Osteria del Treno a Milano, il primo locale da provare in città

Osteria del Treno a Milano
Via San Gregorio, 46
Tel.02 6700479
www.osteriadeltreno.it
Aperto a pranzo e cena, sabato solo cena e domenica solo pranzo

Osteria del Treno

Stanco di servizi impersonali e di Qr Code che ti trasformano in un numero, decido di dedicare la mia pausa pranzo in un luogo storico di Milano dove da tempo volevo andare e che ho sempre rimandato per visitare poi locali che nel frattempo hanno magari chiuso o cambiato cuoco o fatto la fine delle botte a muro. Invece l’Osteria del Treno è qui dal 1989, sempre gestita dalla stessa famiglia in una sala un po’ vintage metà ‘900 dove è nata Slow Food a Milano, poi in una sala liberty ex teatro, ex cinema a luci rosse dove il Primo Maggio 1887, prima del Primo Maggio, nacque la Società di Mutuo Soccorso dei Ferrovieri, macchinisti e fuochisti. Sala rilevata da Angelo Bissolotti, fondatore della Osteria. La bella storia di questi locali la potete leggere in questa ricostruzione di Luigi Bolognini pubblicata nel 2011 su Repubblica.

Quando esco dopo aver mangiato un risotto giallo gratinato con fonduta Valdostana preceduto da un po’ di alici in salsa verde rifletto sulla ristorazione milanese e mi rendo conto che, a differenza di tutte le altre città italiane, Milano è tale perchè non è più Milano, è altro da se per usare una espressione dialettica: costruisce la sua identità su un collage di tradizioni culturali che vanno dalla pizza napoletana alla cucina yemenita di Bab al Yemen, il ristorante che racconta la principale porta di Sanaa alle spalle del Gallia e della Regione. Il suo non essere più Milano la fa diventare Milano. Sicchè è bellissimo entrare in queste trattorie dove non c’è ancora una parola di inglese, non esistono Qr code grazie al menu scritto, ma che, come hanno raccontato Maddalena Mazzeschi su Winesurf di Carlo Macchi e Doctor Wine di Daniele Cernilli, ha una stupenda proposta di vino, adeguata, culturale e curiosa, e soprattutto un’offerta di piatti tali da meritare almeno una settimana di assidua frequentazione serale. Qui ci sono clienti abituali, ci si saluta, i ragazzi sanno già cosa vogliono i clienti e dove vogliono sedersi. Questa è la cucina italiana. Frequentare questi posti è un po’ come fare i lavori per la metro a Napoli e a Roma, scavi e trovi una città. Così scavi sotto i wow, le aperture al design, i piatti da instagram, i titoloni prodotti dai pranzi stampa (scusate, volevo dire press lunch) e trovi le radici di questa città essenziale, protestante, laboriosa e inclusiva.
Nei link che ho inserito in questo articolo (si lo so che è contro le regole Ceo ma non me ne frega un cacchio), troverete una adeguata descrizione del menu e della storia portata avanti ormai dai ragazzi della terza generazione perché si tratta di articoli recenti scritti da grandi esperti di vino, ossia da gente che sa leggere e ben scrivere (magari fotografare per i social un po’ meno) perchè il vino è l’Università della critica gastronomica.
Io vi consiglio di venire, sta a 500 metri (metri non m puntato)  dalla Stazione Centrale: per mangiare ho impiegato 35 minuti e ho speso 27 euro.
A dimostrazione che la gastronomia è cultura prima che potere di spesa.
Confesso che ho goduto, il sapore del riso mi è rimasto tutto il pomeriggio, e già tornerei stasera per provare il resto. Fa niente, la prossima volta in mona la curiosità, preferisco le certezze.
A proposito di link, vi lascio però quello relativo alle trattorie di Milano e della Lombardia che ha sempre molto successo. Un motivo ci sarà…


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