di Giulia Gavagnin
Non si può dire di non essere grandi, se grandi si diventa a Rivisondoli, provincia de L’Aquila, e si esplode immensi a Castel Di Sangro, provincia medesima, dove non ci arrivi mai, ci arrivi solo se lo desideri veramente, intensamente, attraverso strade tortuose, cullati dal romantico pensiero che da un momento all’altro attraversi la strada un orso marsicano o un branco di lupi sempre lì, dalla piana dei Marsi a scendere.
Sarà un caso, ma sempre più spesso la grande, grandissima ristorazione prolifera lontana dai grandi snodi e dai centri urbani, distante dalle meccaniche oliate e untuose delle città, dal glamour e dall’hype esterni, dalla necessità di vedere e di essere visti.
Bottura officia sì in città, ma di provincia, i Santini sono diventati grandi a Runate, di Senigallia s’è detto fin troppo, Pino Cuttaia esercita a Licata, mi piace menzionare un grande del passato, Cesare Giaccone chè ad Albaretto della Torre non ci arrivavi mai, ed è lui che ha insegnato a tutti i piemontesi come si cucina. Per citare i maestri di Niko Romito, non è che Valeria Piccini e Salvatore Tassa siano affaccendati in corso Vittorio Emanuele a Milano o Roma, che è lo stesso.
Lui, Niko, un amico lo chiama Eromito per via di quello splendido isolamento che infonde Casadonna Reale, è diventato grande nel luogo più lontano possibile dalle città, due ore e mezzo da Roma, due ore da Napoli, Isernia alle porte, e se sei grande qui, vuol dire che chi ti ha premiato più e più volte non ha sbagliato, non è fesso, perché anche il gran consesso dei gastronomi per arrivare qui a Piana Santa Liberata l’ha voluto davvero.
Niko Romito –notoriamente- è la concentrazione della concentrazione, l’essenziale dell’essenziale, nelle sue stesse parole “il mio ideale di bellezza è un muretto a secco”. Barocco vs. Strutturalismo, Fasto vs. Rigore, se fosse un sarto sarebbe Armani che veste le forme e non i colori, se fosse un pittore del Novecento sarebbe Mondrian che ha scomposto forme e colori fino alle linee rette in bianco, nero, rosso e blu, nulla più. L’Origine, con la O maiuscola.
L’Origine è nel Pane con la P maiuscola, lievito madre, farina, sale, acqua, lunghissima lievitazione, con aggiunta di patate se bianco, con antiche farine del centro Italia –sollima e saragolla- se scuro.
Il Pane è un alimento, una portata a sé nel menu di Romito già da qualche anno, il Pane è il simbolo dei cicli stagionali nella civiltà contadina, ma anche della fecondità umana, della fertilità della terra, della vita e della morte, Il Pane è l’ostia consacrata, a forma di “lancia” a ricordo di quella che trafisse il corpo di Cristo, che fu il prodromo alla Resurrezione.
Casadonna è in qualche modo la celebrazione di quest’origine alimentare, dove viene impastato questo Pane, dove si coltiva il vitigno autoctono Pecorino che genera il Vino- bino nella simbologia eucaristica, dove si educano giovanissimi cuochi (L’Accademia) alla stessa cucina rigorosa dell’officiante fondatore, dove nascono i progetti per portare la forma più essenziale della cucina italiana nel mondo (Bulgari worldwide), dove semplicemente si giunge avvolti dal silenzio e dal comfort di stanze ampie di un bianco abbacinante per prepararsi al rito della cena.
“Degustazione Reale” a 150 Euro, cifra facile, riconoscibile, accessibile per un Tre Stelle; si chiama Reale non per manie di grandezza o autoesaltazione mitomane che da queste parti non è di casa, ma perché lo scomparso padre di Romito così ribattezzò la locanda che aveva rilevato a Rivisondoli, dove dimorò re Vittorio Emanuele III nel 1911 per una vacanza d’inverno.
E’ così protesa alla sostanza che non arrivano nemmeno gli amuse-bouche di cui –salvo rare occasioni- abbiamo sempre fatto volentieri a meno, giunge l’ouverture “carota”, una tazza di brodo concentrato di tre diverse tipologie di carote, dove la parola d’ordine è “intensità”, a suo modo un “assoluto” che simmetricamente trova il suo gemello nell’aspretto di pomodoro finale, identico concept.
Il menu di Niko Romito a Casadonna
Nel mezzo, la sfilata di “ingredienti”, chè i piatti di Romito (bianchi, rigorosamente) celebrano in primo luogo l’ingrediente in una costruzione perlopiù trina con un lavoro di cotture da scienziato dei fornelli, seppur in modo diverso da Massimiliano Alajmo che sulla parola ingredienti ha costruito una filosofia che però procede per accostamenti e non per sovrapposizioni architettoniche.
Alcuni inserimenti dai menu precedenti, come è ovvio, il percorso si dipana tra tensioni glocal, attenzione al vegetale e suggestioni amare che ci ricordano l’immancabile Lopriore senza tralasciare il maestro Salvatore Tassa.
Un percorso senza cedimenti ove spiccano per valorizzazione dell’ingrediente vegetale “seppia e dragoncello” e “trota, mandorla e alloro”, per studio sull’amaro “ostrica e cicoria”, per concentrazione di sapori lo “spaghetto freddo, peperoni, capperi e olive”. Le carni sono sinceramente sconvolgenti.
“Costina di agnello e maionese di patate”, suppongo finita in un brodo affumicato, “pancetta e finocchietto” anch’essa con allure affumicato e reduce da una doppia cottura, “anatra fredda e acqua affumicata” a completare il percorso fumè che ha in animo di sollevare il ricordo della griglia ancestrale dei pastori abruzzesi, sono un trittico che dovrebbe finire in qualsiasi scuola di cucina.
Non può mancare un classico, opzionale, “Piccione fondente e pistacchio”, di cui si parla da un po’. Niko Romito mi dice concisamente: “Non è croccante, non mi interessa la croccantezza che oggi tutti danno, non mi interessano le rotondità che possono piacere a tutti. Non si può piacere a tutti questo è il mio credo”. Non si può piacere a tutti, ma è impossibile che questo piccione non piaccia anche se Romito cerca lo spigolo che non c’è, qui c’è succo, profondità, anima, anche in assenza di Maillard, anche in una probabile precottura finita in ghiaccio.
“Non si può piacere a tutti” è un credo che in molti oggi, figli di un’epoca sospesa tra ruffiana piaggeria e falsa autostima dovrebbero perseguire. Non multa, sed multum dicevano i Romani.
Sfuggente, riservato, deciso. Grande Romito.
Casadonna Reale
Contrada Piana Santa Liberata
67031 Castel di Sangro (AQ)
Tel. 0864/69382
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