di Enrico Malgi
La massima gratificazione per il mio lavoro, a parte quello che riguarda l’aspetto puramente professionale, è quando incontro persone capaci, cordiali e disponibili, con cui diventa molto facile relazionarmi. Uno dei personaggi che mi ha particolarmente colpito in senso positivo per la sua produzione vinicola e per la squisita gentilezza e disponibilità è stato Mario Mazzitelli, patròn dell’azienda Lunarossa Vini e Passione di Giffoni Valle Piana. Un uomo sempre impegnato che non si ferma mai ed è continuamente proiettato alla ricerca di nuove esperienze da vivere. Per questo viaggia spesso per tutta l’Italia ed anche all’estero per apprendere novità, conoscenze e tecniche di lavoro. In un raro momento di “riposo”, poche settimane fa ho fatto un viaggio con Mario alla scoperta delle realtà vitivinicole dei Monti Picentini e della Costiera Amalfitana, che lui conosce molto bene. L’occasione si è rivelata propizia per uno scambio di opinioni sulla sua frenetica iperattività.
Mario parlami un poco del tuo lavoro, delle tue esperienze e di come tutto è incominciato.
“Fin da ragazzo mi sono appassionato ed avvicinato all’affascinante mondo del vino. Poi, dopo aver conseguito il diploma di laurea in Scienze delle Tecnologie Alimentari a Portici, ho voluto approfondire l’argomento seguendo un master in viticoltura ed enologia a Milano con il prof Attilio Scienza e, quindi, mi sono messo ancora in cammino per maturare quante più esperienze possibili. E questo mi ha portato a viaggiare molto in giro per il mondo per la mia fame di sapere, di scoprire sempre cose nuove e rubare quanti più segreti possibili. In modo particolare ho vissuto per qualche tempo in Argentina, Toscana e Friuli, le mie terre di elezione, presso alcune aziende titolate, dove ho passato giorni splendidi specialmente nel tempo della vendemmia”.
E quando sei tornato definitivamente a casa come ti sei organizzato?
“Premetto che non c’è stato un momento preciso di un ritorno definitivo, ma una graduale riflessione professionale, che mi ha portato ad interessare in prima persona della viticoltura in un luogo allora decisamente poco vocato e poco sfruttato: l’area dei Monti Picentini, subalterno ai territori limitrofi dell’Irpinia, del Cilento e della Costiera Amalfitana. La scintilla nasce dall’incontro con Fortunato Sebastiano, consulente all’epoca della Cantina Monte Pugliano”.
E cosa è successo poi?
“Da questa esperienza con Fortunato nascono vini costruiti sull’incrocio tra vitigni autoctoni ed internazionali. Nuove sperimentazioni in un areale atipico come i Colli di Salerno, che con Silvia Imparato soltanto da pochi anni stava muovendo i primi passi verso una viticoltura territoriale riconoscibile e d’elite. Poi ho avuto l’occasione di collaborare con Antonella Monaco dell’università di Portici, per la riscoperta, la sperimentazione e la microvinificazione di varietà prettamente locali ormai abbandonate, come la famosa uva Sanginella di Giovi.
So che nel 2008 ha preso il via il progetto UVA, mi vuoi dire cosa significa questo acronimo?
“Significa Unione Vignaioli Associali e oltre che richiamare l’etimologia specifica, è un progetto di viticoltura e cantina condivisa, che cerca di dare spazio ai piccoli vignaioli e a tutti gli enoappassionati, mantenendo viva la tradizione vitivinicola dei Monti Picentini attraverso il recupero di piccole vigne rimaste inutilizzate e poco valorizzate. Questo programma si rivolge a tutti i proprietari di piccoli vigneti che finalmente potranno realizzare il sogno di vedere imbottigliato il proprio vino con l’ausilio della tecnologia che una moderna cantina come la mia può mettere a loro disposizione. Inoltre, questo progetto dà la possibilità anche a tutti gli enoappassionati di seguire da vicino l’intera filiera del vino dalla vigna alla bottiglia, collaborando alle varie fasi produttive, come la potatura, la vendemmia, la vinificazione, la svinatura, l’affinamento, l’imbottigliamento e fino all’assaggio finale del vino. Essi, poi, potranno imparare a riconoscere le varietà dei vitigni e i trattamenti da usare direttamente sulla vite. Si tratta, quindi, di un’operazione propedeutica di grande valore sociale”.
Tra i vini che Lunarossa produce, ce n’è uno in particolare che ha attirato l’attenzione dei mass-media e degli addetti ai lavori: il Quartara. Ce ne vuoi parlare?
“Il Quartara è prodotto con solo uve Fiano e viene vinificato dopo una lunga macerazione sulle bucce. La peculiarità di questo vino risiede nel fatto che la fermentazione avviene all’interno di otri di terracotta, chiamate appunto quartare, interrate nella bottaia della cantina. Si vuole approfittare così del naturale controllo della temperatura e della vicinanza con le forze naturali che d’inverno sembrano ricoverarsi nel sottosuolo. E’ la necessità di provare una vinificazione in un contenitore “vivo” alternativo al legno e all’acciaio. Le quartare vengono riempite con l’uva appena diraspata e, dopo tre cicli di riempimento, una parte del vino nuovo viene lasciato a riposare con le sue bucce e le fecce nobili dai 60 ai 90 giorni e poi passato in legno per elevare ancora di più la sua complessità e la sua struttura, prima di essere imbottigliato. Alla fine ne esce un vino straordinario, che ha sempre ricevuto il consenso degli esperti e dei consumatori”.
Fino a qui l’amichevole chiacchierata con Mario Mazzitelli, determinato e dalle notevoli risorse umane, che sicuramente sta incidendo molto sulle sorti vitivinicole di questo comprensorio.
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