di Antonio Di Spirito
La storia ci dice che l’azienda Vecchie Terre di Montefili ha natali illustri e secolari; già gli Etruschi mettevano a frutto la vocazione di quel territorio, in epoca Romana la famiglia Filippi diede a questo luogo il nome di Montefilippi, poi abbreviato in Montefili, e costruì su questa collina un castello in pietra. Tra passaggi di proprietà, guerre e distruzioni parziali, dopo l’anno 1000 il castello e le sue proprietà furono donati alla Badia a Passignano.
I terreni insistono nella “Conca d’oro” di Panzano, nel cuore del Chianti Classico, dove il suolo è ricco di sassi, galestro e calcare risultano particolarmente indicati alla produzione di vini dalla forte personalità; e nel 1975, quando iniziò un periodo di innovazione epocale, (in Italia e nel chiantigiano in particolare) e di grande valorizzazione per il sangiovese, la proprietà di queste terre fu acquisita dalla famiglia Acuti, e, come primo atto, impianta alcuni nuovi vigneti con il vitigno tipico, fra cui il vigneto “Anfiteatro”, e, in seguito, anche cabernet sauvignon.
Nel 2000 l’azienda preme l’acceleratore sulla conduzione biologica e, in accordo con altre aziende vicine, fondano il primo distretto biologico d’Italia sotto la supervisione dell’Associazione dei Produttori di vino di Panzano in Chianti.
Da un po’di tempo succede spesso in Italia che, in vista del fisiologico cambio generazionale, qualcuno si rende conte che è meglio passare la mano a qualcun altro più motivato a proseguire l’attività per cui l’azienda nacque. E fu così che nel 2015 tre investitori americani, Nicola Marzovilla, Frank Bynum e Tom Peck Jr., amici e profondi conoscitori del vino italiano, hanno acquistato l’azienda e l’hanno affidata alle cure di una giovane agronoma-enologa bresciana, ma confinata in quel di Benevento, in Falanghina-Land, per conto di Arcipelago Muratori, azienda nata e tuttora dedita alla produzione di Franciacorta; unica distrazione concessa, era la produzione di un vino passito con uve biancolella, forastera ed altre uve bianche prodotte ad Ischia.
E fu così che Serena Gusmeri, sposata da poco e con una gran voglia di riunirsi con il marito, poté cimentarsi, finalmente, anche con le uve rosse: addirittura con il sangiovesedel Chianti Classico. Il suo approccio è stato di tipo scolastico: prima lo studio dei terreni e, poi, quello delle uve e dei vini da produrre, vinificando ogni singola particella separata dalle altre.
La cantina si trova su una collina panoramica a circa 550 metri di altitudine; i vigneti sono disposti tutto intorno, fra i 350 ed i 600 metri di altitudine. Dodici ettari in totale, di cui uno e mezzo di cabernet sauvignon, il resto sangiovese, colorino, chardonnay e sauvignon blanc. La conduzione è biologica, anche se non certificata.
Riguardo alle difficoltà di genere incontrate, Serena ricorda: «Ho vissuto il mio essere donna con assoluta serenità e non come una battaglia da condurre con il coltello fra i denti. È chiaro che, in questo settore, bisogna faticare due volte di più degli uomini, ma bisogna viversela bene. A 21 anni andare a potare con un gruppo di uomini bresciani non è stato proprio una poesia, ma anche lì devi mantenere la tua identità, vivendola in maniera il più leggero possibile. Sono stata fortunata a trovare in azienda una grandeumanità. La squadra su cui posso contare ciecamente è multietnica e multi-culturale; ed anche molto motivata. Ora ho il dovere di permettere alle nuove generazioni di donne di potersi avvicinare a questo lavoro, di permettere a loro di venire a fare tirocini e di mettere a loro disposizione la mia esperienza».
In queste poche frasi si racchiude tutta la sua filosofia con la quale conduce quest’azienda.
I vini assaggiati.
Chianti Classico 2016
Le uve di solo sangiovese provengono dai vigneti più bassi, circa 5 ettari dai 350 metri insu, su terreni argillosi e limosi, impiantati circa 35 anni fa. La fermentazione si innesca spontaneamente ed avviene in acciaio, per maturare, poi, in botti da 30 hl per 15 mesi. Nel calice si presenta con un classico rubino intenso e luminoso e regala profumi di frutta rossa, viola, note minerali di calce e grafite ed una leggera nota di agrumi; il sorso è succoso, sapori fruttati e di arancia sanguinella; il tannino è ancora po’ polveroso, ma la freschezza e la speziatura annullano quell’effetto; molto saporito e persistente.
Gran Selezione 2016
Selezione di sangiovese proveniente da un vigneto di 3 ettari impiantato a fine anni ’80 del secolo scorso su terreno collinare ad un’altitudine media di 500 metri. Fermentazione spontanea in acciaio e maturazione di 22 mesi in botti da 20 hl. Frutta rossa carnosa, tanta mineralità, leggera nota verde all’olfattiva. Sorso saporito, minerale e con nette note d’arancia; il tannino è deciso e levigato, è molto fresco, scorrevole, speziato e persistente. Personalità decisa.
Vigna Vecchia Gran Selezione 2016
Cru di sangiovese da uno dei vigneti più vecchi dell’azienda di soli 5.000 mq su un terreno collinare composto di alberese, calcare e marne, posto ad un’altitudine di 500 metri ed impiantato nel 1981.
Il vino matura per 26 in botti di rovere da 10 hl. Al naso mostra una gran ricchezza di profumi: frutta rossa carnosa, ribes, viola, giaggiolo, rosa e note minerali; al palato l’impatto è decisamente tannico, ma levigato, ha grande freschezza, tanta frutta e mineralità; ha un passo spedito e sicuro e chiude con una leggera speziatura.
Anfiteatro 2017
Il primo vigneto impiantato nell’era moderna, nel 1975: sangiovese su terreno collinare a 500 metri d’altitudine, formato da galestro, arenaria e quarzo; dopo la fermentazione in acciaio, matura 28 mesi in botti da 10 hl.
Ciliegia, viola, giaggiolo e tanta mineralità compongono lo spettro olfattivo. Corrispondenza olfattiva-gustativa impressionante: fruttacroccante, note agrumate, mineralità, freschezza e tannini setosi; la beva ha grande piacevolezza e la speziatura chiude un sorso molto persistente.
Bruno Di Rocca 2016
Anche questo vigneto di cabernet sauvignon, poco più di un ettaro di un terreno collinare, poco più di 500 metri d’altitudine, formato di galestro e siltite, è stato impiantato nei primi anni del 1980. Dopo la fermentazione in acciaio, matura per 28 mesi una metà in botte da 10 hl
e l’altra metà in barrique. In fase di assemblaggio, proprio a marcare il territorio, al
cabernet viene aggiunto un 20% di sangiovese. Il colore è più carico dei precedenti ed al naso è molto fragrante; si apprezzano profumi di ciliegie, viola, giaggiolo, una leggera nota erbe officinali. Al palato è saporito, fresco e
sapido; il tannino è potente e levigato. Chiusura lunga, decisa e speziata.
Scheda del 14 marzo 2024
di Marina Betto
L’azienda Vecchie Terre di Montefili si trova a Panzano in Chianti nel cuore quindi di questa denominazione, su una collina dove i vigneti, 12,5 ettari totali, si spingono fino ai 540m di altitudine su un terreno di galestro e alberese. Il vitigno che caratterizza queste vigne è quasi inutile dirlo il Sangiovese e una piccola parte di Cabernet Sauvignon reimpiantati tra il 1975 e il 1990 mentre è nel 2015 che Montefili viene acquistata da tre amici: Nicola Marzovilla affermato ristoratore, Frank Bynum collezionista di vini italiani e Tom Peck Jr. che danno inizio a questa realtà produttiva in chiave moderna.
Chiamano a sé l’enologa bergamasca Serena Gusmeri che però lavora da anni in Campania tra filari di Fiano, Greco e Falanghina, che amante dei vini bianchi riporta in pratica il modo di vinificare queste uve nell’approccio anche dei rossi con vinificazioni a basso intervento per ottenere vini Sangiovese e Chianti Classico unici, frutto niente altro che del territorio. “Capire le attitudini di ogni vigna che compone l’azienda Terre di Montefili è stato il primo pensiero” racconta Serena Gusmeri, da qui escono Chianti Classico DOCG, Toscana IGT e vini “Super Tuscan”, i vigneti per la maggior parte si trovano nell’UGA di Panzano mentre solo una vigna acquistata di recente, che è anche la più alta si trova nell’UGA di Montefioralle. Età ed esposizione oltre alla diversa composizione del terreno di ogni vigna fanno la differenza ma c’è una cosa che le accomuna tutte la biodiversità.
Terre di Montefili si trova nel primo biodistretto d’Italia e pratica una viticoltura biologica non certificata. La salute delle piante viene migliorata favorendo anche un florido ecosistema, non usando insetticidi ed usando solo prodotti biologici e naturali, curando le viti a mano per non compattare il terreno cercando insomma di restituire a questo posto più di quello che si prende da esso, un approccio che si può definire olistico e sostenibile alla viticoltura.
La ricetta, il modello di vinificazione per i vini prodotti è sostanzialmente uguale per tutti, fatto di fermentazioni spontanee in acciaio con contatto con le bucce, pressatura soffice, malolattica svolta. Cambiano per i vari vini solo i legni, botte da 30 ettolitri per il Chianti Classico, botte da 20 ettolitri per la Gran Selezione, da 10 ettolitri per gli altri. Il soggetto della degustazione è l’annata 2016 giudicata fine ed elegante, attraverso 5 vini: Chianti Classico 2016 DOCG, Gran Selezione Chianti Classico 2016 DOCG, Chianti Classico “Vigna Vecchia” Gran Selezione 2016 DOCG, Anfiteatro2016 IGT Toscana e Bruno di Rocca IGT Toscana 2016 che mettono in luce una grande unica caratteristica la freschezza agrumata dei vini di Montefili, per i quali il tempo è un grande alleato.
Se il Chianti Classico DOCG 2016 è un vino teso e dritto scarico di alcool, il Chianti Classico Gran Selezione risulta più complesso sempre con una spina molto fresca e acida mentre il Vigna Vecchia gran Selezione presenta un’integrazione perfetta ed è ancora un sorso vivo e brillante.
Anfiteatro frutto di vigne del 1975 è tannico e strutturato e riassume in sé quello che è il racconto, la storia di questa azienda. Infine Bruno di Rocca unico outsider costituito da Cabernet Sauvignon e 20% Sangiovese, mette in mostra sempre questa spalla acida che fa risaltare note mentolate e balsamiche piacevolissime, sorso intenso e vibrante che si trova ora nel suo momento di consumo ideale.
www.montefiliwines.com
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