Paolo Lavezzini apre al pubblico esterno il Palagio e presenta la sua cucina al mitico Four Seasons di Firenze. Cambio della guardia in uno degli alberghi più belli e confortevoli d’Italia con una nuova stagione che si apre dopo l’addio di Vito Mollica e la scomparsa del grande Patrizio Cipollini nell’aprile 2019, uno dei più grandi direttori di albergo degli ultimi anni.
Ma come si dice, tutti noi siamo necessari, nessuno è indispensabile. La vita scorre, l’importante per strutture come questa è trovare una soluzione rapida e immediata che costringa i clienti a guardare al futuro. Da Mosca arriva il nuovo direttore, Massimiliano Musto, napoletano che ha costruito la sua carriera principalmente all’estero. E sempre dall’estero è stato chiamato Paolo Lavezzini, un cuoco nel pieno della sua maturità espressiva con otto anni di cucinate all’Enoteca Pinchiorri in due fasi, una permanenza a Plaza Athenee di Ducasse quando ancora c’era Piege, tante esperienze dunque, l’ultima, prolungata, in Brasile.
Lavezzini ha così un compito arduo, non ultimo confermare la stella. Ma il gourmet è solo un aspetto della complessa macchina del Four Seasons ed è chiaro l’obiettivo della proprietà di affidarsi ad un executive di esperienza che già conosce bene Firenze, per non interrompere il rapporto che questa struttura è riuscito a creare con la città, in genere abbastanza chiusa nei suoi circoli, negli ultimi anni.
Dalla colazione in poi, serve una mano ferma d’esperienza che mette il cliente al primo posto, un cuoco che deve confermare più che dimostrare.
Il menu Gherardesca del Four Seasons a Firenze
E la conferma viene proprio dal menu Gherardesca che abbiamo provato con grande piacere (140 euro esclusi i vini) nella bellissima sala del Palagio. Paolo Lavezzini dimostra non solo di avere tecnica – questo a certi livelli è una conditio sine qua non – ma costruisce un menu poco ideologico e decisamente aggiornato, all’insegna della semplicità finale del piatto che deve essere leggibile a tutti. Gourmet e semplici appassionati.
C’è molta attenzione alla Toscana; non solo a quella terragna cui facilmente si pensa nei luoghi comuni. C’è infatti anche quella, non meno bella, del Mar Tirreno che ci regala una cernia con i funghi e uno splendido boccone di ricciola. Due presentazioni non scontate, buonissime, che esaltano il pescato fresco.
Con il risotto e gli agnolotti si concede due calci di rigore a porta vuota mentre con gli spaghetti sperimenta fino in fondo, coraggiosamente, i toni amari dei ricci. Da manuale i secondi di carne, placido l’atterraggio nel finale con un grande pre dessert di granita di carota al sale e un dolce non stucchevole.
Insomma, se queste sono le premesse, c’è solo da stare sicuri sul futuro della struttura.
Ecco i piatti e poi le conclusioni
CONCLUSIONI
La nuova vita del Palagio è aperta a tutti, come del resto la precedente. Il percorso vi darà belle soddisfazioni, la cantina è gestita sempre dal maghetto Walter Meccia che appartiene a quella generazione di sommelier colti e non ideologizzati sul naturale. I suoi abbinamenti al cibo sono stati perfetti. Venite se siete a Firenze e se siete forentini è il luogo per un ritrovarsi bello ed elgante in uno degli orgogli di una città che sta vivendo un vero e proprio rinascimento, non quello renziano per fortuna, ma gastronomico.
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