La pasta, il riso, la pizza sono elementi identitari che leggi prima nella mani e poi nella testa di chi li lavora. Difficile trovare fuori dall’Italia, ma anche da Roma in su, cuochi che abbiano davvero confidenza con paccari e spaghetti, tanto che una vulgata dei bei tempi andati li voleva tenere fuori dall’alta ristorazione assieme al pomodoro.
Per fortuna si tratta di luoghi comuni neanche più esternabili, complice la crisi, la qualità eccelsa di questa materia negli ultimi dieci anni e la pressione demografica:-)
Ecco perché, invece mi ha colpito molto la mano di Xavier con la pasta: tanta tecnica, tanto cervello, ma anche tanto cuore. ‘Sto ragazzo ne farà di strada, ne sono sicuro.
Ci siamo trovati nel salotto gastronomico di Peppe Di Martino che a me piace perché è l’unico esempio di imprenditore che non crea la top line per accreditarsi nell’alta ristorazione ma per avere una scusa in più per frequentarla coltivando una passione enorme che abbraccia, caso rarissimo in Italia, cibo e vino. Qui, modello tavolo da cucina, abbiamo assistituto alla jam sessione di questi due cuochi, diversi per preparazione, età, esperienza, ma con la comune radice storica che non è una costruzione fredda scolastica, ma realtà palpitante nel piatto.
In effetti Xavier è arrivato alla pasta attraverso due grandi autostrade. Nel piatto bianco con il gambero c’è la tradizione francese che si sposa con la tecnica catalana e ridisegna la pasta come un elemento non protagonista, ma non posticcio, nel piatto. Il pacchero è ripieno di spigola fresca tritata, la quenelle leggera consente alla fine di restare con il sapore del gambero in bocca. Una costruzione a mio modesto parere molto efficace e goduriosa anche se difficile da far passare nel senso comune italiano.
La seconda autostrada imboccata da Xavier è stato il cuore, la radice catalana con un vero e proprio paccaro al ragù. Un ragù non napoletano, più simile a quello che si fa nelle zone interne con il maiale che gioca sulla dolcezza e sulle acidità. Una salsa importante, che faceva la nonna di Xavier e che conferma le impressionanti analogie tra la cucina spagnola e quella meridionale. Del resto tre secoli di dominazione certo non passano invano e lo stesso Adrià, nel corso del suo giro in Penisola un paio di anni fa, di fronte alla genovese aveva affermato che gli ricordava una salsa molto diffusa in Catalogna. L’unica osservazione è che essendo la salsa davvero densa, succulenta, strutturata, persistente, andava meglio con un fusillone.
E’ stata poi la volta di Peppe Guida che ha voluto presentare i suoi nuovi piatti. Lo spaghetto cotto in acqua di pomodoro e limone con tonno e limone è una secchiata di mare nel palato.
Freschezza estiva anche con la pasta e patate, uno dei pochi piatti che può essere destagionalizzato.
Manca in questa rassegna un piatto con le melanzane di cui vi daremo conto a parte perché è stato il mio preferito tra quelli di Peppe e, ovviamente, lo spaghetto al pomodoro finale di devozione notturna perché siamo alla fine sempre dei (luridi) terroni.
Che dire, si è bevuto un po’ di champagne con un Fiano di Luigi Sarno di cui pure vi daremo conto a parte.
Que viva Napoli, que viva Barcelona!
Pastificio dei Campi, Gragnano
Cafè 107 Restaurant, Barcellona
Antica Osteria Nonna Rosa, Vico Equense
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