“Mi sono chiesto a un certo punto perché mai vinifichiamo i bianchi in modo differente dai rossi. E quindi ho deciso di non farlo più”. E’ nella semplicità sconcertante della frase di Giulio Armani, produttore ed enologo piacentino, il succo del seminario su vini bianchi macerati condotto dal vicecuratore della guida Vini d’Italia dell’Espresso Gianpaolo Gravina durante la giornata conclusiva di Parlano Vignaioli svoltasi a Ercolano. Lungo il percorso degustativo dei sei vini, tra i quali tre Fiano campani, passando dalla vinificazione con macerazione degli acini di pochi giorni delle Tenute del Fasanella a quelle annuali di Denavolo, la panoramica su uno degli scenari più nuovi delle tecniche di vinificazione moderne, si allarga come se si passasse dallo spiarla attraverso il buco di una serratura, ad ammirarla da una torretta di avvistamento. Di fronte ai bianchi macerati, come ha sottolineto Gravina nel discorso introduttivo che ha preceduto l’assaggio, intervallato dal succedersi degli interventi dei produttori, il registro degustativo cambia completamente. Nessuna sorpresa se, per iniziare, alcuni si dovessero presentare non limpidi, opalescenti. Infatti questi vini “mettono fuori gioco alcuni dei prerequisiti tecnici dei vini bianchi e offrono una dimensione più materica; una intensità, una profondità e uno spessore su cui sintonizzarsi” ha detto Gravina. Il vino, insomma, “si presenta in un modo spiazzante. Non sempre la componente floreale è riconoscibile. La frutta, nella sua accezione aspra, torna come valore” ha continuato. Digeribilità (ndr: la capacità di accompagnare la tavola), sapidità e acidità sono individuate da Gravina come gli elementi premianti di questi prodotti che “portano con sé un aspetto nuovo e stimolante che fa pensare ad abbinamenti inesplorati”. La naturalezza del prodotto finale sta nel dispiegarsi di un processo che parte dal non interventismo in vigna, passa per una materia prima sanissima, e sfrutta fattori di naturale stabilità del vino come i tannini, grazie alla lunga estrazione di preziosi componenti dalle bucce. Il tutto con un taglio a concimi, pesticidi e diserbanti, l’eventuale non utilizzo della catena del freddo o delle chiarifiche, e con un significativo abbattimento delle quote di solforosa. No all’applicazione delle rigide regole dell’enologia convenzionale, si “naviga a vista” si è detto. Per lo più si decide di interrompere la macerazione e svinare non secondo un protocollo prestabilito ma a seconda delle caratteristiche più o meno desiderate che vengono fuori all’assaggio.
I sei vini
Phasis 2008 – IGT Paestum Fiano – Az. Tenute del Fasanella
L’azienda nasce da zero, dall’acquisizione dei terreni nel 2004, da un’idea di Michele Clavelli e si trova ai piedi dei Monti Alburni, all’interno del Parco del Cilento. Ne racconta la storia Sergio Pappalardo, enologo dell’azienda. Il Phasis 2008, un Fiano in purezza al suo primo anno di produzione, proviene da un vigneto posto nel comune di Bellosguardo a 300 metri sul livello del mare, con esposizione nord. Le uve, raccolte nelle prime due settimane di settembre, sono state macerate per 5-6 giorni in vasche d’acciaio a temperatura controllata. Attraverso assaggi ripetuti, si è deciso quando svinare. Affina in acciaio e si imbottiglia a marzo.
La degustazione E’ un vino dorato e cristallino, con lieve riflesso ambrato. Al naso si presenta come il più fiorito (camomilla e fiori d’arancio) e fruttato (pesca e ananas), della batteria. Una nota lieve di crema pasticcera e agrumata lo rendono accogliente. In bocca ha un’entrata morbida, che si allarga al centro bocca proponendo una piacevole nota mielosa. E’ pieno e persistente.
Tempo dopo tempo 2008 – IGT Beneventano Bianco – Podere Veneri Vecchio
L’azienda di Castelvenere produce questo bianco da uve Grieco e Cerreto, vitigni della zona, secondo un progetto di preservazione della biodiversità e di gestione delle vigne naturale. Sono coltivate su terreni tendenzialmente argillosi posti a 200 metri sul livello del mare.
La degustazione Il vino è dorato/ambrato e non luminoso. Al naso evidenza profumi di fiori appassiti e frutta matura messi in disordine da un profilo nel complesso scomposto. Sono presenti delle note di erbe medicinali, tendenzialmente amare. In bocca è decisamente più gradevole, delicatamente acido e sapido ma tendenzialmente sfuggente, non persistente.
Don Chisciotte 2006 Campania Fiano IGT – Tufiello
Guido Zampaglione racconta come l’azienda di Calitri sia il frutto di alcune esperienze maturate tra Ischia, l’Emilia e il Piemonte, dallo scambio di idee con altri produttori, tra i quali Guido Armani. Aglianico e Fiano (localmente chiamato Santa Sofia) ci sono sempre stati nelle terre di questa famiglia di cerealicoltori impegnati nella coltivazione del grano duro e foraggio. Il piccolo vigneto dal quale, a partire dal 2001, si produce Don Chiscotte si trovano a 800 – 900, altissimi dunque, metri sul livello del mare su terreni poveri.
La degustazione Il vino è dorato/ambrato e non del tutto limpido. Mostra al naso decise note di pepe bianco e fiori appassiti. In bocca è intenso e dinamico, con una bella rincorsa tra aspetti morbidi e duri. Piacevole la sapidità di base e il ritorno delle note speziate che a momenti, al retrolfatto, fanno pensare ai profumi del bosco.
Saharay 2008 Catarratto IGT – Porta del Vento
Marco Starlazzo presenta questo vino proveniente dai suoi 10 ettari di vigneti ad alberello (alcuni trasformati a spalliera) di 35 anni posti a 600 metri sul livello del mare a Camporeale con esposizione nord. Siamo nella provincia di Monreale, nella Sicilia Nord Occidentale. Il Catarratto, varietà poco considerata della quale l’isola fino a una ventina di anni fa aveva oltre 40000 ettari, è raccolto ai primi di settembre e vinificato in tini aperti senza controllo della temperatura, che, dunque, arriva anche a 30 gradi. La macerazione per questa bottiglia del 2008, è andata avanti per circa 25 giorni, ma nel 2009 si è arrivati a 30 giorni.
La degustazione Alla vista è ambrato e non limpido. Mostra al naso una certa articolazione che si gioca su lievi note di marmellata di arance, miele di castagno e spezie. Al gusto si caratterizza per uno scambio serrato tra tannicità e acidità ma con una certa prevalenza delle durezze che ne evidenzia la giovinezza. E’ di corpo e fresco come si immagina debba essere un bianco che ha davanti la prospettiva di invecchiare arricchendosi.
Dinavolo 2005 – Denavolo
Giulio Armani racconta che dopo aver fatto per anni bianchi “tradizionali” nel 1995 decide di smettere. Dopo una lunga pausa di riflessione, nel 2001, decide di intraprendere la strada della macerazione. Lo guida la convinzione che il vino sia il frutto di un’uva che ha vissuto sul terreno più adatto alla sua crescita e che sarà l’ambiente a dire quale sarà il risultato delle lavorazioni che, quindi, non possono essere condotte secondo un modello predefinito. Le quattro annate di Dinavolo, classificato come Vino da tavola, che ha realizzato sono diverse, dice. Quella del 2005 ha macerato fino a settembre, ma, la sua intenzione è di fermarsi ad aprile. I vigneti hanno 28 anni e sono su terreni calcarei a 500 metri sul livello del mare. Il vino è frutto di un uvaggio di Malvasia Bianca di Candia, di Orotrugo e Marsan (due vitigni storici piacentini) e di un un’altra varietà senza nome.
La degustazione Alla vista è ambrato carico, quasi caramello, ma cristallino e seducente. Al naso, inizialmente, non è particolarmente inteso e restituisce solo qualche pennellata minerale. Con il tempo evidenzia delle note di foglie secche, mallo di noce e quasi di vin cotto, gradevoli. Ha una notevole carica alcolica e tannica, un forte personalità coerente con la sua impronta olfattiva e buona lunghezza.
KAI 2004 Friuli Venezia Giulia – Paraschos
L’azienda sorge nel cuore del Collio, a San Floriano. Il padre del giovane Alexis che la rappresenta al tavolo della degustazione si è trasferito dalla Grecia e l’ha fondata nel 1998. Le uve a bacca bianca, coltivate senza uso di concimi chimici, diserbanti e con un ricorso minimo agli interventi antiparassitari provengono da vitigni posti tra San Floriano, Oslavia e Gradisciutta. Il Kai è un Tocai in purezza che viene da vigne di oltre 70 anni allevate a pergola. La macerazione, fatta in tini aperti, dura per tutta la durata della fermentazione alcolica. Per circa venti giorni. Il vino fa due anni di maturazione in botte grande (da sempre utilizzata nel Collio) con ripetuti batonnage nei primi mesi e lunghi mesi di affinamento in bottiglia. L’azienda non chiarifica, filtra e aggiunge solforosa.
La degustazione Il vino è ambrato e non limpido. Al primo naso non molto intenso, schivo. Poi si apre con una certa eleganza offrendo note discrete di anice stellato e mallo di noce. Probabilmente in ragione della sua età in bocca si presenta particolarmente equilibrato, senza eccessi. E’ piuttosto composto, senza eccessi sapidi e astringenti.
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