di Carmen Autuori
Il momento clou di ogni matrimonio è sicuramente il taglio della torta. Un gesto fortemente simbolico che sancisce l’inizio della vita coniugale. Il tagliare insieme la prima fetta è un atto di condivisione che simboleggia il sostegno reciproco, non a caso è lo sposo che regge il coltello, mentre la sposa posa la mano su quella del marito. Peccato che da quasi un trentennio a questa parte il gesto è solo finto, come finta è la stessa torta nuziale anche se riccamente decorata con (discutibile) pasta di zucchero, fiori, frutta e chi più ne ha più ne metta, tutto a discapito della sostenibilità oltre che del buon gusto. Sfido chiunque, anche i più golosi, a mangiare anche un solo pezzo della stucchevole pasta di zucchero, spesso piena di coloranti di dubbia provenienza, che inevitabilmente finisce nella spazzatura insieme alle basi di cartone o, peggio, di polistirolo.
Eppure, la torta nuziale rappresenta un mondo di storia, di tradizioni e di simbologia di cui è necessario tenere conto se non si vuole restare nei confini del banale che spesso sfocia nel cattivo gusto. Facciamo un passo indietro.
Le prime notizie che abbiamo risalgono all’antica Grecia quando, alla fine del banchetto nuziale, veniva offerto il plakuntes, un impasto di miele e farina la cui prima fetta veniva offerta alla sposa, accompagnata da un dattero augurio di fertilità.
Nel Satyricon invece si trova traccia di una sorta di torta a forma del dio itifallico Priapo che regge in grembo la frutta fresca.
È nel Medioevo che cominciano ad apparire le prime torte che si sviluppano in altezza a simboleggiare l’augurio agli sposi di una vita sempre in ascesa. Erano formate da piccoli pani o biscotti portati dagli invitati, in pratica una sorta di Croquenbouche ante litteram.
Nel Seicento la torta diventa monumentale, ricca di trionfi di zucchero che andavano a formare una vera e propria scenografia in linea con la necessità di stupire tipica del periodo barocco.
Solo in epoca vittoriana si diffonde la tradizione della torta bianca e super elaborata. La prima fu quella realizzata nel 1840 per la regina Vittoria e divenne subito una tendenza. È grazie a questo dolce che la ghiaccia bianca prese il nome di ‘ghiaccia reale’.
Il colore bianco stava a simboleggiare oltre che la purezza della sposa, anche lo status sociale della stessa dato l’alto costo dello zucchero raffinato, mentre la forma circolare esprimeva, come l’anello, il legame indissolubile tra i novelli sposi.
In Italia, fino agli anni Settanta, la torta nuziale ha mantenuto le sue caratteristiche simboliche, ossia forma circolare, colore bianco, struttura a piani, sempre in numero dispari come i confetti, prima di cedere alle mode, perlopiù d’importazione, che ne hanno snaturato le caratteristiche originarie.
Per fortuna nell’ultimo periodo stiamo assistendo ad un’inversione di tendenza, complice la maggiore attenzione all’ambiente, alle tradizioni del proprio territorio di appartenenza e pure al ritorno al cibo della memoria che è presente in ognuno di noi.
A tal proposito, un po’ di giorni fa, ho partecipato ad un raffinatissimo matrimonio il cui filo rosso è stato il Cilento con tutto il suo prezioso bagaglio di eccellenze dal cibo, alla musica, ai fiori di campo protagonisti del bouquet della sposa.
Spettacolare la torta nuziale anni Sessanta, presentata su una struttura di metallo originale dell’epoca e realizzata da quel gran genio di Pietro Macellaro, il pasticciere contadino, come ama definirsi.
<<Per la realizzazione di questa torta mi sono lasciato ispirare dalla nostra ‘pizza roce’, il dolce tipicamente cilentano a base di pan di Spagna, crema bianca e al cioccolato, con una bagna in genere a base di Strega oppure Vermouth e, in copertura, il ‘naspro’ (zucchero fondente) che, tra l’altro, sarà registrato a breve nell’elenco dei prodotti PAT della Regione Campania. Era questa la torta che, qui in Cilento, celebrava tutti i momenti più importanti della vita, dal battesimo al matrimonio.
Ho apportato delle piccole variazioni alla ricetta originale, ad esempio la bagna al mandarino che ben si armonizzava con i gusti della crema al cioccolato – ho usato un fondente peruviano al 70% dai sentori floreali e agrumati – e crema alla vaniglia bourbon. In un primo momento avevo pensato allo Strega che, sebbene evocasse ricordi antichi, andava a coprire il gusto del prezioso cioccolato. Per la copertura invece ho utilizzato un marzapane, sottilissimo, realizzato con mandorle di mia produzione che mi ha permesso di realizzare i decori un tantino più complessi di quelli che si usavano una volta.
In sostanza, secondo me, la torta nuziale deve rispettare le seguenti caratteristiche: deve essere buona, ricercata ma semplice nella presentazione, curata nella tecnica ma soprattutto deve suscitare emozione. Lo stupore lasciamolo ad altri>>.
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