Vicolo dello Spagnuolo,1
Tel. 0827.64619
www.lalocandadibu.com
Sempre aperto. Chiuso domenica sera e lunedì
Ferie: un mese tra gennaio e febbraio. Una settimana a luglio
Stella Michelin
Pompei, 7 novembre 2003, qui ci incontrammo la prima volta con Tonino Pisaniello. Era, tra le giornate del congresso internazionale Slow Food a Napoli, forse la più suggestiva ed affascinante che potesse andare in scena. Eravamo nella “Palestra Grande” degli scavi archeologici, illuminata a giorno dalle torcie e vissuta da oltre un migliaio di persone tra addetti ai lavori ed ospiti. Tonino era lì, tra le tante Osterie Slow Food della Campania, con il suo staff del Gastronomo di Montemarano, io con Lilly coordinavamo la gestione della cantina: un gesto sancì il nostro arrivederci, lui ci regalò a fine serata il suo grembiule “chiocciolato”, noi una delle ultime bottiglie di Taurasi Radici di Mastroberardino per festeggiare con i suoi ragazzi lo straordinario successo dei suoi piatti.
Antonio Pisaniello nel frattempo ne ha fatta di strada, ha lasciato il Gastronomo per approdare con l’amata moglie Jenny in quel di Nusco per aprire la Locanda di Bu, dove “Bu” sta’ per Umberto, nome del primogenito e dove Locanda sta’ a casa, perché quando si viene qui ci si può solo sentire a proprio agio come stare in casa propria. Il locale è molto carino, ci si arriva dalla piazzetta di Nusco dopo appena girato il vicoletto, i colori sono quelli della calma e della passione, il bianco della flemma aurica di Jenny Auriemma, che accoglie gli ospiti, li accompagna al tavolo e gli racconta i piatti ed i vini con un savoir faire dolce e disponibile, il rosso fuoco di Antonio, audace e socievole con i suoi ospiti come dinamico e creativo con i suoi piatti sempre sul filo di una originalità esemplare (territorio prima di tutto) e tecnica sopraffina (il confronto con il mondo intorno). Antonio ha camminato già tante vie nella sua storia, ha viaggiato in lungo ed in largo, non ha, e non ha mai ricercato un curriculum di peso con il quale impressionare gli avventori, ha cercato e fortemente voluto solo poche esperienze, per così dire “ante litteram”, che lo potessero far accrescere professionalmente e culturalmente prima di lanciarsi nella sua sfida più grande, proporre una cucina che fosse pura e semplice traduzione gustolfattiva della sua storia, della sua terra, dei suoi ingredienti. A 17 anni apre il primo locale, il pub Babylon dove poi incontrerà la giovanissima Jenny e comincerà, per magia, forse tutto. Poco dopo nasce con la famiglia tutta “il Gastronomo”, a Montemarano, che da subito farà parlare di se e del puro talento di Tonino tanto da meritarsi immediatamente segnalazioni e riconoscimenti dalle principali guide ai ristoranti italiani. Verranno poi negli anni l’esperienza newyorkese con Rocco Dispirito, l’incontro con la giornalista Carla Capalbo che, mi dice Antonio, non smetterà mai di ringraziare soprattutto per la grande spinta motivazionale che gli ha dato negli anni e per l’appunto la Locanda di Bu a Nusco, dove tutto riparte, dove tutto si sarebbe potuto sintetizzare come punto di arrivo e dove invece tutto si è rinnovato, in uno dei borghi più belli dell’Irpinia e città natale della mamma, Pisaniello ha continuato a camminare la sua strada, con il suo talento, con la sua voglia di crescere sino a quella che è stata, notizia di questi giorni, la prima, sudata, strameritata stella Michelin.
Prima di passare alla tavola, Tonino ci accompagna in cantina che dista solo pochi metri dalla Locanda, piccola, costruita con le proprie mani nelle giornate meno intense di lavoro, raccoglie il meglio dell’enologia campana non senza le “grandi” bottiglie italiane per i clienti in vena di bere, tra gli altri, Barolo, Barbaresco piuttosto che Brunello o supertuscans.
I piatti sono come detto l’essenza di una territorialità eccezionale come solo questa terra sa regalare, magistralmente interpretati e condotti negli anni nell’albo Pisaniello, dal Gastronomo alla Locanda.
Si inizia con “la tartare di podolica con maionese agli agrumi” piatto del 2008 che coniuga creatività e sapore intensissimo (viene servito come amuse bouche a mo’ di mini-hamburgher).
Poi il piatto della memoria, quello di cui nessuno dei suoi clienti riesce a fare a meno di chiedergli sin dal 2002, “la ricotta fritta di Montella con broccoli e soppressa di Venticano”, avvolgente e succulento.
Decisamente appassionante il “Baccalà in due modi con pomodoro, olive e capperi”, datato 2008, piatto ricco ed equilibrato. Tecnicamente fine invece ma ancora da affinare nella presentazione (tanti gli elementi nel piatto) il “Sottobosco Neonato 2009”, geniale interpretazione dei sapori e profumi irpini ma poco avvincente nella presentazione a substrati.
Da applausi invece il “Raviolo di patate di Folloni con tartufo bianco irpino” che Tonino e Jenny propongono con successo dall’anno scorso, appena naturalmente riescono ad accaparrarsi i pochi grammi di preziose pepite del tubero più ricercato (anche dal secondogenito Filippo). Da lacrime, sinceramente, il “Maialino con la mela annurca, pistacchi ed olio alla vaniglia”(2005), scioglievolezza finissima e delicatissima.
Buona l’idea del dessert, il “dolce di castagne con salsa all’aglianico”, rivisitazione del castagnaccio servito semifreddo con una stecca di carbone alimentare e scaglie di cioccolato tartufato. In sintesi, una grande esperienza gastronomica, che ho rincorso per tutta l’estate tra messaggini di prenotazione in chat su Facebook e sms di disdetta, che abbiamo alla fine fortemente voluto sin dal mio rientro da Capri, lo scorso 4 novembre. Qualcuno poi ha deciso di metterci la ciliegina sulla torta facendo cadere a Nusco, pochi giorni dopo, la prima stella Michelin per Antonio e Jenny: adesso, caro Tonino, meno viaggi e di nuovo notti insonni a cercare di dare sfogo al puro talento del geniale Pisaniè. Firmato Dicostà!!
Angelo Di Costanzo
Altre due schede sul locale qui.
La stella Michelin mi ha riempito di gioia, come sempre quando al Sud viene riconosciuto il lavoro.
Ecco, il lavoro. Il duro lavoro. Quello che copre tutta una giornata e riempe la notte. Per settimane, mesi, anni. Mentre gli altri si sparano week end, viaggi, partite allo stadio, passeggiate, casinò e con internet, la maldicenza e i leccaculismo pensano di recuperare quello che non vivono fisicamente. Scorciatoie sempre a vicolo cieco sui tempi lunghi.
Il primo piatto di Pisaniello fu per me lo spaghetto con la zucca nella cantina di Mastroberardino in una sera in cui si faceva un tasting sul web con Tigullio Vino, erano davvero gli albori della rete. <Te lo consiglio> mi disse Piero. Dunque chiesi e ottenni di fare una ispezione al Gastronomo quando Tonino era ancora ai fornelli di Montemarano e fu subito una esplosione di sapori netti e precisi rivisitati in modo frizzante: dopo aver pagato il conto mi presentai e il giovanissimo Tonino arrossì e fece: <Ah così funziona?>. Sì, con noi dell’Espresso va così.
Ho poi seguito con il cuore in gola l’avventura di Nusco di cui Carla Capalbo è stata la vestale appassionata e indispensabile per superare i momenti di sconforto: il primo inverno di apertura fu neve abbondante, Jenny e Tonino riuscirono a lavorare meno di due settimane in circa tre mesi.
Chiunque sarebbe stato preso dallo sconforto, ma quando si ha la forza di un sogno non c’è nulla che possa impedirne la realizzazione.
Questo vorrei dire ai tanti che invidiano il successo e passano il tempo a gettare fango sulle persone: dietro una Stella Michelin o un punteggio alto sull’Espresso ci sono anni e anni, in questo caso almeno dieci, di lavoro, sacrifici, tensioni, di chi ha la responsabilità di una famiglia ed è sempre tentato di rientrare nella normalità per paura di non farcela. C’è la capacità di sorridere sempre, anche quando il direttore di una banca di Tanzi chiede il rientro con toni bruschi, c’è il saper tenere le relazioni con cordialità senza svendersi e nel rispetto dei ruoli. Ecco, tutto questo.
Vale per uno chef, per un’azienda di vino, per qualsiasi altro mestiere.
L’unica scorciatoia attualmente possibile a questi sacrifici durissimi è quella inaugurata dall’amorale, deprimente, Mignottocrazia che colloca l’Italia a metà tra le Repubbliche delle Banane del Centro-america e le satrapie orientali post-comuniste. Ma sono ribalte effimere, perché nulla è più facile del sostituire le mignotte e i cortigiani.
Se esiste l’Inferno questa è sicuramente l’anticamera. Di contro, se esiste il Paradiso, la Locanda è una delle sue porte d’ingresso. (l.p.)
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