di Ciro Cenatiempo*
I muri a secco, le «parracine», proteggono ancora vigneti, cantine e case: il tutto ricavato dal tufo verde locale, pietra malleabile e con qualità cromatiche che sembrano create per sposare il verde di una natura generosa. «Pietre, solo pietre cui il genio contadino ha saputo conferire una dignità tale da costruire un immenso museo all’aperto». Era questa la sfida di Corrado D’Ambra, l’architetto-vignaiolo di Ischia che ai segni culturali del territorio, a vigneti e a vino ha dedicato la vita.
Presidente del Movimento del Turismo del vino in Campania, fautore dei distretti enoturistici del Sud, Corrado D’Ambra si è spento la scorsa notte nella sua casa che domina il porto antico di Ischia, a 57 anni. Era convinto che le sue idee avrebbero superato i limiti dell’esistenza perché i figli, Michele, Rita, Angelo, avevano imparato la sua lezione d’impegno quotidiano nella terra. Dopo l’uscita, nel giugno 2000, dalla casa-madre, l’azienda D’Ambra, che aveva contribuito con lo zio Mario e il cugino Andrea a risollevare dalla crisi a metà anni ’80, Corrado aveva acquistato una cantina di inizio ’800.
All’ingresso aveva trovato incise le iniziali «C.D’A.» identiche alle sue: traccia del destino, primo passo per un nuovo vigneto. Una monorotaia per risalire i crinali del Montagnone e per rinnovare la spinta alla valorizzazione agricola puntando sulla modernizzazione senza distruzioni. La sfida si è sintetizzata nella nuova azienda, Il Giardino Mediterraneo, esempio di come il vino dovesse avere un valore di mercato partendo dai principi fondamentali: sole, clima, suolo, fattore umano. Un esempio lungimirante: la superficie a vite è in aumento in tutta l’isola.
*Giornalista e scrittore
Dal Mattino del 14 giugno 2005
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