di Laura Guerra
“Gesù, gli arancini di Adelina! Li aveva assaggiati solo una volta: un ricordo che sicuramente gli era trasùto nel dna, nel patrimonio genetico. Adelina ci metteva due jornate sane sane a pripararli. Ne sapeva, a memoria, la ricetta. Il giorno avanti si fa un aggrassato di vitellone e di maiale in parti uguali che deve còciri a foco lentissimo per ore e ore con… ” La scrittura ritmata in siciliano di Vigàta sgorga dalla penna di Andrea Camilleri e dà forma alle pagine de “Gli arancini di Montalbano” uno dei titoli che narrano le gesta del suo celebre poliziotto ed evoca uno dei piatti siciliani più conosciuti ed identitari dell’isola. Una preparazione, molto amata dal suo famoso Montalbano. che, con una parola fantastica lo scrittore definisce “lungariusa” e per assonanza evoca tempo lungo e laborioso.
Un personaggio quello di Salvo Montalbano, intimamente siciliano e dotato di un robusto “pititto” che placa piacevolmente a tavola onorando i piatti isolani. Fra un inseguimento di colpevoli e la risoluzione di un caso di omicidio e l’altro, in attesa della sua nordica fidanzata Livia, il personaggio che in tivù ha il volto di Luca Zingaretti, a seconda della trama, si consola, si rifocilla, si rilassa a tavola aiutato da due volti familiari: Adelina, la governante e Calogero il proprietario della sua trattoria abituale. E, sullo sfondo delle marine siciliane si materializza, sontuosa, condita e barocca la cucina siciliana in un susseguirsi di menu che vanno dall’antipasto al dolce passando per vini e bevande come il Corvo Bianco de “La Gita a Tindari, la Bevanda di mandorla e anice sorseggiata nel “Birraio di Preston”, o il liquore al mandarino servito ne “La Pazienza del Ragno”.
Fra i primi piatti trionfa la “Pasta ‘ncasciata” un timballo di maccheroni al forno farciti con melanzane fritte, ragù di carne e caciocavallo che il commissario mangia ne “Il cane di Terracotta”, “Un mese con Montalbano”, “La Paura di Montalbano”, “Il giro di boa”. Ma non manca però il sapore del mare con la pasta secca condita con un sugo di nero di seppie che ama stretto e nero, o con le sarde.
I secondi prevedono sia la carne di agnello, capretto sia quella di maiale ma anche tanto pesce di mare e di scoglio – soprattutto triglie preparate in mille modi e polpi.
Particolarissimi gli attuppateddri al sugo – lumache di terra cucinate e consumate come una leccornia contadina d’altri tempi nel “Il cane di Terracotta”.
Le pause che inframmezzano il lavoro o i fine pasto prevedono una serie di granite ai gusti vari: al limone, al caffè accompagnato con la brioscia, al gelsomino, ma anche gelati alla crema di campagna, alla cassata, o come ne “La Gita a Tindari” dessert freddo che può essere duro, a pezzo, di nocciola con panna. E questi non sono che gli esempi più famosi ed iconici perché le storie di Montalbano sono un susseguirsi di cibo e bevande che tengono in un rapporto strettissimo il piacere della buona tavola e quello della buona lettura.
Le pagine di Camilleri, sono ricchissime di profumi, aromi, sapori, atmosfere e segreti della tavola siciliana in un continuo omaggio alla tradizione della cucina isolana influenzata da tre mari e da tutte le culture mediterranee – greca, araba, spagnola, che l’hanno arricchita di colori, sapienze e sapori.