di Luca Fontana
A tavola con I Signori
Novembre 2014
A New York non si parla d’altro: il figlio illegittimo di Noma e Stone Barns (una storica fattoria nello stato di NY) è ufficialmente alla guida di un ristorante. Il suo ristorante, la sua casa, dove finalmente può dare libero sfogo alla creatività ed alla passione per la cucina e per la terra che lo circonda.
Prima di entrare in sala ci accompagna dietro le quinte, dove racconta il territorio, la natura, i colori ed i profumi delle stagioni, con cui la sua arte cerca costantemente un legame. Strizza il burro, a mani nude, lasciato a fermentare, che proveremo durante la degustazione.
La sala ha solo dodici coperti, tutti chef table, per un contatto diretto con la brigata, che impiatta davanti ai nostri occhi.
Non vi è scelta di menù, l’unica domanda riguarda eventuali intolleranze. Ci attende un percorso di oltre 20 portate, studiato secondo la stagione.
Granchio, crema di patata dolce e la sua pelle: un bell’inizio, appagante e carico di note acide, l’ideale per prepararci alle altre 21 portate.
Lo chef Matt Lightner, intento a impiattare. Sarà caviale quello?
Ebbene si! Caviale, tapenade e crema al fegato bruciato. Un assaggio grandioso, una concentrazione di sapori degna di un poema epico. Uno dei più bei piatti del 2014.
Passera estiva, Daicon ed Aglio. Un passaggio fresco ed elegante.
Insalata autunnale, con foglia d’oro, uovo disidratato grattuggiato e verdure. Di grande estetica, ma con un sapore sotto tono.
Agnello, aragosta e trifoglio. Lo chef ci rivela che per la preparazione dell’agnello si è ispirato alla ‘Nduja. Magistrale il contrasto con l’aragosta, corroborato dall’estrema acidità del trifoglio. Altro passaggio da nobel culinario.
Riccio, aragosta e carota. Dirompenti note dolciastre, sin eccessive.
Uova di trota, Zucca “Squash” e Semi di Zucca tostati. Un favoloso contrasto di consistenze tra crema, semi e uova.
Trota affumicata, burro e trifoglio. Appagante.
Fegato di trota, mela e “brown butter”. Il burro viene disidratato e spalmato sul biscotto. Il fegato di trota ha un sapore intenso e “cordiale”. La mela lo sdrammatizza con le sue dolci note fruttate. Da applausi!
Sandwich di Meringa Lievitata all’Aragosta del Maine. La meringa, sofficissima, alleggerisce il ripieno del sandwich, che è “very rich” come dicono in America.
Bignet con patata dolce e lardo.
Torta di sangue di maiale, cipolla, marmellata di pomodoro, spezie e trifoglio. Un mix di sapori magistrale, che denota un’altissima conoscenza delle materie prime utilizzate.
Frittella di mais, tuorlo d’uovo affumicato e chicchi di mais. Reniterpretazione su forti note dolci di un classico americano, dal grande legame col territorio.
Beet Jerky, ovvero barbabietola e crema di aragosta. Il gioco è confondere le papille richiamando il Beef Jerky, la carne di manzo disidratata e leggermente dolciastra, un classico snack americano. Questa la sua versione vegetale, a cui la crema sifonata da forza e rotondità.
Cozze, brodo di cozze e carota rossa. Ovvero l’impepata di cozze secondo Lightner.
Arriva il primo pane, con fiocchi di sale.
E il burro, quello strizzato dallo chef durante la visita in cucina. Fermentato e compattato, per un risultato impegnativo. Qui con il pane di farina di segale.
Dumpling, pollo e gamberetti. Unico vero scivolone dello chef, per un piatto manieristicamente etnico e slegato dal territorio, in cui prevalgono note eccessivamente grasse. Peccato.
Spigola e fagioli.
Terzo ed ultimo pane della serata, allo strutto.
Maiale, grano integrale ed abalone. Altro interessante gioco di consistenze, in cui la callosità dei molluschi viene rinforzata dal maiale, estremamente grasso.
Anatra, riso fermentato e crema al macha. L’interessante reinterpretazione di Matt Lightner di questo classico volatile, di gran moda tra gli stellati nostrani, anche se negli USA è considerato un piatto locale. Poderoso il contrasto di sapori tra la pelle croccante, il riso e la crema al the verde giapponese.
Si parte col reparto dolce, un Sorbetto alla mora e liquirizia caramellata. Freschissimo.
Gelato alle mandorle, uva e foglie di Romice Scudata. Altro passaggio di grande freschezza.
Zucca “Squash”, marshmallow e “brown butter”. Non eccessivamente dolce, di stagione e legato al territorio, appagante ma mai stucchevole. Straordinario. Il nostro dessert dell’anno!
Come accompagnamento ai dolci scegliamo il The Macha, che viene preparato davanti a noi, sbattuto con una speciale frusta di bambù.
Verde raffinatezza. AI livelli delle grandi cerimonie Giapponesi.
Per i petit fours, si parte coi cioccolatini al caramello.
Ciocciolatino al crumble di noce. Divertentissima la presentazione, su vero muschio.
Cioccolatini, fragola, crema al latte di capra e nocciola.
Un percorso straordinario, in cui lo chef si giostra magistralmente con gli ingredienti di stagione e del territorio, consolidando l’esperienza portata dopo portata. L’ispirazione orientale è presente, ma ben contestualizzata, senza volontà di vuoti slanci fusion, cercando piuttosto di reinterpetare il territorio in una chiave di lettura più ampia.
Una delle esperienze culinarie più all’avanguardia del nostro 2014, in cui sapori straordinari, ingredienti locali, stagionali e tecniche d’alta scuola creano un mix commovente, che rende l’Atera uno dei futuri punti di riferimento dell’alta ristorazione mondiale, dando a tutti noi un motivo in più per andare, o tornare, a New York.
L’entrata del ristorante, senza alcuna insegna, nemmeno sul pannello luminoso che segnala i vari uffici del palazzo.
2014 Tasting Menu di 22 portate: 225$ (circa 180€), bevande, tasse e servizio esclusi
Chef: Matt Lightner
Captain: Matthew Abbick
Atera
77 Worth Street
10013 New York (NY)
NY USA
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