Ci vorranno anni per restaurare l’immagine di Caserta nonostante le analisi sui prodotti sono più che tranquillizzanti: le coltivazioni, anche a poca distanza dai terreni dove sono stati riversati rifiuti speciali, non hanno alcun valore alterato. Tutti i parametri di rischio sono ben al di sotto di ogni ragionevole dubbio. Questo non significa voler nascondere il problema, ma affrontare le cose per quello che sono, con tutta l’energia possibile e senza allarmismi.
Purtroppo nel mondo globale la buona fama corre come la cattiva, i messaggi sono semplificati. E questa necessità sta rendendo la nostra società non liquida, ma gassosa, in cui chi vuole approfondire le cose passa per un inutile perditempo.
Invece è proprio nell’investimento del tempo, nella pazienda degli agricoltori e degli artigiani del gusto che può essere costruito il nostro futuro. Come fanno queste donne brave, ricche di coraggio, determinate, in un provincia difficile, dove nulla è come appare. Il bene e il male si confrontano in una zona grigia indefinita nella quale si naviga solo con gli occhiali della esperienza.
Ecco chi sono
Liliana Lombardi, Le Campestre e il conciato Romano
Tutti ormai conoscono il figlio Manuel, ma tutto parte da lei, Liliana. Che decide di aprire l’agriturismo a castel di Sasso e riscopre queste antico formaggio sostenendolo con l’aiuto di Vito Puglia e Luigi Veronelli. La vita la costringe alla prova più terribile per un genitore, la perdita del figlio Fabio, ma il testimone passa appunto a Manuel e alla moglie che riprogettano la loro vita. Un territorio pulito, intenso, onirico, bucolico, lontano oltre 40 chilometri dall’epicentro del disatro ecologico.
Quanti ristoranti sono stati aperti e chiusi negli ultimi 15 anni, davvero difficile per una Guida investire su qualcuno in questo territorio: ma in questo panorama liquido una sola granitica certezza, Rosanna Marziale, i suoi viaggi in Spagna, la sua capacità di capire per prima il potenziale gastronomico della mozzarella, le sue ricerche sull’argomento, la sua piena disponibilità verso
Manuela Piancastelli con il Casavecchia e il Pallagrello
Giornalista del Mattino, appassionata sommelier, da responsabile della cronaca di Caserta inizia a seguire le vicende della viticoltura della provincia incorciando così in un solo colpo pallagrello, casavecchia e l’avvocato Peppe Mancini. Ce ne è abbastanza per scegliere di cambiare vita, lasciare il giornale ediventando produttrice di vino dopo averne scritto facendo il salto dall’altra parte della barricata. Inizia così la storia d’amore con le uve e con Peppe che culmina nel matrimonio. Non sono mancati i momenti difficili, come la rottura nella Vestini Campagnano, ma alla fine oggi c’è un’azienda gioiello seguita dal primo momento da Luigi Moio.
Paola, da sempre impegnata nel settore, nel 2003decide di impegnarsi nella bella proprietà di famiglia comprata dal padre Eugenio nel 1986, a un tiro di schioppo da Manuela, puntando sostanzialmente sugli stessi vitigni autoctoni interpretati da Maurizio De Simone. Piccolo è bello, etichette di carattere, diecimila bottiglia da poco più di due ettari coltivati come un giardino.
Maria Felicia Brini e il Falerno
La terza azienda creata nell’area del Falerno, a Sessa Aurunca, ricca di reperti archeologici da sballo. Nasce piccola e resta piccola, senza scossoni particolari, centrando in quest’ultimo anno l’autosufficienza energetica mentre la vigne è in conversione biologica. Appena cinque ettari, scarse trentamila bottiglie in collaborazione con l’enologo Vincenzo Mercurio. Un piccolo gioiellino da incorniciare.
Maria Ida Avallone e il Falerno
Maria Ida Avallone conduce questa azienda comprata dal padre Francesco Paolo negli anni ’60 quasi ai confini con il Lazio. Grazie al suo impegno il Falenro ha trovato una nuova vita. Impegnata anche sul piano associativo, oggi è presidente delle Donne del Vino in Campania. Villa Matilde è una delle aziende leader non solo del Casertano ma di tutto il Sud, con vini eleganti e di grande stoffa, destinati sempre all’invecchiamento benefico.
Imma Migliaccio e il ritorno all’agricoltura
Laurea in Giurisprudenza, poi la decisione drastica di seguire l’istinto dedicando alla produzione dei campi e riscoprendo anche ortaggi dimentica se non disprezzati in passato, com il cavolo rapa con cui Franco Pepe ha fatto una gran bella pizza alle Strade della Mozzarella, veramente un segnale di ritorno alla terra e di un capovolgimento dei valori. Imma è il simbolo di una Italia che si è rotta i coglioni di vacuità televisive e cerca l’essenziale che si è perso a partire dagli anni ’60.
Antonietta Melillo e la cipolla di Alife
Antonietta è una delle produttrici della rinomata Cipolla di Alife, impegnata con Slow Food, sostiene l’agricoltura ecocompatibile con determinazione promuovendo i prodotti del territorio. Esempio di una produttrice colta, consapevole, capce di dare valore anche a questo tubero fondamentale per la cucina napoletana, italiana ed europea.
Questo post è un omaggio al coraggio e alla determinazione di queste donne che con il loro esempio quotidiano regalano a noi tutti la certezza di un futuro. Come il pomeriggio che ho avuto la fortuna di passere ieri con Slow Food, al Dolce e Salato di Peppe Daddio e da Felicia. Training autogeno puro.
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