Un vitigno identitario in cerca di identità,ma di buona riconoscibilità. Questo, in sintesi è stato il risultato della giornata di studio organizzata da Radici del Sud a Minervino Murge dopo gli interventi del ricercatore Luigi Taricone e degli enologi Crostoforo Pastore e Leonardo Palumbo, hanno chiarito bene lo stato delle cose
In particolare, Luigi Taricone, ricercatore presso il Cra di Barletta, ha sottolineato che si tratta di un vitigno che ha diversi materiali clonali in un territorio molto vasto che va da Bari ai confini settentrionali della provincia di Foggia, con una composizione del suolo decisamente varia con zone calde e scarsa escursione termica.
Variano la dimensione e il peso del grappolo, i tempi di maturazione. Persino i sistemi di potatura non sono uguali. Questo spiega la diversità espressiva dovuta alle diverse realtà pedoclimatiche.
Cristoforo Pastore ha ricordato che negli anni ’80 il nero di Troia stava sparendo perché poco produttivo, difficile da gestire in campagna e in cantina. Si è passati dai diecimila ettari ai 1700. Poi progressivamente c’è stata una ripresa grazie alle ricerche degli studiosi che sono intervenuti con precisione a sostegno degli agricoltori. Soffre il caldo, uno strumento può essere la defogliazione e ha bisogno di molta luminosità.
Leonardo Palumbo ha insistito sul profilo identitario del Nero di Troia, ben definito nonostante le diversità sottolineate dallì’intervento di Tartaglione. Anzi, forse il più forte di tutti.
A nostro giudizio, però, questa varietà territoriale rende difficile, al momento comunicare un vitigno straordinario del suo complesso mentre per gli altri due vitigni pugliesi il compito, sempre sul piano della comunciazione, è sicuramente più facile.
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LA DEGUSTAZIONE
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Si è poi passati alla degustazione in base ad una divisione del territorio in tre grandi areali: l’Alta Murgia, il Tavoliere e la Fascia Adriatica e subappenino Dauno.
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Poderi d’Agostino, Gravina. Serre al Trono 2013 Murgia Rosso
Bella dolcezza di ciliegia al naso, al palato prevale una decisa freschezza che supporta la materia del vino: mineralità, sbuffi vegetali, note terrose. Secco al tempo stesso con i rimandi dolci della frutta. Chiusura un po’ astringente, ruspante.
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San Ruggero, Barletta. Lame 2013 Puglia igp
Note più speziate, c’è anche frutta rossa. In bocca è più sottile del precedente, secco, sostenuto dalla sapidità e dalla freschezza. Chiusura precisa, amara, dissetante.
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Leonardo Pallotta, San Severo. Donna Clelia 2012 San Severo doc
Il naso ha una evoluzione maggiore di frutta, dovuta sia al tempo che al territorio. Al palato è fresco, giovane, materico, con i rimandi di frutti e di macchia mediterranea. Note terrose con una chiusura dolce che non stanza perché sostenuta dalla freschezza.
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Cantine Carpentiere, Corato. Pietra dei lupi 2012 Castel del Monte doc
Naso un po’ timido. Al palato è sottile, fresco, acido e fresco con una chiusura molto precisa. Di grande aiuto in abbinamento.
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Spelonga, Stornara, Nero di Troia 2012 Puglia igt
Anche in questo caso il naso è fruttato ma reticente, non ruffiano. Il palato invece è molto dinamico, piacevole, lungo con una bellissima chiusura rinfrescante.
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D’Alfonso Del Sordo, San Severo. Casteldrione 2011 Puglia igt
Buon naso ciliegioso e minerale. Salato, austero, lungo, molto bello ampio.
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Rivera, Andria. Puer Apuliae 2008 Castel del Monte doc
Grande equilibrio, piacevole, lungo. Legno e frutto molto ben dosato. Chiusura lunga, confortevole, piacevole. Da invecchiamento.
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CONCLUSIONI
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E’ il terzo anno che si dedica una giornata a questo vitigno e i risultati sono davvero straordinari. Appartiene ad una zona della Puglia ancora ricca di biodiversità. In base alla nostra esperrienza, a parte i buoni rosati, è capace di esprimere vini di grande carattere e ben abbinabili al cibo del territorio. Più che uno sforzo qualitativo, serve una grande campagna di promozione dei divesi areali perché può davvero riservare enormi sorprese dopo aver vinto la battaglia con il Montepulciano che lo stava scalzando.
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