Sora Maria e Arcangelo
Via Roma 42
Olevano Romano
Tel. 06.9564043
Aperto sempre
Chiuso lunedì sera e mercoledì
www.soramariaearcangelo.com
L’ingresso è poco vistoso ma, varcata la porta, una stretta scalinata in cotto, ormai lucida e levigata per il tempo andato, conduce ad un ampio ambiente rustico, dall’atmosfera familiare ma al contempo elegante, curato nei particolari, ricco di teche con oggetti del passato. Siamo nel cuore di Olevano Romano, patria dell’antica doc omonima, da uve Cesanese, e il ristorante guidato da Giovanni Milana, aiutato dalle donne di famiglia, è arrivato alla terza generazione.
Le piccole sale sono sormontate da volte di mattoncini rossi, quella principale è divisa da un grosso arco in pietra e la stessa incornicia anche il camino sul fondo. I pochi tavoli, ben distanziati tra loro, sono apparecchiati in modo semplice; l’illuminazione e le poltroncine blu danno un tocco moderno che esalta l’ambiente rustico.
La cucina si fonda su prodotti stagionali di piccoli produttori locali, puntando spesso su quelli biologici. Lo stesso vale per i vini, con particolare attenzione ai piccoli vignaioli che si dedicano personalmente alla vigna e alla cantina, limitando l’uso di sostanze chimiche. La cantina vanta comunque circa 700 etichette, con qualche interessante puntata fuori confine.
In carta i piatti della tradizione locale e regionale, esaltati da tocchi creativi e innovativi.
Tra gli antipasti invernali è da provare l’involtino di verza e baccalà su crema di patate e cipolle profumato allo zafferano di Affile, dove il sapore deciso del baccalà è esaltato dalla delicatezza della verza e dalla dolce crema speziata.
Per un antipasto più frivolo bisogna puntare sul fagotto croccante di pasta fillo ripieno di tomino piemontese e broccoletti ripassati in padella. Affondando forchetta e coltello, il fagotto sprigiona un profumino delizioso, la croccante pasta accompagna perfettamente il sapore intenso del tomino caldo appena sciolto e l’amarognolo dei broccoletti.
Dai primi scegliamo le pappardelle al ragù di cacciagione aromatizzate al ginepro, in carta dal 1950, e i cannelloni con trito di vitellone e mozzarella dell’agro pontino gratinati al pomodoro casalino o alle mandorle. La sfoglia sottile e leggera vanta più giorni di lavorazione, il ripieno è gustoso, leggermente speziato. Bisogna gustarli lentamente per apprezzare e cercare di indovinare i piccoli particolari nascosti nel ripieno: da provare assolutamente, sono il manifesto di un’esperienza pluriennale di lavoro e Giovanni con orgoglio li definisce “una sintesi di Arte, Tempo e Storia”!
Per i secondi la scelta varia tra carni rosse, cacciagione baccalà ma noi proviamo quella che è considerata la specialità del locale: maialino cotto a bassa temperatura al sale vanigliato con cipolline all’agrodolce e crema di mele annurca laziale. Morbida la carne che lega in modo squisito col sale profumatissimo, con la crema di mele speziata al rosmarino e con le delicate cipolline all’agrodolce: un magistrale incontro di sapori!
Veniamo ai dolci: invitante il tortino caldo di frolla alle mele renette profumate al Calvados con gelato di banana e cannella. Ai più golosi è dedicato il soufflé caldo al cioccolato xocopili Valrhona, cioccolato fondente speziato con gelato di lamponi freschi in cialda croccante. Sicuramente più leggero ma dal sapore intenso e fruttato è il parfait ghiacciato ai canditi artigianali di Noto e pistacchi di Bronte in crosta di cioccolato Valrhona Grunaja e biscotto bretone.
Il servizio è attento e cortese (attenti però ai giorni di maggior affollamento!) e un competente sommelier vi accompagnerà nei giusti abbinamenti. Alla carta spenderete sui 45 euro ma affidatevi pure ai menù degustazione a 40 euro. Sono dedicati alla campagna romana d’inverno ovvero a un itinerario laziale; la cifra stilistica del locale sta proprio qui: tradizione, innovazione, qualità e agganci col territorio circostante.
Certo il ristorante non è dietro l’angolo e nemmeno a portata di autostrada, ma i profumi, i sapori, la semplicità e l’ospitalità compensano il viaggio.
Floriana Schiano Moriello
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