipasti allora.
Vi dico subito che son tutti buoni e perciò ve li gusterete con le foto.
Le parole sono inutili per tanta semplice, sapida, genuina bontà.
Ecco l’insalata di patate con gli ortaggi e le olive.

Il ciambotto con zucchine, melanzane, pomodorini e peperoni rossi anche questi piccantini.

Piparussi gialli fritti e ammollicati accanto a marangiane all’uegghiu grigliate, formaggi pecorino e vaccino.
Cecorelle ripassate in padella, mitiche di questa terra.

Pitta de pitade, marangiane alla parmigiana e fogghe. Gattò di patate, parmigiana ed erbette selvatiche.

Marangiane mputtunate e pitade. Tenue nonostante la fatica della semplice farcitura.

Arrivano i primi anh’essi da domestico collaudato manuale familiare.
Ciceri e fogghe. Veramente buoni.

Ciceri e trie. E qua ci sarebbe da scrivere e raccontare.

I trie fritti ricordano la ricetta di Apicio e l’uso arcaico di passare nell’olio bollente le paste. Ma sarà per un’altra volta. Ora godiamoci questo mix di morbido, cremoso e croccante.
Ecco la famosa minestra scurdijata.

Ci son piselli a pasta gialla (gradita e apprezzata variante mendeliana del legume), cicoria selvatica e pane fritto. Un tempo era il pasto di primo mattino per i contadini. E penso anche per gli artigiani lavoratori, travaj,  che avevano bottega lungo la strada, rua, ove ora sta la nostra osteria.
Suvvia si apprestino i secondi!
E qua bisogna fermarsi per chiarire che il ristorante è di Gino De Salvo salentino, che ha sposato Annamaria, che sta ai fornelli con mammà  sua Fiorina Musso.

Piemontesi delle Langhe entrambi.
Perciò potrete assaggiare un ottimo e tenero brasato di manzo al Negroamaro che ruba la scena al Barolo.

Tracce pugliesi indelebili le ritroverete, invece, nei Pezzetti, una gustosa carne di cavallino a la pignata con sugo di pomodoro e cipolla.

Tenerissimi perché in cottura pare si aggiungano tralci di vite.
Al dolce finale fatto di crostate (tranci  son forse di barchiglie e calangie?) ti offrono i rosoli della casa.

Profumatissimi quelli al finocchietto e al lentisco del Salento.
La Luna intanto comincia a vedersi nel cielo con la sua gobba rivolta a Ponente.
Anche questa è stata una bella serata.


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