O la critica gastronomica è positiva o viene rifiutata. Perché cuochi e pizzaioli non accettano le critiche?

Pubblicato in: Polemiche e punti di vista

Ratatouille

di Marco Contursi

Un tempo, neanche troppo lontano, non erano rare stroncature anche feroci di ristoranti, di fama e non, mentre oggi tutti, quasi sempre ad applaudire.

Ma perché?

La risposta sta tutta nelle reazioni scomposte da parte del titolare e di suoi amici, ogni volta che faccio un articolo di critica, anche parziale, anche quando non cito il locale direttamente in questione, cosa che avrei tutto il diritto di fare ma che evito per una sorta di carineria.

Risultato? Offese, gente che inizia a sparare a zero sui giornalisti, e infine facebook che mi cancella il post senza un minimo di spiegazione. Una violenza gratuita ed inaccettabile, che mina l’articolo 21 della costituzione sulla libertà di espressione.

Ma come si è giunti a questo? Questi secondo me per queste ragioni

  1. Misconoscimento delle competenze e la convinzione che 1 vale 1. Con l’avvento dei social e di TripAdvisor tutti hanno avuto la possibilità di parlare al mondo senza filtri e quindi si è diffusa l’idea che tutti siano in grado di discutere di tutto. Anni fa, ben prima del Covid, lessi con un sorriso la risposta che il Professor Burioni, medico e professore universitario, dava ad un signor nessuno che pretendeva di disquisire con lui del vaccino influenzale, accampando teorie prive di qualsivoglia rigore scientifico. In parole povere Burioni diceva “vada prima all’università, superi tutti gli esami, poi acceda alla specializzazione in virologia, la finisca e poi ci rivediamo”. E torto non aveva. Quando, poco più che ventenne, iniziai a fare corsi e pratica nel mondo della gastronomia, leggevo avidamente gli scritti di critica gastronomica, cercando di capire e fare mie le loro osservazioni. E prima di mettere mano ad un mio articolo ho studiato e praticato il mondo del food per oltre 10 anni (ora sono 20). Oggi invece chiunque dal niente si permette di dare dell’incompetente a gente molto più preparata di lui, forte anche del consenso del foodblogger di turno che semmai apre pure un sito e pontifica, dall’alto del nulla, ma con una tecnica semplice per acquisire consensi. E siamo al punto 2.
  2. Parlare bene di tutti. Vuoi farti conoscere pur non avendo particolari competenze? Vai in un locale e inizia a tessere lodi sperticate e vedrai che sarai osannato come un Dio. A leggere certe recensioni di pizze viene da sorridere. Ma davvero hai avuto una visione celeste mangiando una fetta di pizza? Ricordo una blogger che definì un pizzaiolo “una delle persone più importanti del secolo”.  Ovviamente in questo universo di applaudenti, chi muove una critica viene visto come un nemico da abbattere, come uno che lede la maestà del trono di Maestro, di Chef, di Magnifico Rettore.
  3. Si è perso il senso della misura sul cibo. Il cibo è uno dei vanti dell’Italia e un volano dell’economia ma è sempre cibo. Un raviolo aperto non sarà mai necessario come una operazione a cuore aperto. Tempo fa mangiavo in una pizzeria con un amico medico bravissimo che nella sua vita ha salvato la vita a decine di persone e lui se ne stava tranquillo al tavolo, a 10 metri da noi, il pizzaiolo faceva foto coi clienti e dispensava perle di saggezza. Ma ci vogliamo dare una regolata una buona volta???
  4. Un settore pompato. Il settore è stato pompato perché alimenta un giro di soldi in cui tanti prendono: pizzaioli e chef, giornalisti e comunicatori vari, produttori, sponsor, organizzatori di eventi. Un circo del parliamo bene di tutti, dove tutti prendono medaglie ed encomi e nessuno critiche, anche in presenza di comportamenti lesivi del diritto del cliente pagante di fare un pasto decente. Con l’aggiunta di una esaltazione assurda nei più giovani.

Mi disse una volta un vecchio pizzaiolo che un suo giovane fornaio era andato ad una competizione, e gli aveva mostrato un articolo che parlava di lui definendolo “Maestro”. E, molto mestamente mi diceva che lui solo dopo 23 anni di gavetta e dopo essersi aperto una pizzeria sua, era stato chiamato “Mast”. Oggi invece vai a fare un evento e a 20 anni sei “Maestro”. Ma a chi hai insegnato per definirti tale???

      5. Mancanza di rispetto per chi paga. Se io, cliente, vengo nel tuo locale, pago e faccio (di persona o sui social) una critica motivata e documentata, tu non devi prendertela, poiché quello che ci resta male sono io che ho pagato e non ho avuto quello che volevo. Ed invece no, si viene aggrediti, accusati di non capire niente, cosa ancora più deplorevole se l’accusa viene fatta ad una persona che ha palesato delle competenze. Ricordo che a cena con un docente Ais di lungo corso, un cameriere si permise di dirgli che non era vero che il vino servito fosse difettato, accusandolo di non capirne. Lui che non aveva mai fatto un corso di vino in vita sua, dava dell’incompetente a chi insegnava a degustarlo da 30 anni????? E comunque, salvo i casi di palese esagerazione, un cliente ha sempre ragione e un ristoratore dovrebbe cercare di farlo tornare a casa contento, anche a costo di darsi un pizzico sulla pancia. Poiché è il cliente che entrando fa andare avanti la tua attività. Ripeto, salvo i casi di palese esagerazione del cliente con richieste assurde. Oggi invece si viene accusati di lesa maestà se solo non si applaude all’ impiedi.

6. Mancanza di rispetto per chi ha un ruolo. Il critico gastronomico non deve fare comunicazione pubblicitaria ma critica. Questo è il suo ruolo. Non deve dire quello che il lettore medio vuole sentirsi dire ma, criticando, dare una visione competente del pasto, evidenziando talune lacune. Essere criticati non piace mai, ancor meno se la critica è motivata. Ma da qui a reagire in maniera arrogante e volgare ce ne passa. Ma questo atteggiamento è figlio dei nostri tempi, dove autorità, competenza e ruolo, vengono calpestati continuamente.

Quindi, ad una critica si può e si deve rispondere, sempre con garbo, qualora si pensi che non sia giusta, con motivazioni chiare e non con frasi come “non capisci nulla”, “rispetto per chi lavora”, “sei mosso da invidia”, senza però portare uno straccio di prova a favore della propria tesi difensiva, facendo solo leva sulla claque.

Infine è giusto che un critico palesi le sue competenze e titoli, non per dire “sono meglio di te”, ma per chiarire “se mi permetto di criticarti lo faccio perché ho queste competenze”. E anche chi legge, può scegliere,o di imparare qualcosa o di rimanere ignorante della materia cibo, non seguendo più quel critico ma non attaccare chi ha studiato e fatto esperienza, prima di dire certe cose, dandogli dell’  incompetente, senza avere lui i titoli e l’esperienza per giudicarlo.

In soldoni, se ad esempio, io, che studio e assaggio salumi da 20 anni, dico che il locale di Tizio ha un prosciutto scadente perché molto magro, e motivo la cosa (animale estero e giovane ecc..), non può arrivare il primo pincopallo a dirmi “non capisci niente, il prosciutto deve essere magro”. Pincopallo può preferire il prosciutto magro e non seguire me che lo consiglio grasso, e può ovviamente andarselo a mangiare nel locale di Tizio. Ma non può iniziare una discussione sulla cosa perché non ne ha le competenze. Come io non parlerei mai con presunzione di musica rap, di calcio, di birra, di sushi, e di mille altri argomenti di cui sono ignorante, ossia non conoscitore a fondo della materia.

7. Anonimato e mancanza di interessi diretti. Un critico per essere pienamente credibile deve andare in anonimato, quindi non essere conosciuto né riconoscibile. E’ vero che uno esperto certe cose le capisce pure se è riconosciuto, ma è palese che la vera critica è anonima.

Vorrei chiudere con le parole di un lettore su facebook del mio ultimo articolo, che ritengo esaustive: “Non si può pretendere che la critica sia sempre “benevola”. Per una informazione corretta e per la protezione di chi ci legge, la critica DEVE segnalare le situazioni anomale, pungolare chi offre servizi perchè la qualità migliori! Spesso, può succedere a chiunque, si verifica un calo della qualità: la critica non deve segnalarlo? Certo che deve. Si può e si deve confutare una critica, ma dimostrandone l’infondatezza e rimanendo nell’argomento, non tentando di delegittimarla! La critica non serve solo ad esaltare le eccellenze, tutte ed a turno”.

Al contrario, aggiungo io, serve a far riflettere chi la riceve e chi la legge su quanto non si finisca mai di imparare o di migliorarsi.  Io per primo. E quindi bisogna, passato il disappunto iniziale, capire le osservazioni negative ricevute e dove possibile, correre ai ripari. Nel rispetto del cliente, che ricordiamo,  ha tutto il diritto di trovare quello che si aspetta, ossia una esperienza felice.

Oltretutto, vorrei far riflettere, che se un locale si comporta male, getta fango su tutta la categoria e sul territorio di appartenenza.  Quindi, chi sbaglia danneggia la collettività, rovinando in taluni casi l’immagine di un intero territorio. Meditate, prima di dare addosso a chi invece con la critica cerca di dare un contributo alla crescita della qualità di un settore, soprattutto quando affianca alla critica la divulgazione del buono e del bello dell’Italia.


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