di Leo Ciomei
“The times they’re a-changin‘“ cantava Bob Dylan quasi 50 anni fa e l’argomento che trattava, non me ne vogliano i gastromaniaci all’ascolto, era più serio delle nostre dissertazioni culinarie…
Ma che i tempi stanno cambiando anche per la nostra passione è ormai un dato di fatto. Tutti i maggiori blog, i quotidiani e settimanali cartacei oltre alle trasmissioni tv non fanno altro che magnificare le tavole low-cost, la riscoperta delle trattorie e del mangiare semplice a km. 0 e soprattutto lodare chi riesce a far buona cucina entro costi accettabili e fruibili dal famigerato ceto medio, tartassato dalla crisi.
L’appassionato che scrive queste poche righe, d’accordo con il fin troppo citato Nanni Moretti in Caro Diario (la minoranza, ecc..), non è per niente in linea con questa concezione della gastronomia.
Se togliamo la grande cucina dalle nostre chiacchiere è come eliminare per noi maschietti la Ferrari o la Jaguar dai nostri sogni automobilistici o le Jimmy Choo o la Kelly di Hermes per quelli femminili !
Tanto più che risparmiando qualcosa qua e là, a differenza delle supercar, riusciamo a farcela una cena una volta tanto…
Il trend è però quello per cui non mi stupisce più di tanto leggere sulla cronaca locale toscana la notizia del definitivo cambio di rotta per un ristorante che è stato forse il più importante e rappresentativo locale per l’alta gastronomia italiana del secolo passato: il Gambero Rosso a San Vincenzo (LI).
E’ notizia di questi giorni infatti l’ennesima riapertura, con un nuovo nome però, del tempio-laboratorio del grande Fulvio Pierangelini, ormai migrato verso più remunerative consulenze per il gruppo Forte Hotel.
Il nuovo locale, chiamato La bella Bertolda (omaggio artistico ad una modella dei pittori impressionisti, mi dicono), sarà però una trattoria “casereccia” senza voli pindarici e a prezzi popolari. Il passaggio di mano è avvenuto fra Pierangelini e un suo caro amico del posto, il pittore Giampaolo Talani, che lascerà però la gestione del ristorante al figlio Martino e alla stretta collaboratrice Laura Farina che, memore delle sue passate esperienze ristorative alla Cervetta di Modena, ha pure dalla sua un cognome cuciniero che ispira pane e pasta !
Cosa ci aspettiamo da questa apertura ? Poco, purtroppo; un altro grande locale che lascia il posto a una trattoria. A meno che le mura del fu Gambero siano rimaste intrise di quella sapienza che ha inventato piatti indimenticabili (che non sto a ripetere per l’ennesima volta) e che fece sì che un giovane timido estimatore nei lontani anni “80 alla sua prima visita ripulisse alacremente col cucchiaio la scodella della mitica passatina di ceci (ai tempi ne veniva servita un bel piatto).
Le speranze di rivedere Pierangelini in una cucina sua sono perse per sempre?
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