Si dice che la Francia sia il paese dei ristoranti mentre l’Italia quello delle osterie. Non è proprio più esattamente così, però è vero che in nostri «Tre Stelle Michelin» sono quasi tutti a gestione familiare o giù di lì.
Senza perderci troppo in chiacchiere, oggi possiamo dire grazie alle trattorie e alle osterie, un segmento ristorativo dove è in corso una rivoluzione di cui pochi si stanno accorgendo (è già avvenuto così per il vino e per i locali gourmet) perché è ancora molto profondo. Secondo una felice definizione di Peppe Bigazzi, la migliore che mi viene in mente, oggi al lavoro è la generazione degli «osti custodi», ossia dei trattori che non ripetono quello che hanno imparato dai genitori ma che studiano, girano, si collegano al meglio della produzione dell’agroalimentare di terra e di mare.
Per dirla in parole più semplici, prima nelle osterie e nelle trattorie si mangiava come a casa, adesso si trova quello che non c’è più a casa. Tutto questo è successo in poco meno di trent’anni.
Questo spiega perché tanti osti custodi hanno una età media superiore a quella dei giovani chef rampanti, magri e vogliosi di una parte a Masterchef o in una qualsivoglia trasmissione televisiva.
Vediamo qui di fare qualche segnalazione, rimandando comunque alla Guida Osterie di Slow Food, la pubblicazione più autorevole e collaudata in questo segmento ristorativo.
A Roma due nomi su tutti, Arcangelo Dandini (l’Arcangelo) e Claudio Gargioli (Armando al Pantheon), nei loro piatti la «romanità» erede della tradizione giudaica e pastorale, studiati e talvolta rielaborati, ma sempre facilmente leggibili.
A Napoli c’è l’imbarazzo della scelta, sono oltre 60 le antiche trattorie con più di mezzo secolo sulle spalle. Vi segnaliamo l’Osteria La Chitarra in una traversa di Mezzocannone e ’a Taverna do Re affianco al Mercadante. Nella zona dei grandi alberghi merita La casa di Ninetta.
Per gli osti custodi il lavoro è più facile in campagna, dove la reperibilità della materia prima è più semplice: i locali diventano luoghi identitari, ogni paese ne ha uno o più di uno.
A Pozzuoli un riferimento ormai storico è l’Abraxas di Nando Salemme mentre se viaggiate in Penisola Sorrentina una pausa defaticante dall’impegno gourmet è sicuramente Lo Stuzzichino a Sant’Agata dei Due Golfi della famiglia De Gregorio, memorabili i gamberetti di Crapolla e il pollo al forno.
Innumerevoli le taverne sul Vesuviano (Taverna Vesuviana a San Gennaro, La Bettola del Gusto a Pompei, I Curti a Sant’Anastasia, Nonna Rosa a Somma).
A Cetara, per tornare sul mare, imperdibili i magnifici quattro: Convento, San Pietro, Acquapazza e La Cianciola).
Oste custode, anche se stellato, è sicuramente Raffaele Vitale di Casa del Nonno 13 che ha rilanciato per primo il pomodoro San Marzano mentre era ormai quasi in estinzione in grandi piatti di recupero. A Paestum il riferimento è lo storico Nonna Sceppa, ad Agropoli Il Ceppo.
In Irpinia da Zi Pasqualina Valleverde ad Atripalda starete sempre bene con le zuppe di legumi e le carni , ma potete spingervi da Di Pietro a Melito (grande minestra maritata) o La Pignata a Ariano Irpino mentre a Benevento la tappa obbligatoria è Da Nunzia per il suo baccalà.
Nel Cilento imperdibili Cono a Rofrano, La Piazzetta a Valle dell’Angelo e La Chioccia d’oro a Vallo della Lucania.
A chi è diretto sul Gargano consigliamo la sosta a Foggia dove c’è Nicola Russo Al Primo Piano con piatti duri e puri della cucina terrazzana e pastorale mentre alle Antiche Sere di Nazario Biscotti si prova l’unica grande cucina di laguna italiana. Tanta Murgia alla Masseria Barbera a Minervino o all’Osteria del Grano e del Vino a Gravina.
In Basilicata a Matera è interessante la cucina del giovane Leonardo Lacatena all’Osteria dei Sassi dove non trovate cucina seduta per turisti. Un oste custode per nascita è il mitico Federico Valicenti a Luna Rossa di Terranova sul Pollino, non lontano, Da Peppe a Rotonda.
Scapolando in Calabria, Pietro Lecce a Camigliatello e da Sasà il pescatore a Cirò Marina.
Ecco, allora, dove puntare il muso della vostra auto per godere di piatti antichi senza tremare quando chiedete il conto.
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