Inizio a considerarmi un aficionado di Parigi a dicembre: tutta colpa di Bernardo Conticelli, Project Manager Italie ovvero il responsabile della selezione vini italiani del Grand Tasting di Bettane + Desseauve, la degustazione organizzata, ogni anno a dicembre, dai più importanti critici enologici francesi nel pieno centro della città di Parigi, al Carrousel du Louvre.
Bernardo l’ho conosciuto qualche anno fa a Firenze, grazie ad amici comuni: vado scoprendo le sue ramifcazioni internazionali, lo introduco al presidente di Wine Town e ne nascono interessanti approfondimenti enoici nel contesto della manifestazione fiorentina.
Durante la serata inaugurale di wine town 2012 introduco Bernardo al Direttore del Consorzio della mozzarella di bufala DOP, Antonio Lucisano, e, a distanza di qualche mese, germina una splendida serata degustativa da Septime: Bertrand Grebaut, astro fulgido della bistronomie parisienne fa in tempo anche ad entrare nella top 50 of the world ed io scopro, con stupore, di esser diventato Ambasciatore nel mondo della mozzarella di bufala campana DOP.
Insomma, per farla breve, per colpa di Bernardo si finisce per andare a Parigi, con la scusa del Grand Tasting, tutti gli anni: chi ci va ne resta ammaliato (sarà anche un pò il fascino della Ville Lumiere?) e poi ci ritorna con piacere (o non fa altro che parlare di come ci sarebbe voluto andare, ma stavolta non ce la faccio, ma l’anno prossimo non mancherò).
Parigi è Parigi, il che significa che se cerchi – con UN MESE di anticipo – di prenotare pranzo (neanche la cena, eh !) in un tristellato, ti senti rispondere che hanno chiuso, fino a fine dicembre, anche la lista d’attesa . . . . Quindi, ad evitare di finire in un ristorante qualsiasi (di fame non si muore, ehh!) bisogna programmar la parte gastronomica con un certo anticipo !
Septime: prenotato, per il rotto della cuffia!
Lièvre à la royale: prenotata, con discreta faciltà!
Un paio di assaggi di pasticceria, TOP level, li voglio fare: lì si va più tranquilli, basta solo pazientare un pò in caso di fila!
Di Septime dico poco: i suoi piatti sono atipici (per un bistrot, alla cui estetica, più che quella del ristorante stellato, si ispira il locale), di tecnica raffinata (le Coquilles Saint-Jacques erano perfette, peraltro accompagnate da un cavolfiore grigliato, con cui si abbinava eccellentemente: lo dico da NON amante del cavolfiore), il menù non sarà mai lo stesso, a meno che non ci ritorniate nel giro di pochi giorni ! Giusto un pò di info, per non perderselo e per calibrare la propria visita: prenotazioni SOLO via telefono (no mail, no internet), quindi meglio esser in grado di parlare un buon francese; aperto a pranzo e cena, chiuso – come tanti ristoranti di prestigio – il sabato e la domenica; a pranzo è anche disponibile un menù, da tre portate, da 28 euro; menù completo (5 portate) da 55 euro a pranzo e 58 euro la sera, a cena (di sera no menù economico). Non si ordina alla carta, solo menù fisso!
Lo consiglio: il locale è bello, luminoso, cucina a vista e non ci si svena, i vini sono ben curati dal sommelier (e socio dello chef) Theo
Veniamo alla nota dolente, la lièvre à la royale: l’avevo già gustata, anni fa, in un ristorante stellato, grazie all’intercessione di un amico che vive a Parigi e che aveva convinto lo chef a prepararla, espressamente. Volevo riprovarla e s’è deciso di testare Paul Bert, che Luciano aveva già recensito tempo addietro. Arrivati, molto curiosi (sia gli altri, sia io) di provarla ci comunicano che la lievre non c’è più, è finita . . . .
Ripieghiamo su altre pietanze e segnalo, specificamente, una golosa andouillette, un ottimo cinghialino di latte nonchè il cervo, come pietanza principale: tutti e tre ottimamente eseguiti, nel segno di un’interpretazione tradizionale, ben distante dalla cucina, molto più light, sperimentata il giorno prima a pranzo da Septime. I dolci non tradiscono, discreti anche se restava in memoria, indelebile, il Paris-Brest mangiato in mattinata da Genin. Direi un indirizzo da tener a mente, ove con 38 euro si mangiano tre portate, quantità più che corrette, esecuzione di livello (lo posso dire ? lo dico! il cervo ed il cinghialino di Paul Bert ci son piaciuti, a tutti, molto più del piatto carnoso di Septime).
Ma veniamo all’esperienza mistica: Jacques Genin, il miglior pasticciere di Francia (cit. Fabrizio Ferrara, ristoratore in quel di Parigi). Letto e studiato, mi son convinto che dovevo metterlo nel carnet delle esperienze gastronomiche da non perdere: decidiamo di far pranzo dolce, si va in via de Turenne, a breve distanza da place de la Republique, e ci sediamo immediatamente (niente fila grazie a Dio!).
Locale molto ampio – resto sopreso dai grandi tavoli e da come la disposizione interna sia più da ristorante stellato che da pasticceria / bistrot parigino – con vasta scelta di praline / marron glacè / gelèe / caramelle e . . . . NIENTE dolci in esposizione: qui ordini ed il dolce ti viene preparato, espressamente, su richiesta . . . . .
Inevitabilmente la scelta è limitata: solo quattro tipi di dolci monoporzioni (anzi sei chè la millefoglie è servita con tre diverse farciture).
Preparatevi a salivare: buona la tarte alle noci, con una croccantezza inaspettata e molto gradevole; stratosferico il Paris-Brest, sublimente leggera la farcitura, leggera e croccante la choux; una spiazzante, nella sua perfezione assoluta, tarte au citron et basilic (ancora stiamo ad interrogarci su come sia riuscito a lavorare quella julienne, finissima, di basilico). E, per chiudere, la millefeuille: per me la Nec Plus Ultra, mai mangiato niente di così definitivamente perfetto!
Da bere acqua, the, caffè; niente vini (che teoricamente ci starebbero anche bene, in pratica potrebbero esser una distrazione dall’assoluta eccellenza della pasticceria artigiana).
Da Genin il servizio è rilassato, molto tranquillo: nessuna delle giovani cameriere si è permessa di venirci a sollecitare per liberare il tavolo. Questa pasticceria / cioccolateria, a pochi passi dalla bella place de la Republique, è un posto da segnare in agenda per avere un benchmark di eccellenza assoluta della pasticceria artigiana (non ci sono altri Jacques Genin, in giro per Parigi contrariamente a quanto altri, più famosi, pasticceri fanno abitualmente: ho letto solo di un altro posto che vende i suoi prodotti).
Non paghi, abbiamo ceduto ad un’altra tentazione: andare a Parigi e non mangiar qualche macaron? Impossibile, avendo però cura di evitar prodotti di scarsa qualità (che, comunque, non costano poi molto meno di altri più blasonati!): quindi, rotta Pierre Hermè!
A dirla tutta inciampiamo, casualmente, in un Pierre Hermè a due passi da Place de Vosges (credo sia una recente apertura) mentre vagabondiamo nel Marais in attesa dell’orario di cena: decidiamo di far aperitivo goloso, con vari macaron tra cui ci colpisce quello al tartufo bianco e nocciole.
Ma è solo l’antipasto, chè poi si decide di far una seria degustazione, mettendo quindi a confronto il 2milafoglie di Pierre Hermè con l’esperienza mistica del millefeuille di Genin: rotta, quindi, verso rue Bonaparte ove, nonostante avessi studiato, inciampiamo nell’ennesima boutique (quindi, non ci si può sedere, prendere un caffè o un the e degustare, con calma, la pasticceria) per cui scegliamo dalla vetrina e portiamo a casa.
Molto interessante l’infinitement vainille che stupisce per il suo perfetto equilibrio e la delicatezza; infinitement citron meno interessante della tarte limonosa di Genin; un altra dose di macaron monogusto: mai più senza il tartufo e nocciola!
Il 2milafoglie ci piace, ma il ricordo del capolavoro di Genin è ancora vivo e la giuria è unanime nel decretarne la superiorità (con tutti i se e tutti i ma di un millefoglie già pronto – Hermè – VS uno preparato su richiesta – Genin, appunto!).
In definitiva nessun rimpianto per il passaggio, comodo in primis – perchè a brevissima distanza dal Louvre – e tradizionale, da Angelina: con questi due campioni, Genin ed Hermè, non c’è proprio da aver rimorsi!
In conclusione: tenete d’occhio il sito ufficiale del Grand Tasting per organizzarvi la fuga parisienne di dicembre (o, se credete, una scappata a Londra o ad HK, oramai s’espandono) chè ne val la pena !
Suggerisco, vivamente, di far una capatina al mercato della Bastille, di domenica mattina: dribblando banchi di frutta e verdura piuttosto ordinari, potrete invece incappare in un valido produttore di foie gras, banchi di formaggio da perder la testa, ostriche / granchi / astici da svenimento . . .
Visto che siamo a dar consigli e che di non solo mangiare ci si deve saziare, a Parigi: non fatevi scappar l’atelier Brancusi (è gratis, tra l’altro) e, se avete la fortuna di andarci a breve, non perdetevi la mostra di Brassaï all’Hotel de la Ville (è gratis!).
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