Parlano i vignaioli a Bari, bagno di folla oltre ogni previsione per i vini naturali

Pubblicato in: Eventi da raccontare

di Giuseppe Barretta

Parlano i Vignaioli ha chiuso i battenti a Bari, kermesse itinerante dei vini naturali, due giorni ricchi di presenze e di contenuti, organizzata per la prima volta in Puglia, dove parlare di vini naturali è un approccio nuovo alla cultura enologica. Grazie all’intuizione di Massimo Lanini, patron del ristorante Le Giare, che già da anni porta avanti una carta dei vini che abbraccia questa filosofia di vinificazione, l’appuntamento con Parlano i Vignaioli del 19 e 20 Gennaio è stato un successo, e un buon inizio per aprire anche in Puglia un dibattito sulla “viticoltura pulita e rispettosa dell’ambiente, della materia prima e del consumatore”.

Presenti all’evento aziende di quasi tutte le regioni italiana, affiancate da qualche presenza estera. Grandi assenti, invece, le cravatte. L’evento, infatti, è stato dominato da aria informale, gioviale, sicuramente poco o nulla autoreferenziale (e vedremo se sarà così anche nei prossimi anni), tanto che – a conclusione di una intera giornata – il parlare, il ragionare di vino naturale ha superato di gran lunga anche gli assaggi stessi.

Nell’avviarmi verso i banchi meditavo tra me e me su quale approccio adottare, che metrica utilizzare nel degustare, certo che tutto il bagaglio scolastico delle varie associazioni dà sì ottime basi di partenza, ma il mondo reale se ne infischia dei dogmi enoici-scolastici.
Che fare allora di fronte a volatili, a rifermentazioni che ripartono autonomamente – a distanza di un anno – alla malolattica nei bianchi e soprattutto agli apiculati?
Cosa pensare se in uno stesso vitigno, di uno stesso territorio, trovo sensazioni diverse? Immaginare che sia opera dei lieviti?

Quando credevo di essermi dato una risposta mi son tornati in mente i cloni ed eccomi ancora  al punto di partenza. Ed allora?

Ed ecco la vecchia cara logica mi è venuta in soccorso, indicandomi la via maieutica: domande e risposte per confermare o sgretolare le mie convinzioni.

Perché, d’altronde, l’evento lo diceva sin da subito chiaramente: parlano i vignaioli, ed è stato interessante ascoltarli, domandare e ricevere risposte, mentre senza parole, grandi storie hanno raccontato anche i loro vini nel bicchiere.

Assaggi sparsi:

Foradori (Mezzolombardo, Trentino Alto Adige)
Adepti del sole portato nel ciclo vitale della terra e delle piante. Adottano la biodinamica dal 2002.
Non utilizzano interventi correttivi in cantina e desiderano trasmettere il territorio nella bottiglia.
Per alcuni loro vini utilizzano anfore in terracotta (non smaltate) dove avvengono macerazioni anche di 8 mesi sulle bucce.
Ho trovato dal bianco al rosso vini di fascino ed anche complessità. Una beva stimolante e materica che va bel oltre la semplice poesia.

I Vini di Guccione (Monreale, Sicilia)
Legati alla loro terra, non solo con la “naturalezza” dei metodi agronomici, ma anche per una trasmissione della memoria in cui cambia la terminologia degli interventi, ma molte pratiche sono le stesse di un tempo.
Assaggio il Trebbiano, presente sull’isola più per curiosità che per vocazione, e ritrovo un prodotto molto pulito e dalla spiccata freschezza, poi passo al Nerello, che qui ha il cuore e le origini, ed è diretto, bello, giovane e freschissimo, con tanti bei tannini non invadenti.

Cantina Giardino (Ariano Irpino, Campania)

E’ cosa risaputa che l’Italia vinicola è caratterizzata da mille e più sfaccettature pedoclimatiche, che cambiano nel giro di pochi chilometri, ed allora per Cantina Giardino non basta dire che è in Campania, ma necessita essere più precisi e citare l’Irpinia, ed il suo particolare terroir.
L’azienda per le vinificazioni utilizza vitigni storici, con età da 30 a 100 anni.  In base alle caratteristiche delle uve, di anno in anno adattano brevi o lunghe macerazioni in contenitori di legno o terracotta, a cui la solforosa viene aggiunta solo se estremamente necessaria all’imbottigliamento.
Un Greco di Tufo frizzante, giallo oro, con odori di fiori gialli, ha un sorso che riesce a dare al contempo morbidezza ed una bella, grande, freschezza, combinata con una buona dose di sapidità.

Proseguo con l’assaggio del Paski, da coda di volpe, che si presenta nel bicchiere nelle sfumature aranciate di un vino che ha visto una lunga macerazione sulle bucce. Al naso è intenso, a tratti aspro, amplificato da una leggera nota di volatile che non dispiace, con sensazioni di fermentazioni di frutta, cidro, agrumi, mela.
Il sorso si connotata di bella acidità e sapidità, freschezza e mineralità, comunque intenso, corposo, e pur in questa grande freschezza ha tratti di morbidezza, probabilmente dovute alla malolattica spontanea

Radikon (Gorizia, Friuli Venezia Giulia)

Una pietra miliare del movimento dei vini naturali.

Il Jakot 2007 è una conferma, dall’intenso sentore di frutta candita e dall’ottimo sorso caldo e fresco nel contempo.
La Ribolla  è un simbolo della cantina. C’è potenza in questo vino, sin dal colore intenso, che già da sé racconta di lunghe macerazioni, senza paura, di affinamenti, di lieviti veri e vivi. Il naso è un concerto di sensazioni dolci e decise, di canditi, anice, spezie dolci e finale floreale di fiori secchi.
Niente è fuori posto. Non c’è solforosa nei vini di Radikon, non ci sono temperature controllate, la sua Ribolla così esprime la sua identità al meglio.
In bocca ritorna la complessità del bouquet aromatico, accompagnata da sensazioni calde, sapide e minerali, che nel finale lasciano spazio ad una leggera tannicità che ci ricorda i mesi passati a contatto con le bucce. Nel finire del sorso la sensazione speziata e candita congeda questo vino grande e regale.
(Purtroppo non erano presenti i vini rossi, che in Puglia avremmo saputo ben apprezzare).

Antica Enotria (Cerignola, Puglia)
Se pensiamo al nord della Puglia, tra le saline di Margherita di Savoia e la Daunia del tavoliere, difficilmente immaginiamo nel bicchiere un vino bianco.
Eppure una bellissima interpretazione di Falanghina ci viene proposta da Antica Enotria, annata 2012. Sarà l’influenza delle vicine saline, ma già dalle percezioni olfattive il vino è caratterizzato da un nota di salinità e mineralità davvero originale ed inusuale, che accompagna successive note di pietra focaia e un leggero erbaceo.
Il sorso è  sapido, fresco ed avvolgente, molto scorrevole al palato. Il calore finale completa ed allunga nel tempo la persistenza. Vino dalla bella personalità e da buone prospettive di evoluzione. Volentieri da riprovare nel tempo.

Santa Caterina (Sarzana, Liguria)
Bella scoperta il Vermentino prodotto da questa cantina ligure. Giallo chiaro, pulito e brillante, un naso fresco, agrumato, con fiori di bergamotto e leggerissime note fumé. Bella sapidità freschezza e una finale, piacevole e leggera astringenza.
Ho provato anche una bella produzione di Albarola al 100%, e il Giuncàro 2012, uvaggio Sauvignon blanc 50%, Tocai 50%, con la particolarità che la fermentazione è fatta partire con un  pied de cuve  (mosto lievito) ottenuto da una piccola vendemmia anticipata.

Azienda L’Acino (San Marco Argentano, Calabria)
Assaggiato il Mantonicoz bianco, di uve Mantonico, nello specifico del clone Pinto da loro recuperato ed impiantato per un 1 ettaro vitato. Bello vivace il 2010,  ma ho trovato interessantissime le evoluzioni del 2008, tra fiori bianchi, miele e leggere note di camomilla.

Cantine Guttarolo (Gioia del Colle, Puglia)
Lamie delle Vigne
, Primitivo 2009. Lungo contatto con le bucce, poi circa 24 mesi di acciaio e 12 di bottiglia, nessun lievito selezionato, niente solforosa, non filtrato e chiarificato. Vino rosso cupo, al naso ha un gran bel frutto. In bocca i suoi 14/15 gradi alcolici si fanno sentire, il sorso è pieno, sapido, speziato con una leggera piccantezza. Chiude con buona freschezza.

Morella Vini (Manduria, Puglia)
Si spazia tra le varie produzioni in cui il comune denominatore è una grande pulizia ed un alto livello di piacevolezza generale. Ho degustato un po’ tutta la gamma, per poi dedicarmi con attenzione al loro Old Vines, Primitivo in purezza ottenuto da alberelli di circa 80 anni.
Pressato sofficemente con temperatura controllata a 28°, matura in barriques di rovere di Allier per 14 mesi, successivamente elevato in bottiglia per almeno altri 18 mesi.
Di un bel rosso che non lascia spazio a trasparenze, al naso esprime profumi del frutto e poi frutta rossa, prugna sciroppata, spezie. Il sorso è importante, di spessore e peso, bilancia una nota giustamente dolce della bacca con una bella freschezza. Tannini non invadenti. Insomma un gran bel bere con grandi prospettive evolutive future, grazie alle robuste spalle di questo vino.

 

Molti altri sono stati gli assaggi, tra le oltre 50 cantine presenti alla manifestazione, che hanno proposto belle e buone cose. Certo, non sono mancate neppure le piccole delusioni, non cocenti, ma capaci invece di stimolare la riflessione.

Il dubbio iniziale su quale approccio utilizzare per degustare o avvicinarsi al naturale è poi sparito,  svanito assaggio dopo assaggio. La risposta alle domande l’hanno data i Vini Naturali stessi.

In questi vini, a differenza di possibili pregiudizi iniziali, non c’erano volatili eccessive, e quando c’erano erano leggerissime e si  armonizzavano nei bouquet dandomi maggiore soddisfazioni olfattive. Così come le macerazioni lunghe e le malolattiche dei bianchi,  che quasi sempre hanno aggiunto e mai levato piacere alla beva. Gli eccessi, e i difetti veri, restano tali e come tali affrontati.
Del Naturale mi lascia perplesso solo il nome, ma io, a differenza dell’onnipotente Robert Parker, non penso affatto che sia una truffa, anzi…
Probabilmente continuando per un’altra 15ina di anni su questa difficile strada, questo “movimento” saprà autonomamente perdere lungo il cammino chi invece della volatile eccessiva e delle puzzette ambigue ci convive per moda, piuttosto che per filosofia di vita e produzione. E i consumatori, il suolo, l’aria e gli insetti ringrazieranno.


Dai un'occhiata anche a:

Exit mobile version