di Raffaele Mosca
Il mercato del vino si fa sempre più globale e, per i colossi europei, diventa indispensabile avere i piedi in tutte le staffe possibili. In Italia stiamo stati molto bravi nel colmare il gap in breve tempo: i Frescobaldi hanno da poco investito in Oregon, gli Antinori hanno appena acquisito Stag’s Leap a Napa, mentre la famiglia Zonin possiede Barboursville in Virginia già da diversi decenni. Ma i francesi ci superano sempre in “grandeur”, anche quando si tratta di comprare all’estero. Ed è che così il colosso Grand Chais de France, nell’espandersi fuori dai confini nazionali, ha rilevato non una, non due, ma una dozzina buona di aziende. “ E’ tutto cominciato con Castillo de Aresan ne La Macha, in Spagna – ci ha spiegato Gaetano d’Afflitto, international wines group coordinator per GCF – poi la cosa è andata ben oltre ed io, quando sono entrato, sono rimasto stupito davanti a un piano che parlava di acquisizioni in più di 10 paesi dal 2019 al 2030”.
In Italia vendere vini di altre nazioni – fatta eccezione per la Francia e le zone clou della Germania – è sempre molto difficile, ma la country manager Romina Romano sta provando a combattere i pregiudizi e, nell’ottica di questa sforzo, ha voluto farci assaggiare una selezione di vini delle più importanti aziende di questo gruppo, il cui fatturato supera il miliardo di euro.
La prima, Neethlingshof, è una realtà molto rinomata del Sud Africa, con 300 anni di storia alle spalle. Entra In GCF nel 2022, a seguito della cessione da parte degli Schreiber, nota famiglia di banchieri tedeschi. Si trova nella zona di Stellenbosch, ad est di città del Capo, e si estende circa 150 ettari, di cui 100 vitati. Oltre che per il vino in sé per sé, ha una valenza importante per l’impegno nel sociale: il Sud Africa è un paese con dinamiche complesse, martoriato da diseguaglianze economiche drammatiche, acuite ulteriormente dalla pandemia. Per questo l’azienda ha messo disposizione dei dipendenti alloggi gratuiti che potranno essere tenuti anche in caso di cambio d’occupazione, mezzi per gli spostamenti e assicurazioni sanitarie. Ha anche costruito anche degli asili che i figli dei dipendenti possono frequentare.
I due vini in degustazione sono entrambe monovarietali – “come il 95% della produzione nel Nuovo Mondo” spiega Gaetano d’Afflitto – e prodotti da Chenin Blanc e Pinotage, uve cardine di tutto il paese.
La regione, Stellenbosch, è la più rilevante della nazione dal punto di vista vinicolo: “ è vocata alla qualità più che ai numeri – spiega d’ Afflitto – vanta un prezzo medio simile a quello delle denominazioni italiani più importanti: generalmente superiore ai 12 euro a bottiglia”. Le vigne si trovano tra i 200 e 600 metri di altitudine, su di un patchwork di suoli che spaziano dal sabbioso al granitico. I venti oceanici mitigano il calore derivante dall’estrema radiazione solare e consentono di perseguire uno stile che, soprattutto sul fronte dei bianchi, si smarca da quello classico delle zone temperate del Nuovo Mondo e ricorda a tratti l’Europa continentale.
Lo Chenin Blanc 2022 è il bianco più rappresentativo: ottenuto da vendemmia leggermente posticipata, mirata “ad avere più immediatezza aromatica”, fermenta ed affina in acciaio e finisce in bottiglia a pochi mesi dalla raccolta. Chiuso con tappo da vite, esibisce un colore dorato – derivante anche dalla criomacerazione – e dispensa aromi varietali di frutta secca e melone maturo, zenzero e pietra focaia, giusto un accenno di miele sul fondo. Dritto, essenziale, compiuto nella sua semplicità, fa dell’equilibrio tra slancio acido-sapido e discreta parte glicerica il suo punto di forza; la chiusura è di persistenza moderata, ma precisa e rinfrescante. E’ molto in linea con il gusto italiano e valido come aperitivo o sui classici spaghetti a vongole. Prezzo: 15-17 euro online.
Il Pinotage 2021 è frutto dell’autoctono-non autoctono del Sud Africa: nato nel 1925 dall’incrocio tra Cinsault e Pinot Nero. Pur essendo un vino d’ingresso, fa un passaggio di circa 14-16 mesi in barrique. Cupo e quasi impenetrabile alla vista, sembra un partito perfetto per i barbecue già dal naso: confettura di more, marasche, conserva di pomodoro e spezie assortite che richiamano i rub per carne vanno a braccetto con accenti affumicati che rasentano torba e carbonella: “ loro in Sudafrica evocano il caucciù” spiega D’Afflitto. Sfodera tannini abbastanza astringenti che smorzano il frutto mediamente concentrato; un accenno erbaceo rinfresca la progressione e scandisce il finale di nuovo amplificato da spezie e cenni affumicati/empireumatici. Sarebbe interessante provarlo su piatti alloctoni – ma di grande successo in italia – come pulled pork e ribs glassati. Prezzo? Tra i 15 e i 19 euro a scaffale.
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