È questo il periodo per gustare le fave fresche, legume delicato e versatile che, però, almeno in questa veste, ha una stagione piuttosto breve, così come recita un’antica filastrocca, che ricorda la fine del saccheggio dei pirati saraceni allontanati grazie all’intervento della santa protettrice dell’isola:
A Santa Restituta
‘e fave so’ arrennute
‘e quaglie so’ fernute
‘e turche so’ partute.
A Santa Restituta (17 maggio)
le fave sono indurite (arrennute)
le quaglie sono passate (finite)
i turchi sono partiti.
Nei mesi di aprile e maggio è usanza molto diffusa consumare questi legumi freschi e teneri accompagnati da fette di morbida ventresca di maiale, caciotta di pecora e pane fragrante. Le fave fresche vanno mangiate crude se ancora tenere, mentre quando iniziano ad indurire vanno conservate per l’inverno dopo averle seccate, in tal caso si dice che le fave sono “arrennute” e quindi non più adatte ad essere consumate fresche.
Il sapore delle fave fresche rivive nei freddi mesi invernali, aprendo un vasetto di fave sottolio. Seccate, invece, costituiscono una grandissima scorta alimentare per zuppe, minestre ed altre preparazioni prettamente invernali.
Ingredienti (4 persone)
350 grammi di mezzemaniche di Gragnano; 200 grammi di fave fresche liberate di baccello e pellicina; 2 cucchiai di grana grattugiato; menta fresca; 20 grammi di pinoli; 4 fettine sottili di ventresca di casa; olio; sale q.b.
Lessare le fave per due minuti in acqua bollente salata. Scolarle, conservando l’acqua per bollire la pasta
Lasciarle raffreddare. Frullare con un mixer ad immersione le fave con l’olio, il grana grattugiato, il sale e la menta fresca.
Tostare i pinoli e rendere croccante la ventresca separatamente in un padellino antiaderente.
Lessare la pasta e scolarla al dente.
Mantecare lontano dal fuoco con il pesto. Impiattare, ravvivare con un filino d’olio, guarnire con i pinoli tostati, la ventresca croccante e foglioline di menta. La primavera nel piatto 3.
Ricetta raccolta da Bruno Macry
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