Di Carmen Autuori
La scarola – liscia o riccia – è tra le verdure invernali più versatili. Svariati sono i piatti, soprattutto campani, di cui è ingrediente principale: scarola e fagioli, scarola con la carne di maiale, scarola in brodo con le polpettine, pancotto, ma anche lessa e semplicemente condita con olio evo oppure cruda con le papaccelle (peperoni tondi sottaceto), in quanto il suo gusto piuttosto neutro si sposa bene con ingredienti dal gusto più deciso.
Ma dove, a mio avviso, dà il meglio di sé è nella pizza di scarola, una torta salata presente un po’ in tutte le regioni del Sud.
Storicamente parlando, la pizza di scarole si basava su un altro ingrediente le bietole o “jeta”. Arricchita da frutta secca e vin cotto, era considerata alla stregua di un dessert delle famiglie più povere, sebbene quelle borghesi non disdegnassero questa gustosa preparazione il cui involucro era costituito, però, dalla più raffinata pasta sfoglia o basta brisee.
Fino agli anni Cinquanta è stata relegata al pranzo – sarebbe meglio dire spuntino – delle vigilie di Natale e Capodanno, una sorta di spezza fame in attesa dei ricchi cenoni. Oggi, per fortuna, è del tutto sdoganata dal periodo prettamente natalizio.
Fermo restando gli ingredienti principali, scarola ripassata e pasta di pane, tante sono le variazioni regionali.
Nel napoletano il ripieno vede la presenza, oltre che della scarola, le olive, le alici, e i capperi, anche di pinoli e uvetta sultanina che nel Cilento viene sostituita dal vin cotto di mosto d’uva oppure di fichi.
Un discorso a parte merita la pizza di scarola ischitana. Originalissima nella modalità di cottura, cotta in padella anziché al forno, prevede al suo interno anche la presenza di noci, oltre agli altri ingredienti canonici. Inoltre, la consistenza dell’impasto per l’involucro esterno è molto più morbida proprio perché non va cotta al forno, ma direttamente sul fuoco.
In Puglia, invece, si chiama calzone e la pasta che raccoglie il ripieno non prevede la presenza di lievito, ma soltanto farina, acqua, olio evo e vino bianco: una specie di pasta matta.
Esiste poi la versione fritta: pasta di pane ripiena di scarola e fritta in abbondante olio, una goduria.
C’è poi quella messinese, che si chiama focaccia ed è uno dei più diffusi street food di tutta la provincia. Si tratta di una pasta sofficissima nel cui impasto c’è obbligatoriamente lo strutto, stesa in una teglia rettangolare su cui vanno adagiati – in un ordine predefinito – acciughe, tuma (formaggio di pecora siciliano), scarola e pomodorini tagliati a pezzi.
Maestro di questo lievitato è Francesco Arena, pluripremiato Mastro Fornaio. È sua la ricetta che segue.
Focaccia alla messinese
Di Francesco Arena
Ricetta raccolta da Carmen Autuori
Tempo di preparazione: 1 ora
Tempo di cottura: 19 minuti
Ingredienti per 12 persone
- Per la pasta
- 600 g di farina 00
- 400 g di semola rimacinata di grano duro
- 4 g di lievito di birra
- 30 g di strutto
- 10 g di zucchero (o malto)
- 20 g di sale
- 600 g di acqua
- Per la farcitura
- Acciughe salate
- 600 g di tuma ben asciutta
- 400 g di scarola
- Pomodoro
- Olio evo
- Origano
- Sale
- Pepe
Preparazione
Miscelare le due farine, aggiungere l’acqua, il lievito di birra o il lievito madre se preferito, lo strutto, lo zucchero e il sale.
Una volta che il tutto ha raggiunto una buona incordatura, lasciar riposare coperto 1 ora a temperatura ambiente, poi riporlo in frigorifero per 12 ore.
Una volta trascorso questo tempo, tirare fuori dal frigo, fare le pezzature e lavorarle fin quando la maglia glutinica non si rilassa. A questo punto stendere nelle teglie di ferro precedentemente oleata.
Per prima cosa aggiungere le acciughe dissalate tagliate a pezzetti.
Ricoprire con la tuma tagliata a pezzetti, proseguire con la scarola lavata e sgocciolata bene e terminare con i pomodorini.
Condire con sale, pepe e origano. Attenzione, è necessario rispettare questo ordine, altrimenti il gusto verrà stravolto.
Cuocere la focaccia in forno statico caldo a 180°C per circa 20 minuti. Una volta cotta, condire con un generoso olio extravergine di oliva a crudo.
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