Via Judica, 21-23. Vicolo Agnetta
Tel.091.8872991-320.1646036
www.acuncuma.com
Sapori veri e decisi, ricerca di combinazioni gourmet e prodotti molto ben selezionati. Nasce nel cuore di Palermo, a due passi dal Massimo, un punto di riferimento sicuro dopo la decisione dei fratelli Vincenzo e Salvatore Pinto (il primo in cucina e il secondo in sala) di rilevare questo spazio per molti anni conosciuto come Le Pitit.
Un posto dove ci siamo davvero scialati, di grande interesse gastronomico, che sicuramente farà parlare gli appassionati, da tempo in cerca di qualche buona novità sull’Isola.
La Cuncuma è un nome gergale per indicare la trattoria che sicuramente stava in zona. La scelta di abbandonare l’improbabile francesismo è anche una dichiarazione d’intenti molto precisa. Nel piatto c’è soprattutto la Sicilia, cone i suoi ortaggi, il suo mare, e soprattutto con l’uso diffuso e sapiente delle spezie perso in Italia e quasi dimenticato anche al Sud.
Il locale è fresco, semplice, easy. I prezzi sono assolutamente contenuti: difficilmente si possono superare i 40 euro: la gestione è familiare, appassionata e competente, Salvatore è infatti anche sommelier professionista.
Si comincia dai grissini e dal pane fatti in proprio. Il sesamo non manca mai a Palermo e ci riporta immediatamente in tanti paesi arabi, primo fra tutti la Siria.
Un po’ di pane e olio, quello siciliano di qualità è in grande spolvero in tutti i concorsi, è quel che ci vuole per iniziare a spizzicare.
Il Benevenuto è in puro stile Penisola Sorrentina: essenzialità di materia prima non contaminata.
Sicuramente particolari questi frutti di mare siciliani, chiamati Occhi di Bue per evidenti motivi. Sono semplicimente spettacolari: il loro nome italiano è abaloni, sono diffusi un po’ in tutto il mondo, difficili da pescare perché si attaccano alle rocce sotto i cinque metri di profondita. Costano un occhio della testa, umana.
Tutto divertente, ma l’esplosione siciliana esplode con la caponata di melanzane, con il miele utilizzato allo scopo di dare una punta di acidità, tanti i giochi di consistenza. La immagine in mezzo a una panella a mo’ di merenda.
Il secondo colpo, gol di centrocampo stile Bertini in Messico ’70, è questo primi piatto, assolutamente strutturato, ricco, con saperi e sapori di terra e di mare che si alternano in un gioco infinito di salato e dolce. Un piatto da rosso oppure da moscato secco ben strutturato.
Vincenzo ci porta anche il caprino, buono cremoso, siciliano in stile francese.
Divertente e goloso il macco di fave, rinforzato e giocato con le favette fresco e reso interessante con l’allungo amarognolo delle olive nere. Un piatto di pasta fresca fatta a mano molto buona, ma per questa impostazione va molto bene qualsiasi pasta: dal bucatini ai mezzanelli:-)
Nuovo colpo di reni con questa triglia a beccafico: come nel piatto dei ricci, anche in questo caso c’è tanta acidità rinfrescante garantita da un succo di arancia e olio.
Finale con il dolce spudorato, siamo in Sicilia: semifreddo di passito tanto per gradire.
A fianco al vino del grande Marco De Bartoli, il ritorno a un sapore goduto spesso da ragazzo: la granita di gelsi.
Insomma, Vincenzo gioca bene sulle acidità, sostanziate dalla grande materia prima siciliana. Un po’ di occhiolino alla tradizione, bellamente aggirata con buone mosse innovative. Si tratat di una cucina sostanzialmente essenziale, non barocca, in cui la costruzione del piatto non perde mai di vista il nocciolo costituito dall’ingrediente principale. Una cucina dunque semplificata, mai ampollosa, neanche eccessiva se non nella capacità espressiva del prodotto come nel caso degli gnocchetti ai ricci di mare.
Bella esperienza, da non perdere se siete in questa bellissima città.
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