di Carlo Macchi
Non è proprio uguale a Nebbiolo Prima ma quasi, e forse potremmo chiamarla Nebbiolo Seconda.
In effetti da cinque anni il gruppo degli IGP-I Giovani Promettenti viene ospitato in Langa da Albeisa mentre il Consorzio Barolo, Barbaresco, Alba, Langhe e Dogliani pensa a raccogliere i vini che verranno degustati.
Anche quest’anno così, dal primo al sei novembre, il sottoscritto assieme a Roberto Giuliani, Luciano Pignataro, Angelo Peretti, Lorenzo Colombo, Stefano Tesi e l’infiltrato storico Pasquale Porcelli (unico assente giustificato Andrea Petrini) sono stati ospitati come pascià e hanno degustato quasi 300 vini tra Barolo 2011 (la stragrande maggioranza) e Barbaresco 2012.
Ogni giorno della prossima settimana ognuno di noi proporrà un articolo che verrà condiviso da tutto il gruppo (che, scusate se è poco, ha più lettori singoli giornalieri di un buon quotidiano) per presentare le varie sfaccettature del nostro tour. Infatti non di soli assaggi vive il giornalista e così ogni pomeriggio avevamo anche visite in cantina e naturalmente ottime cene a ristorante.
Dal punto di vista IGP questa sarà la “settimana di Langa”, anche se ognuno di noi ha già pubblicato articoli sull’argomento o ne pubblicherà più avanti.
Gli articoli di questa settimana toccheranno vari momenti delle nostre giornate e così, per non “rubare” il lavoro ai colleghi mi soffermerò solo sulle degustazioni, non per parlare dei vini ma dei degustatori.
Non credo esista guida italiana e estera che ogni giorno assaggi in maniera bendata non più di sessanta vini. Noi riuscivamo a malapena a raggiungere questo numero perché, per fortuna, discutevamo di ogni vino: infatti noi IGP abbiamo gusti simili ma non certo identici e così ogni degustazione diventava un bel confronto per conoscersi meglio e discutere di vino.
Il bello è che discutevamo amabilmente prima, durante e dopo. Prima degli assaggi parlavamo di vini degustati la sera o il giorno prima, magari in una delle molte cantine visitate, durante analizzavamo ogni vino (e in sette che vogliono parlare, vi garantisco, è dura) e dopo riprendevamo tutto in mano per selezionare i migliori, quelli cioè che almeno 5 su 7 di noi avevano valutato con punteggi vicini a 90 e che troverete presentati da chi parlerà dei risultati generali degli assaggi.
Come potete capire è stato lungo ma bello e durante queste discussioni enoiche sono nate anche idee molto interessanti che, se riusciremo a metterle in pratica……..ne leggerete delle belle, naturalmente targate IGP!
Mentre aspettate il primo articolo di un Giovane Promettente eccovi un aperitivo scritto “dall’infiltrato storico” Pasquale Porcelli.
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Una breve nota dell’infiltrato.
Seduti nel salotto che fu di Aldo Conterno ascoltiamo Giacomo, suo figlio, sentenziare: “Modernità e tradizione è una disputa tutta italiana” e la memoria vola ai primi anni novanta.
Io come molti altri in quegli anni c’ero, ma sinceramente credevo che la divisione tra “tradizionalisti e modernisti” fosse cosa del passato; invece no. A sentire il nostro ospite è cosa che ancora divide, fa parlare e soprattutto in qualche modo condiziona il mercato.
Le parole di Giacomo sono categoriche, le sue scelte, nel solco di quelle paterne, lo sono altrettanto. I vini coerenti con la filosofia che oramai da anni anima questa famosa azienda.
“I nostri vini o si amano o si odiano”. Io non li odio, ma certo non li amo. Per certi versi sono vini estremi, pulitissimi enologicamente, quasi perfetti, ma così lontani dal mio sentire Barolo.
Convengo che “concentrarsi sullo strumento (botte grande o barrique) è una grande sciocchezza” e quel che conta è produrre un buon vino.
Tutto sta nel cosa si intende per buon vino: il terreno è scivoloso me ne rendo conto, tuttavia non posso negare che, quando uscirono i vini di quei produttori che oggi chiamiamo Barolo Boys, abbiano avuto il loro fascino anche su chi ora veleggia su altri mari.
Una rottura con il passato, una rivoluzione come con un po’ di enfasi venne chiamata, ma che ebbe, aldilà della querelle botte grande o barrique, l’effetto di accendere i riflettori sul Barolo e sulle Langhe, costringendo il mondo a fare i conti, per la prima volta, con questi vini.
Stili diversi che ormai appartengono alla storia del Barolo, ma non solo. Non v’è dubbio, come sostiene Marc de Grazia, che in quegli anni si è esagerato, ma poteva essere differente ? Le Langhe, il Barolo ma anche il Barbaresco avrebbero avuto lo stesso successo? Credo sinceramente di no.
Poi ognuno beva quello che più gli piace.
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