Biologico o transgenico? Ecco le due nuove frontiere estreme su cui ci si può posizionare seguendo le proprie inclinazioni ideologiche. Ma forse è meglio mettere un punto fermo prima di andare avanti: un vino biologico può anche fare schifo e comunque non è questo certamente il tratto caratterizzante del bicchiere. Insomma, chi ha un approccio esclusivamente salutistico con Bacco farebbe bene a dedicarsi esclusivamente ai succhi di frutta. Il discorso va dunque rovesciato: se un vino è buono ed è anche biologico allora tanto meglio. È il caso, ad esempio, di una piccola produzione di Falanghina, poco più di un ettaro ben esposto a Ponte sul fianco della collina del «Monaco Morto». Cosa successe? Da chi fu ucciso? La vicenda non appare eccessivamente rilevante ed è proprio questa Falanghina, prodotta da Ocone (via Monte, Ponte. Telefono 0824 874040) a renderla visibile perché Domenico ha deciso di chiamare questo cru, appunto, Vigna del Monaco (certificata Aiab come tutti gli altri vini dell’azienda). Il risultato è un grande bianco, ottenuto con una breve macerazione a bassa temperatura e una fermentazione a temperatura controllata del mosto. La consistente acidità, dovuta alle caratteristiche del terreno argilloso, e il grado alcolico di tutto rispetto consentno a questa Falanghina di vivere bene e a lungo nonostante non sia stata affatto progettata per questo. Una assaggio casuale dopo quattro anni ci mostrò il vino in ottima salute, morbido, senza alcun segno di stanchezza e con i profumi evoluti in modo strabiliante. Perciò non perdete le speranze: anche se circondati da un mare di Falanghina c’è sempre per fortuna la possibilità di berne qualche bicchiere ben fatto che rivela la passione e la tenacia del produttore serio.