Voi, puristi della pizza, conservatori di un’idea, faziosi dell’immobilismo che lega pensiero e papille gustative ad un’icona, state lontani da San Mauro Torinese, non azzardatevi a scoprire chi sia Patrick Ricci. Se vi capita di passare da quelle parti non lasciatevi attrarre dall’insegna, direi banale (che per fortuna a breve sarà cambiata), di una pizzeria “Pomodoro e Basilico“ che vi fa annusare il profumo della più classica delle pizze traendovi in inganno. Semmai doveste varcare la soglia di questo locale, per distrazione o mera curiosità, posponete ogni traccia di libero pensiero alla scoperta di un’esperienza gastronomica e sensoriale nuova, e abbandonatevi alla guida silenziosa e torva di un losco figuro, Patrick Ricci, patron dello stesso.
Ponetevi nei suoi riguardi come foste ospiti in casa sua, con educazione e gentilezza accomodatevi al tavolo che vi verrà assegnato accettando le regole del posto. Sì, vigono delle regole in questa pizzeria, discutibili o meno le ha decise il padrone di casa, inutile provare a cambiarle, considerando che la scelta è stata fatta in favore del benessere degli avventori del locale. In fondo, mi pare, sia giusto volere assicurare una serata di rilassamento e spensieratezza, un chiacchiericcio composto, non disturbato da urla moleste, da bambini lasciati liberi come pecore al pascolo tra i tavoli, da chiassose comitive totalmente disinteressate al gusto.
Vi si vuole assicurare un confort sobrio e contenuto, come le sale in cui vi troverete a consumare la vostra pizza che assolutamente non dovrete chiedere di modificare in alcun modo. Non sia mai! Vi sentireste ribattere un secco no e vi becchereste uno sguardo fulminante da parte del proprietario. Detto ciò, con mente sgombra ed aperti alla possibilità di scoprire un nuovo orizzonte della pizza, rilassatevi, la serata si rivelerà più piacevole e stimolante di quanto possiate immaginare. Siamo a casa di un uomo che è un libro vivente, un carico di emozioni e di vita vissuta che trasuda intelligenza e forza interiore da poterne vendere. In fondo il suo passato da dirigente di un’importantissima società, Pininfarina, sempre in giro per il mondo ai massimi livelli, qualcosa dovrebbe sussurrarci all’orecchio. La scelta dettata dal bisogno di ritrovarsi e ricominciare da zero, da una vita che mai immaginava potesse appartenergli che lo ha spinto ad un certo punto a rimboccarsi le maniche e imparare al fianco di un pizzaiolo nel cuore di Napoli a creare da acqua e farina il disco magico di cui tutti andiamo ghiotti rende onore al personaggio. Per lui non esistono i compromessi, si parte da un’onestà intellettuale rara, da un bagaglio di esperienze che comincia in Ciociaria, dove ha trascorso l’infanzia e tutte le vacanze della sua vita, il luogo delle radici in cui il richiamo della terra si rinnova quotidianamente e si trasforma in malinconiche emozioni ogni volta che torna ad abbracciare la madre, a confrontarsi con la gente del posto, semplice e genuina, come gli ingredienti di cui va in cerca e di cui si serve per garantire a voi, sì proprio a voi, morsi di bontà di rara fattura. Che per il vostro giudizio poi non sia così è altra storia, ma Patrick prova a ricercare il meglio per i suoi clienti, con lo studio, con l’istinto e la curiosità che lo contraddistinguono.
Non si sforzerà di convincervene; vi si chiederà soltanto di non modificare gli equilibri di sapore delle sue pizze, frutto di esperimenti, di sudore, di viaggi dentro se stesso alla ricerca di un profumo o di una sensazione del passato da potere tramutare in un piatto. In ogni pizza vivono capitoli della sua vita, attimi rubati al tempo, racconti, amicizia, delusioni d’amore, ira e allegria; ogni sua creazione nasce da un suo stato d’animo, come si può chiedere di cambiarla? Potrà non piacervi, ma al pari di un quadro di un pittore o di un piatto di alta ristorazione, vi avrà dato un’emozione. Patrick guarda con un occhio al passato e l’altro al futuro, in continuo movimento, tende all’evoluzione e si innamora dei volti dei suoi fornitori, sparsi per l’Italia, di quegli artigiani del gusto quasi dimenticati, senza brand altisonanti ma con un’immensa storia da raccontare, fatta di lavoro e fatica, di mani callose e tradizioni. Lo ascolterete raccontarvi vita, morte e miracoli degli ingredienti delle sue pizze, ma non vi annoierà, tutt’altro, tornerete a casa con la sensazione di avere imparato qualcosa. Riuscirete anche a trascorrere una notte tranquilla, certi di una digestione facile, perché i suoi lievitati vengono da farine naturali macinate a pietra, di grano o di farro. In fondo è pur sempre una pizzeria che ha meritato tre spicchi del Gambero Rosso, ve ne accorgerete. Non cercherò di convincervi della bontà di questa pizza, io sono napoletana e forse anch’io ho un’idea standardizzata; la mia impressione è stata di mangiare altro, di scoprire che dietro ogni mente c’è un laborioso percorso di crescita e sviluppo che si traduce in innovazione, in volontà di esprimere il proprio intelletto senza pretendere onori e falsi sorrisi.
A Patrick del vostro sorriso interesserà poco o niente, forse neanche vi guarderà, ma se saprete estrapolare dalle sue pietanze la filosofia che c’è radicata nel suo pensiero, vi potrà fare anche simpatia e desidererete tornare a mangiare da lui. Io certamente lo farò.
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