Osteria Francescana a Modena
Via Stella 22
Chiuso domenica e lunedì
Ferie: prime due settimane di gennaio, in agosto e a Natale
Tel.059.223912
www.osteriafrancescana.it
Prezzo da 100 a 200 euro
Questo post esce in contemporanea agli amici di Passione Gourmet. Ringraziamo Alberto Cauzzi per le foto dei piatti.
Oggi se dovessi consigliare un posto a un gourmet straniero che ha una sola possibilità di scelta in Italia non avrei proprio dubbi nell’indicargli la Francescana. E non solo perché qui c’è la biblioteca nazionale dei prodotti e delle relazioni con le persone che fanno grande il nostro Paese, ma soprattutto per la maturità espressiva di Massimo Bottura, decisamente al culmine e in grado di riassumere gli ultimi vent’anni di alta gastronomia, senza lasciare mai le sue profonde radici emiliane. Il meglio dell’Italia da comunicare nel linguaggio che il mondo oggi parla.
La sintesi di questo pezzo è qui: abbiamo avuto la fortuna di venire qui nel 2001 con Licia Granello, Othmar Khielm, Michele Shah e Paolo Volterra quando aveva appena 13,50 sull’Espresso prima del grande balzo a 15 del 2003 e rimanemmo colpiti dall’energia della sala e dalla freschezza della cucina, ma non avevamo gli strumenti culturali per capire che ci trovavamo di fronte a qualcosa di completamente nuovo.
Da allora sono passati quasi quindici anni, ed è una prima lezione per i giovani cuochi che misurano il successo con i like e le condivisioni su Istragram: dovrebbero imparare ad aspettare e a usare tanto olio di gomito prima di protestare su Facebook per un 14,5 al posto di un 15 che pensano di meritare dopo aver fatto un po’ di scuola e girato in estate in qualche cucina:)
Lavoro duro, aggiornamenti, e soprattutto tanti viaggi richiedono tempo e una serietà di progetto che deve necessariamente coniugarsi ad una gestione attenta di se stessi e delle relazioni. Massimo Bottura e Beppe Palmieri, Dio e gli italiani abbiamo in gloria questa coppia per tutto il secolo, sono sempre disponibili con tutti ma anche attenti a non svilire l’immagine del proprio lavoro. E questo è il primo grande segreto che si risolve con grandi difficoltà, perché bisogna essere pop e low profile senza però poi farsi dominare dagli umori dei like e della massa.
C’è poi la capacità di costruire relazioni profonde non pro forma in Italia ma anche fuori dall’Italia, ed è questo il secondo aspetto decisivo per la costruzione di una cucina di successo.
E poi, e poi, e poi. C’è la cucina. Le scuole da Ducasse e Adrià, l’incredibile capacità di guardare alla materia, il trucco, come scrivee lo stesso Bottura nel suo libro, di guardare sempre la tradizione a dieci chilometri di distanza. Un po’ come si dovrebbe sempre fare anche con le persone che amiamo o di cui siamo infatuati per capirne i pregi e i difetti.
Capitiamo in uno di quei pranzi veri, difficili da replicare nella vita. una magica combinazione che vede me in tre ore e passa venire da Terronia unirmi a Guido Barendson, Alberto Cauzzi di Passione Gourmet e Andrea Grignaffini a Modena per trascorrere il tempo sospeso, una immersione totale nella gastronomia italiana con Massimo e Beppe strepitosi nel proporre il nuovo menu che è la sintesi della storia della Francescana e dell’Italia.
Bottura ha poi, dal mio punto di vista, una marcia in più: appartiene a quella categoria che non snobba il mezzo senza annullarsi. Un po’ come i grandi cantautori degli anni ’70 che hanno resistito alle lusinghe della tv concedendosi saltuarie apparizioni che ne hanno ingigantito la figura. O, ancora, come i grandi attori di teatro che negli anni ’60 interpretavano gli sceneggiati televisivi.
A proposito di televisione. Qui in Italia sul versante gastronomico siamo ancora nella fase in cui nel piccolo schermo finiscono i veri cuochi e non quelli prodotti per la tv. Proprio come, appunto, accadeva negli anni ’60 con i grandi interpreti del teatro catapultati nel bianco e nero. Non abbiamo molta fiducia nel mezzo televisivo, lo confessiamo, già qui e là appaiono cuochetti televisivi che mai hanno avuto un ristorante e non è difficile prevedere che si vada sempre più in questa direzione.
Cosa ci ha colpito di questo lungo pranzo? Sicuramente la sterminata conoscenza degli effetti dei prodotti e della materia al termine dei processi di cottura, le combinazioni, la voglia di divertimento come quello del tortello di zucca che vuole diventare cannolo, a volte forse un po’ troppo ripetuti ma tutto sommato godibili e autoironici. Oltre che efficaci come il risotto che diventa pizza, piatto portato alle scorsa edizione delle Strade della Mozzarella.
In particolare, non si cercano scorciatoie piacione o modaiole. Oggi che prevale il gusto verso la tendenza acida è facile trovare cuochi che in passato hanno campato sulla rotondità risolvere tutto salando e agrumando per conquistare consensi.
In questi piatti, invece, i mezzi giustificano il fine. E il fine è un messaggio di equilibrio a cui si arriva dopo un viaggio concettuale e palatale, tanto più intenso quanto più hai mangiato in giro per l’Italia e per il mondo.
Non sono certo mancati momenti di esaltazione, come nel caso del brodo concentrato.
La pizza di cui abbiamo parlato.
E l’Autunno a New York, la città della moglie di Massimo che tanto lo affascina e lo attrae oltre che arricchirlo ed aiutarlo nelle relazioni e nel porsi a dieci chilometri dal mondo gastronomico nazionale tropp ospesso impegnato in zuffe ideologiche abbastanza prive di senso compiuto.
Un altro elemento affascinante della Francescana è il completamento tra Massimo Bottura e Beppe Palmieri, Emilia e Lucania, Nord e Sud, che insieme hanno vissuto un’avventura straordinaria e che tanti gufi vorrebbero separati.
Perché in una cosa, almeno in una, Berlusconi ci aveva preso: il successo in Italia non è imitato, è invidiato e il nostro sistema è costruito per il catenaccio e non per il gioco all’olandese.
Il maiale è una metafora omerica, ci sono in tutto il mondo e cinque piatti diventano uno.
Di gran classe, classico e moderno, semplice e complesso, il piatto di carne che declina il finale è scuola Ducasse ripensata dopo l’ondata spagnola. Un piatto da mangiare con la pala: la pernice a la royale ove la testa di maiale sostituisce il foie gras e il caffe e le fave di cacao inseriscono il tono amaro che rende meno stancante il grande classico francese di cui siamo ghiotti.
Fare questo pranzo con i nostri amici è stato un arricchimento interiore incredibile, è uno spaccato dell’Italia che non si è arresa alla decadenza e alla burocrazia, una Italia fuori dai protocolli bocconiani che consistono in tre fasi.
Primo assicurarsi un grande stipendio perché più si è pagati più si potrà chiedere dopo.
Secondo impoverire le aziende eliminando persone, non importa quanto importanti e quanto memoria storica.
Terzo vendere il marchio, perché questo è alla fine ciò che resta, a una multinazionale.
Non è con il protocollo bocconiano che l’alta ristorazione e il sistema agroalimentare italiano è andato avanti nonostante la crisi, nonostante la burocrazia, ma con la forza della famiglia, l’impegno, l’investimento, lo studio, la ricerca e la specializzazione.
Non a caso le cucine sono uno dei pochi posti in Italia dove ancora le gerarchie non sono mera forma ma sostanza, in una perfetta coincidenza hegeliana tra etica ed estetica, etica e realtà, etica e progetto.
Il dolce ci avvisa che questa esperienza finisce, c’è sempre un treno che ad un certo punto bisogna prendere, e va così anche stavolta.
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CONCLUSIONI
Non puoi dire di aver mangiato in Italia se oggi non sei passato per l’Osteria Francescana. Massimo Bottura è in uno stato di grazia assoluto e perfetto, quello in cui creatività e tecnica continuano a nutrirsi con efficacia e nel rispetto reciproco. Sebbene Massimo e Beppe siano al culmine del successo, la tensione è ancora percepibile, non ci sono colpi stanchi e rilassatezza, anzi, dai nuovi orizzonti aperti da questi successi arrivano nuove suggestioni, una grande capacità di mettersi in discussione. Il vero numero uno è quello che continua a correre, soprattutto contro se stesso.
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