TENUTA DI BARTOLOMEO
Uva: aglianico
Fascia di prezzo: da 5 a 10 euro
Fermentazione e maturazione: acciaio e legno
VISTA 5/5 – NASO 25/30 – PALATO 25/30 – NON OMOLOGAZIONE: 28/35
Il Cilento continua a proporsi come territorio molto vocato alla viticoltura e, a parte poche digressioni, i due vitigni-principe restano sempre il Fiano per i vini bianchi e l’Aglianico per quelli rossi. Sono quelli più sfruttati ed affidabili, che danno sempre risultati soddisfacenti ed in alcuni casi possono raggiungere punte di eccellenza.
Pochi giorni fa mi sono recato a visitare la Tenuta Agricola dei fratelli Ilaria e Daniele Di Bartolomeo, situata proprio al confine
tra i comuni di Laureana Cilento e Castellabate (vi ricordate il film di Luca Miniero “Benvenuti al sud”?) e dedita già dal 1997 alla produzione di miele, confetture, marmellate e olio extra-vergine di oliva e che nel 2003 ha intrapreso anche l’attività vitivinicola. Nel frangente, ho avuto l’ennesima conferma di quanto già sapevo, cioè che anche qui si coltivano i due citati vitigni e poco altro ancora, per una produzione minimalista di tre sole etichette, un bianco e due rossi quasi speculari.
Daniele è un bel ragazzo alto, intraprendente, pieno di risorse umane e lavoratore instancabile, che con la sorella e la moglie Stefania forma un tutt’uno in perfetta simbiosi. I suoi vini, confezionati con la collaborazione dell’enologo Carlo Esposito, riflettono proprio il suo carattere peculiare.
Dopo aver degustato questi vini, ho deciso di porre l’attenzione sul Noè Cilento doc Aglianico 2008, che mi ha colpito subito per il suo basso tenore alcolico rispetto ai suoi emuli territoriali: appena 12 gradi (figuratevi che il bianco supera i 13 gradi!). E sì che le vigne possono vantare una strategica posizione collinare ben soleggiata e che scruta il mare di Santa Maria di Castellabate a poca distanza. Proprio in perfetta sintonia di quanto affermava Virgilio nelle Georgiche: “Apertos Bacchus amat colles”. E poi, dopo la fermentazione in contenitori di acciaio, il vino ha sostato un anno in botte grande e sei mesi in barriques per l’elevazione. A circa tre anni dalla vendemmia, quindi, abbiamo un vino già pronto all’uso, senza spigoli, morbido e caratterizzato da un colore rosso rubino acceso con evidenti riflessi purpurei. Al naso regala spiccati profumi di frutta rossa matura, come le prugne, le ciliegie e le marasche, che s’intrecciano delicatamente a piacevoli note speziate di noce moscata e accattivanti aromi di liquirizia. In bocca viene sottolineata la delicata e stemperata vena tannica, che avvolge morbidamente il palato, regalando alla beva piacevoli e godibili emozioni. Abbastanza lungo il retrogusto che avviluppa tutto il “cannarone”. Un vino decisamente diverso dai soliti corposi, complessi e strutturati aglianici cilentani, ma non per questo meno buono, anzi tutt’altro.
In questa calda estate, il Noè rosso, servito ad una temperatura più fresca sui 14-16 gradi, lo vedo bene accoppiato a pietanze a base di pesce come la bouillabaisse marsigliese, la paella valenciana di pescado (quella detta di Marisco, oppure arroz a banda), il brodetto marchigiano, il cacciucco livornese e la classica zuppa di pesce partenopea. Provate un po’ e poi mi direte. Prosit!
Questa scheda è di Enrico Malgi
Sede a Contrada San Pietro di Castellabate – Tele. E Fax: 0974/960096 – Cell. 338 3042585 – 334 2613260 – apisanpietro@tiscalinet.it – Enologo: Carlo Esposito in collaborazione con Daniele Di Bartolomeo – Ettari di proprietà: 20, di cui 8 vitati – Bottiglie prodotte: circa 40.000 – Vitigni: Aglianico, Fiano, Trebbiano e Malvasia.
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