Piatta o concava. L’ostrica si distingue innanzitutto così. Dalla forma, che ne segna anche la “macrocategoria” di appartenenza. Ostrea edulis la prima, cassostrea gigas la seconda.
Ma il vero “marchio di fabbrica” le deriva dal merroir, ossia dalle caratteristiche del suolo marino e del plancton. Un po’ come per il vino dove siamo da tempo abituati a parlare di terroir.
Un ruolo fondamentale per la qualità gioca l’affinamento: le ostriche, raccolte generalmente nel mese di settembre dopo un periodo di allevamento, vengono divise per grandezza e forma per essere poste “a ingrassare” in bacini poco profondi con acqua meno salata e più ricca di fitoplancton.
A seconda delle regioni, l’affinamento varia e di parecchio. Sempre, però, è finalizzato ad un miglioramento della carne e del gusto dell’ostrica, oltre che della sua conchiglia. E infatti uno dei parametri per distinguere la qualità dell’ostrica è l’indice di carne. In quelle con indice superiore a 12 (quindi con la carne costituente pari ad almeno il 12% del peso totale) le linee di crescita potranno scorgersi già guardando la conchiglia esterna, che evidenzierà pizzi molto caratteristici.
C’è dunque un mondo dietro questo mollusco bivalve già apprezzato ai tempi dei romani sulle sponde del lago Lucrino e del misterioso Averno e offerto alla corte dei Borbone in epoche successive nel parco Vanvitelliano del Fusaro.
Non è un caso che i fratelli Daniele e Simone Testa (imprenditori dell’alta ristorazione con il loro Punto Nave di Pozzuoli) e Alessio Cutino, manager della ristorazione, abbiano scelto di presentare proprio lì, nella Sala dell’Ostrichina, in un incontro condotto dalla giornalista Brunella Cimadomo, l’associazione che hanno fondato: l’AIOST (Associazione Italiana Ostricari).
«La prima in Italia», dicono Daniele Testa e Alessio Cutino, rispettivamente presidente e vice del gruppo. E hanno già firmato un protocollo d’intesa con l’Istituto Sperimentale Zooprofilattico del Mezzogiorno, diretto da Antonio Limone, proprio per avviare seri percorsi formativi per gli ostricari della ristorazione ossia per gli esperti che avranno il compito di selezionare in partenza le ostriche da proporre ai clienti dei locali e di illustrarne successivamente le proprietà servendole ai tavoli.
«L’ostrica deve essere ben chiusa, pesante, viva», dice il presidente Aiost, Daniele Testa, un vero appassionato del mollusco bivalve tanto da essersi recato per ben due volte in viaggi in Bretagna e Normandia per coglierne segreti, tecniche di affinamento e differenze di gusto.
Comincia così anche per i prodotti del mare, e i molluschi in particolare, un percorso per molti versi simile a quello che da anni sta caratterizzando l’agricoltura dove si è avvertita una spinta fortissima all’individuazione delle cultivar e, per estensione, della provenienza dei prodotti ortofrutticoli con la giusta sottolineatura delle caratteristiche.
Si arriverà a questo anche con le ostriche? Il percorso è cominciato. Punto Nave, del resto, ha aperto la strada proponendo ai clienti crudi con apposizione della provenienza più che la denominazione.
Un progetto che certamente porterà al territorio occupazione e lavoro, come hanno sottolineato i sindaci e che, di sicuro, riuscirà a rivelarsi “antifrode”: solo con una cultura dal basso e la consapevolezza del cliente si potrà evitare che ostriche con indice di carnosità bassa possano essere proposte come se fossero di primissima scelta.
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Ostriche, nasce la prima associazione ostricari in Italia: l’Aiost
I promotori Testa e Cutino: “formiamo la figura dell’ostricaro nella ristorazione”.
– Mercoledì 19 aprile alle ore 12 la presentazione
Riconoscere le ostriche, la loro diversa provenienza, in base al profumo, al sapore, all’indice di carne.
Adottare la giusta conservazione. Servirle alla corretta temperatura.
Sono queste, in sintesi, le caratteristiche che dovrà avere l’ostricaro ossia il professionista della degustazione dell’ostrica.
Un po’ come accade per il vino, anche per questo mollusco bivalve, sarà possibile ora ricevere una corretta formazione in modo da consentire al consumatore finale un consumo responsabile e consapevole.
E’ questo, in sintesi, l’obiettivo dell’AIOST, l’Associazione Italiana Ostricari nata su iniziativa di tre grandi cultori della materia: gli imprenditori del settore alta ristorazione Daniele e S
, CEO di attività ristorative.
L’associazione che sarà presentata agli addetti ai lavori mercoledì 19 aprile alle ore 12 nella sala Ostrichina della Casina Vanvitelliana di Bacoli (Real Sito del Fusaro), ha infatti lo scopo primario di qualificare la figura e la professione dell’ostricaro attraverso lo svolgimento di attività culturali e soprattutto garantendo la possibilità di una formazione specialistica attraverso la predisposizione di corsi capaci di trasferire ai discenti le competenze necessarie alla qualifica di ostricaro.
La formazione completa sarà articolata in un corso di tre livelli, visto l’incremento esponenziale negli ultimi anni del consumo di questo mollusco bivalve.
Quella figura naturalmente molto diversa da quella a cui la storia borbonica e del Regno ci aveva abituati dell’ostricaro “fisico” inteso come esperto del pesce e vicina invece a quella di esperto dei molteplici aspetti che riguardano l’ostricoltura.
Tema molto sentito è quello della sicurezza alimentare non a caso l’Aiost ha già firmato un protocollo d’intesa con l’Istituto Sperimentale Zooprofilattico del Mezzogiorno, guidato dal direttore generale Antonio Limone.
Alla presentazione di mercoledì 19 aprile (ore 12 – Sala dell’Ostrichina Lago Fusaro), moderata dalla giornalista Brunella Cimadomo, insieme al presidente e al vicepresidente dell’Aiost, Daniele Testa e Alessio Cutino, interverranno: Josi Della Ragione, sindaco di Bacoli Luigi Manzoni, sindaco di Pozzuoli, Antonio Limone, Direttore Generale Istituto Zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno, Antonio D’Amore, vicepresidente Fiaso, Federazione Italiana Aziende Sanitarie, Luigi Castellone, direttore del Dipartimento Prevenzione dell’Asl Napoli 2 Nord; Fabio Postiglione, presidente OP Campi Flegrei; l’imprenditore cultore dei Campi Flegrei, Ciro Laringe e tanti altri attori del territorio.
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