di Raffaele Bracale
1-Tipologie ed etimologia
Questa volta prenderò il via per queste mie paginette da un saporitissimo antico condimento in uso nella cucina partenopea ed in quella di molte altre regioni centro-meridionali; si tratta del lardo che fu conosciuto ed usato già presso antiche popolazioni italiche e cioè da romani, osci e sanniti che lo usarono sia come condimento (zuppe di farro ed altro), che come grasso per frittura di preparazioni poi dolcificate con il miele; il lardo è il prodotto della salagione, aromatizzazione e stagionatura dello strato di grasso che si trova appena sotto la cute del maiale.
Questo taglio grasso del maiale si preleva dal collo/golae se ne ricava il cosiddetto guanciale, detto a Napoli lardiciello.
Oppure dal dorso e dai fianchi o dala pancia dell’animalee se ne ricava il lardo generico tra i quali quello notissimo toscano lardo di Colonnata stagionato in vasche di marmo alternandolo a strati di sale marino grosso, aglio, pepe, rosmarino e salvia nelle conche dove il prodotto rimane per circa 6 mesi, ed il lardo di Arnad prodotto in Val d’Aosta e stagionato in vasche di legno dove viene insaporito con aromi quali ginepro, alloro, noce moscata, salvia e rosmarino).
Il nome lardo si attribuisce propriamente al prodotto stagionato, mentre il taglio di carne grassa da cui il lardo si ricava , ordinariamente è chiamato grasso fresco: ma ciò avviene per quanto di pertinenza della lingua nazionale; per quanto riguarda il napoletano, mantenuto il generico nome di lardo per i prodotti ricavati dal dorso e dai fianchi dell’animale, si è assegnato il nome di lardiciello al prodotto ricavato dal collo/gola( prodotto conosciuto altrove con il nome di guanciale), prodotto che è formato da due congrui strati di grasso inframmezati da un contenuto strato di carne.
Rammento che dai medesimi tagli di grasso fresco sia da quelli di gola che da quelli del dorso e di fianchi o piú spesso di pancia dell’animale si ricava oltre che il lardo anche la sugna per cui in napoletano il taglio di carne grassa da cui si ricava il lardo, genericamente è chiamato (quanto meno sulla bocca dei napoletani piú anziani) grasso ‘mpano o ‘mpanuto che valgono tautologicamente paffuto, gonfio, grassoccio e sono ambedue voci marcate sullo spagnolo empanada=ripieno piú esattamente dal grasso ‘mpano o ‘mpanuto proveniente dai fianchi della bestia viene ricavato il vero e proprio lardo campano, mentre dal grasso ‘mpano o ‘mpanuto proveniente dalla pancia della bestia viene ricavata la cosiddetta ‘nzogna ‘mpana, talvolta addizionata del grasso di gola( lardiciello).
Ò parlato di napoletani piú anziani giacché, con ogni probabilità, quelli piú giovani, fossero anche beccai, macellai, venditori al minuti di carne macellata…, non conoscono piú ( e peggio per loro!) né i termini d’antan, né taluni prodotti (ormai in disuso e non piú richiesti tra le giovani classi sociali moderne vessillifere di una malintesa evoluzione che è invece proprio l’esatto contrario…), non conoscono piú né termini antichi, né taluni gustosissimi prodotti come lardo e ‘nzogna.
Al proposito rammento che la parola napoletana ‘nzogna rende l’italiano sugna o strutto ed è voce che va scritta ‘nzogna con un congruo apice (‘) d’aferesi (e qui di sèguito dirò il perché) e non nzogna privo del segno d’aferesi, come purtroppo càpita di trovare scritto nei soliti inesperti, millantatori che bazzicano(e non si sa con quale diritto!) l’idioma partenopeo, parecchi dei quali accreditati, per mero errore o piaggería, d’essere esperti e cultori del napoletano, laddove sono invece dei modesti praticoni quasi del tutto all’oscuro della morfologia e sintassi della parlata napoletana!
Ciò precisato passiamo all’etimologia e sgombriamo súbito il campo dall’idea (maldestramente messa in giro da qualcuno che nzogna, (ed ovviamente non ‘nzogna) possa essere un adattamento dell’ antico italiano sogna (sugna) con protesi di una n eufonica e dunque non esigente il segno d’aferesi (‘) e successivo passaggio di ns→nz, da un latino (a)xungia(m), comp. di axis ‘asse’ e ungere ‘ungere’; propr. ‘grasso con cui si spalma l’assale del carro’; occorre ricordare che nel tardo latino con la voce axungia si finí per indicare un asse di carro e non certamente il condimento derivato dal grasso di maiale liquefatto ad alta temperatura, filtrato, chiarificato, raffreddato e conservato in consistenza di pomata per uso alimentare, mentre gli assi dei carri venivano unti direttamente con la cruda cotenna di porco ancòra ricca di grasso.
Ugualmente mi appare fantasiosa l’idea (D’Ascoli) che la napoletana ‘nzogna possa derivare da una non precisata voce umbra assogna per la quale non ò trovato occorrenze di sorta! Messe da parte tali fantasiose proposte, penso che all’attualità, l’idea semanticamente e morfologicamente piú perseguibile circa l’etimologia di ‘nzogna sia quella proposta dal mio amico il prof. Carlo Iandolo che prospetta un in (da cui ‘n) illativo + un *suinia (neutro plurale, poi inteso femminile)= cose di porco alla cui base c’è un sus- suis= maiale con doppio suffisso di pertinenza: inus ed ius; da insuinia→’nso(i)nia→’nzogna.
Ciò annotato, ritorniamo al lardo dicendo che la voce lardo (mi ripeto!) è dal lat. lardu(m)/laridu(m)) ed indica il gustosissimo strato di grasso sottocutaneo del maiale, strato ricavato dai fianchi della bestia, strato che si conserva salato o affumicato per uso di cucina.
Mia postilla
Niente come il Greco di Tufo è vino più appropriato per questo cibo. Berremo quello sapido e cafone di Bambinuto, Colline del Sole e Centrella. Sicché avrete come usare l’egizia chiave della vita!
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